Nino Sunseri, Libero 25/02/2009, 25 febbraio 2009
L’Isae ci dice che gli italiani guardano al futuro con molto ottimismo. Ma proprio tanto. Come non accadeva dalle fine del 2007
L’Isae ci dice che gli italiani guardano al futuro con molto ottimismo. Ma proprio tanto. Come non accadeva dalle fine del 2007. Quando ancora le Borse non si erano sgretolate e i dipendenti di Lehman Brothers usavano le scatole per portare a casa, non il contenuto delle loro ormai inutili scrivanie, ma i ricchi auguri di Natale della banca. I signori dell’Isae dicono che gli italiani sono tornati a guardare al futuro con gli occhi dell’amore e della speranza: nonostante la Fiat sia diventata un’azienda ad alto rischio. A dispetto delle notizie sulla cassa integrazione che sembrano i bollettini della Grande Guerra con il conteggio giornaliero di morti e feriti. Proprio mentre negli Stati Uniti il colosso assicurativo Aig (il marchio sulla maglia del Manchester che stasera incontra la Juve) in soli tre mesi ha perso la bella cifra di 60 miliardi di dollari. Più o meno il valore di tre leggi Finanziarie firmate Tremonti. Ma chi sono questi signori dell’Isae? Inguaribili sognatori e accaniti lettori di Candido che, qualunque cosa accadesse, gli sembrava di vivere sempre nel migliore dei mondi possibili? Più semplicemente l’Isae è un ente pubblico collegato al ministero dell’Economia che «svolge analisi e studi a supporto delle decisioni di politica economica e sociale del governo». Per sintetizzare (e chiedendo già scusa al presidente Alberto Majocchi) una specie di super-sondaggista che racconta l’umore degli italiani in base alle decisioni del governo. L’Isae ci dice che, tutto sommato, la crisi è drammatica ma anche democratica e, per un pizzico, socialisteggiante. Fantozzi statale che si prende la rivincita sul Megadirettore. Il travet ministeriale che diventa simbolo della stabilità. Il pensionato che ritrova un piccolo sorriso. A differenza magari di tanti super-ricchi che hanno visto il loro patrimonio sgretolarsi nella caduta delle Borse oppure travolti dal crollo degli ”hedge fund”, i fondi speculativi. Perchè, a ben guardare ci sono fasce della popolazione che dell’esistenza della crisi non si accorgono. la rivincita del dipendente pubblico sul super dirigente. L’impiego di stato su quello privato. Il turbo-capitalismo che spegne il motore. Il posto fisso e lo stipendio a fine mese come metodo di vita dove la crisi non si sente affatto. Anzi. L’inflazione scesa all’1,6% tiene alto il potere d’acquisto delle buste paga. Il petrolio a buon mercato che rende meno costosa la gita domenicale. I tassi d’interesse in picchiata che alleggeriscono il mutuo. La spesa in negozio che non sembra più un raid in gioielleria. Il ministro Tremonti ha spiegato che l’insieme di questi vantaggi, porterà a un beneficio di 2.500 euro in una famiglia media. Scajola, un po’ più ardimentoso, è arrivato a tremila. Federdistribuzione (la Confindustria dei super mercati) valuta i risparmi in 400 euro l’anno. Ora l’Isae ci dice che differenza della pioggia che cade sui giusti e sugli ingiusti, la crisi è molto diseguale nei suoi effetti. Colpisce in basso (i precari che perdono il lavoro, le fabbriche che chiudono, la cassa integrazione). Ma anche in alto tanto che, per esempio, a gennaio sembra siano state vendute solo sette Ferrari. La classe media, invece, non sta malissimo. Non a caso, ci dice l’Isae, è tornata a essere ottimista.