La stampa 20/2/2009, 20 febbraio 2009
DECRETO ANTISTUPRO CON LE RONDE "SOFT"
il giorno del decreto anti-stupro. Il testo è stato limato fino all’ultimo, eppure nel governo restano alcuni dubbi. Sulle ronde, ad esempio. C’è mezza maggioranza che non le digerisce. Tanto che lo stesso Silvio Berlusconi dice: «Ne dobbiamo parlare. Non è ancora deciso». Anche Umberto Bossi non sa come finirà. Ovviamente le sponsorizza, non foss’altro che per il valore pedagogico: «Le ronde - dice - sono una bella cosa perché la gente si muove e si rende conto delle difficoltà, sennò la gente vuole, vuole, vuole...».
Per farle passare, considerando anche i moniti del Quirinale, il capitolo sulle ronde è stato riscritto per l’ennesima volta. Nel testo che andrà oggi all’esame di Palazzo Chigi è previsto che il sindaco possa avvalersi di associazioni di volontari «d’intesa con il prefetto e sentito il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza». Con quella parolina, «d’intesa», viene riaffermato un ruolo forte dei prefetti. Le associazioni di volontari, poi, dovranno iscriversi in un Albo presso le prefetture e ci sarà un vaglio sugli iscritti, per verificare che pregiudicati o esaltati non finiscano a fare i «rondisti». Secondo il Viminale, a questo punto si sarebbe scongiurato ogni pericolo.
La maggioranza potrebbe ritrovare l’unità. Ignazio La Russa, ad esempio, ancora ieri mattina diceva che per avere il via libera di An occorreva «l’intervento del Comitato di sicurezza e del prefetto. già scritto, ma bisogna precisarlo in maniera ancora più forte». Così è stato. E sarà precisato che dovranno essere disarmate. La presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, ribadiva di essere assolutamente contraria se si fossero autorizzate «squadre di cittadini armati con poteri simili a quelli delle forze dell’ordine». Per quanto riguarda l’opposizione, a questo punto l’Udc potrebbe dare il suo assenso, non il Pd.
Resta la contrarietà secca dei sindacati di polizia, che hanno sottoscritto una lettera aperta a Napolitano: «Per la prima volta nella storia repubblicana lo Stato sta per rinunciare a una delle sue funzioni più importanti e irrinunciabili: la gestione della sicurezza. Sarebbe un punto di non ritorno le cui conseguenze non potranno che essere negative».
Secondo capitolo cruciale, la permanenza dei clandestini nei Cie-Centri di identificazione e espulsione. Sessanta giorni, come prevede la Bossi-Fini, non bastano a identificare nessuno. Figurarsi per espellerli. Finisce che se ne vanno tutti a spasso alla fine dei due mesi. Il ministero dell’Interno vuole allungare i tempi. Se non i diciotto mesi che era il limite massimo previsto dalle direttive europee (che il Senato ha bocciato nei giorni scorsi), il limite sarà portato a quattro o a sei mesi. Maroni insiste molto con i suoi interlocutori che occorre un periodo di permanenza lungo. E ieri anche La Russa gli dava appoggio: «Ha ragione lui al 100%. Se rimettere 18 mesi vuol dire formalmente contraddire una decisione del Parlamento, allora scendiamo. Lui vuole mettere 6, io avrei messo 17 mesi. Ma va bene come dice lui».
Sul resto delle misure anti-stupro ci dovrebbe essere il consenso di tutti, opposizione compresa. Eppure ancora La Russa sorprende tutti e sostiene un’idea che ha sempre avuto il marchio della Lega: la castrazione chimica per gli stupratori. «Ci sono delle riserve di carattere etico, morale e non solo - spiega il ministro di An - però credo che la scienza sia andata avanti e che una riflessione, da affrontare non certo con un decreto e neppure con la legge in corso sulla sicurezza, vada fatta anche su questo tema».