Francesco Semprini, La Stampa, 27/2/2009, 27 febbraio 2009
QUASI FATTA: IL GOVERNO AVRA’ IL 40% DI CITI
L’annuncio è vicino. Tra poche ore il governo americano ufficializzerà il suo rafforzamento nel capitale di Citigroup salendo a quota 40% attraverso la conversione in azioni ordinarie di titoli privilegiati per complessivi 45 miliardi di dollari. In questo modo Washington otterrà il controllo più esteso di un istituto finanziario americano, dopo l’80% di Aig, sul cui futuro si dovrebbe invece sapere qualcosa solo domenica.
Le trattative avviate alla fine della settimana scorsa avevano trovato un riscontro nella visita alla Casa Bianca del nuovo presidente del gruppo, Richard Parson. Ieri però il titolo però ha perso a Wall Street il 5%, a causa dei timori di una parte della dirigenza favorevole a una manovra più limitata, al massimo al 25%. Sebbene per gli americani non possa essere definita una nazionalizzazione «tout court», a un colosso finanziario che opera in oltre cento Paesi, una partecipazione pubblica così ampia crea qualche complicazione.
Per esempio in Messico, dove la legge vieta a ogni istituzione che abbia una quota superiore al 10% di capitale controllata da un governo a straniero a controllare una banca locale. A farne le spese potrebbe essere il colosso Grupo Financiero Benamex, controllato da Citi. Il governo messicano è oggetto di pressioni per far tornare Benamex nelle mani della finanza locale. «Citi non ha nessuna intenzione di vendere», avverte un portavoce della banca newyorkese secondo cui l’istituto messicano è considerato un gioiello del gruppo che punta a risolvere la situazione attraverso canali diplomatici.
Problemi possono sorgere in Polonia a causa di una regolamentazione del mercato del credito stringente, o in Brasile dove Citigroup è pronta a cedere una parte delle quote della controllata Rodecard, una importante società di carte di credito. Qualche problema inoltre potrebbe sorgere entro i confini degli Usa. Come l’aumento di pressioni da parte di politici ed agenzie federali affinché la banca cambi le procedure di prestito a danno dei profitti. Tuttavia un ruolo più ampio del governo appare inevitabile, specie in una fase tanto delicata per il settore bancario che ha chiuso il quarto trimestre 2008 con la prima perdita dalla fine del 1990 pari a 26,2 miliardi di dollari. Al termine del quarto trimestre 2008 erano 252 le istituzioni finanziarie con problemi, il 47% in più rispetto al trimestre precedente, e 39 gli istitui che hanno dichiarato fallimento sino ad oggi. La crisi sta mettendo alla prova anche Jp Morgan, che ha annunciato il taglio di 12 mila posti di lavoro.