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 2009  febbraio 16 Lunedì calendario

LE FOIBE, LA VERGOGNA E VIOLANTE


Mi fa sorridere Luciano Violante. In settembre compirà 68 anni ed è un politico in carriera da decenni. sempre stato nel Pci, poi nel Pds, quindi nei Ds e infine nel Pd. Senza mai lasciare la vecchia ditta, quella comunista. Dove ha militato con grande severità. In posizioni sempre di prima fila e molto delicate. Sino a diventare, nel 1996, presidente della Camera dei deputati, la terza carica dello Stato. Insomma, un signore, o un compagno, navigato. E ogni volta pronto a far lezione agli altri.

La voglia di sorridere l’ho provata nel leggere il suo articolo di ieri sulle foibe e sugli omicidi compiuti dai comunisti jugoslavi nel dopoguerra. Era pubblicato sul Riformista e cominciava dalla prima pagina con un titolo che non mi è sembrato per niente offensivo, né tanto meno malvagio. Diceva: «Ricordando le foibe. Mi vergogno d’essere stato comunista». Nell’osservare il titolo ho pensato: «Fa bene Violante a vergognarsi. Avrebbe dovuto farlo prima. Molto tempo prima». Il compagno Luciano, invece, ha preso cappello. Si è detto indignato e ha messo in moto la faccenda che oggi il Riformista racconta.

Perché ho sorriso? Perché, se debbo stare al suo articolo, ho visto Violante muoversi come un liceale ignorante. Uno dei tanti ragazzi che non hanno mai udito parlare del mattatoio orrendo delle foibe. «Mi sono sentito in imbarazzo» ha scritto. «Mi sono reso conto, per la prima volta, che la mia storia politica era stata dalla parte degli aggressori: di chi legava il fil di ferro ai polsi delle vittime prima di precipitarle, di chi violentava e non dalla parte di chi era stato violentato…». Per poi aggiungere: «L’aver appartenuto al Partito comunista e il sentirmi tutt’ora dentro quella rigorosa educazione politica, e quel complesso di valori civili e repubblicani, mi faceva sentire tra quegli assassini».

Fermiamoci un istante su quell’inciso: «Per la prima volta». Mi ha colpito e l’ho sottolineato con un tratto di penna. E subito mi sono chiesto: ma dove è vissuto, sino a oggi, Violante? Non ha mai letto un libro sulle foibe? Eppure ne sono stati pubblicati a decine, dal dopoguerra ai giorni nostri. Immagino che qualcuno di quei testi si trovi anche nella Biblioteca della Camera. Possibile che l’ex presidente non li conosca? E che per sentirsi imbarazzato abbia dovuto aspettare uno spettacolo teatrale, recitato il 10 febbraio nella Sala della Lupa di Montecitorio, durante la Giornata del Ricordo?

Violante e io siamo entrambi piemontesi. Lui lo è diventato dopo essere nato in un campo d’internamento in Etiopia, io lo sono per nascita. Dalle nostre parti, si usa esclamare: non ce la racconti giusta! Ecco quello che dico al compagno Luciano: contacela giusta. E riconosci di stare scoprendo in ritardo quello che avresti dovuto scoprire da un pezzo. Ma soprattutto abbi la franchezza di ammettere che sei tentato da un virus che la tua parte politica ritiene da sempre pericoloso: il revisionismo.

Già, il maledetto revisionismo! Se t’incammini lungo questa strada, sacrosanta e inevitabile per gli spiriti liberi, non puoi fermarti. Devi andare avanti. Devi percorrerla sino in fondo. Sino al punto di vergognarti della tua fede politica, quando scopri che non è senza macchia. Quando vedi che ha spinto molti uomini a uccidere altri esseri umani che avevano l’unica colpa di pensarla in modo diverso. Quando riconosci che ha dato vita a regimi sanguinari.

La famosa scuola di «rigorosa educazione politica», quella del Pci, ha praticato per anni e anni un revisionismo sfrenato. Ma soltanto a senso unico, quando faceva comodo al Partitone Rosso. Ha revisionato Stalin, prima un padre dei popoli e poi un despota crudele. Ha revisionato il maresciallo Tito, prima un eroe, poi un carnefice, quindi di nuovo un eroe. Ha revisionato persino i comunisti italiani deportati nei gulag jugoslavi, cancellando la loro storia. Da qualche tempo i reduci del Pci si sono messi a revisionare anche le foibe. Prima buone perché seppellivano degli sporchi italiani fascisti e nazionalisti. E adesso diventate cattive, perché lo richiede l’obbligo di essere politicamente corretti.

L’unica revisione che Violante e le altre teste d’uovo post-comuniste non vogliono ancora fare riguarda la storia complessiva del loro partito. E anche la storia della guerra civile e della Resistenza. Dopo più di sessanta anni, siamo ancora di fronte a un racconto quasi religioso. Fondato sul canone seguente: la Resistenza italiana è stata soprattutto comunista, quindi chi critica il Pci critica la Resistenza, dunque è un fascista che non merita rispetto.

Nel 1996, da presidente della Camera, Violante aveva mostrato rispetto per ”i ragazzi di Salò”. Era stato un passo coraggioso, che gli era valso molte botte in testa dai suoi compagni. Da quel momento si è fermato. E di altri passi non ne ha fatti. Ricordo bene una sua intervista all’Espresso del novembre 2006, dieci anni dopo quell’azzardo.

Trattò con sussiego i miei libri revisionisti. E mi diede un consiglio burbanzoso: «Pansa eviti che la sua cronaca si trascini fino alla delegittimazione della Resistenza». Poi aggiunse che la mia colpa era di «rappresentare la lotta di Liberazione come una sequenza di efferati delitti». Il compagno Luciano non era scosso neppure dal richiamo di Giorgio Napolitano nel suo primo discorso da presidente della Repubblica: «Non dimentichiamo le zone d’ombra, gli eccessi e le aberrazioni della Resistenza».
Adesso Violante ha fatto una scoperta in più: le foibe sono un lago di sangue nella storia del comunismo. E anche del Pci, che per decenni le considerò uno dei modi di praticare la giustizia proletaria. Ma da esploratore troppo timido si arresta subito per un titolo del Riformista. E spiega agli italiani che non intende vergognarsi di essere stato comunista.

Questa volta sono io che offro un consiglio a lui: caro Violante, è meglio se ti vergogni. Magari soltanto un pochino. Guardati alle spalle e vedrai quanti morti assassinati ci sono anche nella storia della tua religione rossa. Cerca di essere coerente e laico. Gli italiani ti rispetteranno di più. E per davvero.