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 2009  febbraio 22 Domenica calendario

LA LEGGE E LA MORALE DEL MEDICO


Nel codice deontologico dell’Associazione Medica Americana, dopo che si è affermato che l’eutanasia cosiddetta "attiva" (che consiste nell’aiutare concretamente a morire un malato terminale che lo ritenga più dignitoso) «è contraria a ciò su cui si fonda la professione medica», cioè salvare una vita, si aggiunge che «la sospensione dell’impiego di mezzi straordinari per prolungare la vita del paziente quando è indiscutibilmente evidente che la morte biologica è imminente, spetta come decisione al paziente e alla sua famiglia. Il parere e il giudizio del medico professionista dovrebbe essere liberamente a disposizione del paziente e/o dei suoi parenti più stretti». Chiaro no? Un conto è aiutare concretamente a morire, un conto è limitarsi a interrompere le cure. In Italia – dove sta per essere discussa una legge sul testamento biologico (o sulle disposizioni di fine vita) che di fatto lo nega – basterebbe prendere pari pari queste poche parole e avremmo già fatto un enorme passo avanti. Così avremmo, peraltro, una legge ultramoderata. Le intuizioni morali di molti medici che si trovano a dover fronteggiare situazioni di quel tipo si spingono infatti già molto più in là. Una legge, per avere senso, e per essere efficace, ci ricorda Marc Hauser in Menti morali (il Saggiatore) non deve discostarsi troppo dalle intuizioni diffuse, soprattutto quando queste passano anche il vaglio della competenza scientifico-medica e dell’argomentazione filosofica rigorosa. Ebbene, scrive Hauser, «uno dei segreti meglio custoditi dalla comunità medica è il fatto che l’eutanasia attiva negli Stati Uniti e in Europa è cresciuta fortemente negli ultimi dieci anni, anche se i principi ufficialmente adottati non sono cambiati». Ciò significa che molti dottori seguono le loro intuizioni morali contro le linee guida, sapendo bene di rischiare di essere accusati come minimo di negligenza professionale. Credono cioè che in molti casi certe distinzioni dottrinali, come quella tra eutanasia attiva e eutanasia passiva, siano errate e ipocrite. In entrambi i casi il paziente viene fatto morire. E delle modalità di quella morte il medico dovrà comunque farsi carico, con la responsabilità e la competenza
di cui ci ha parlato Giorgio Cosmacini su queste colonne domenica scorsa. La legge attualmente in discussione,
proprio perché si discosta ancora di più dalle ponderate intuizioni morali di medici, familiari, pazienti, è destinata a essere inefficace o a generare cinicamente conflitti a non finire.