Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  febbraio 25 Mercoledì calendario

CHI TOCCA IL BIO-OROLOGIO SI AMMALA


Hanno un’enorme importanza, anche se non ci facciamo caso. Sono i ritmi circadiani, i ritmi del sonno-veglia di una giornata. Un’impressionante varietà di funzioni metaboliche e fisiologiche è dominata dall’orologio interno. E disturbarlo non è una buona idea. Le disfunzioni di questo delicato ingranaggio sono legate a depressione, problemi cardiovascolari, insonnia, obesità e anche cancro. Le statistiche epidemiologiche parlano chiaro: le donne che fanno i turni di notte hanno un’incidenza di tumori al seno tre volte superiore alla media. Nei giovani, sempre più sottoposti a gravi «sfasamenti», dall’abuso dei pc alle droghe, la frequenza di disordini metabolici, stati ciclotimici e disturbi del sonno aumenta in maniera semi-epidemica.
Professor Paolo Sassone-Corsi, lei è uno dei pionieri della biologia dei ritmi circadiani: ora ha individuato per la prima volta una relazione tra ritmo circadiano e metabolismo. E’ un filo diretto tra sonno, pancia e invecchiamento. Quando ha cominciato a interessarsi all’orologio biologico?
«Nel ”92, per caso: un mio collaboratore studiava l’espressione di una molecola nel cervello e la osservò molto forte nella ghiandola pineale, al centro del cervello. Nelle mani di un altro collega l’esperimento non funzionava e l’espressione non si vedeva. Solo dopo un certo periodo ci rendemmo conto che il primo lavorava di notte e il secondo di giorno. Fu così che scoprimmo che la funzione del gene era circadiana e che la proteina prodotta regola in maniera circadiana la produzione dell’ormone melatonina proprio nella ghiandola pineale».
Da lì c’è stata un’escalation di scoperte nel suo laboratorio, con l’uso di due modelli animali classici, il topo e lo zebrafish. Ci sono «orologi» in tutti i tessuti?
«Sì. L’orologio centrale nel sistema nervoso centrale funziona come un ”direttore di orchestra” per sincronizzare gli orologi periferici. Noi abbiamo definito in che modo la luce integra a livello molecolare il ritmo circadiano: non a caso, nei Paesi nordici è sempre più popolare la ”light-therapy”, che ”resetta” l’orologio, soprattutto in inverno».
Due anni fa avete scoperto che la proteina che regola il ritmo circadiano, chiamata «Clock», è un enzima che modifica la cromatina, vale a dire l’impacchettamento del materiale genetico nel nucleo della cellula: che cosa significa?
«Abbiamo messo in relazione l’orologio biologico con il controllo epigenetico, cioè l’attività di regolazione dei geni attraverso processi chimici che non comportano cambiamenti nel Dna, ma che possono modificare il fenotipo, la manifestazione fisica dell’organismo. Se ”Clock” è anche un enzima, si capisce perché l’espressione del 10-15% dei geni oscilla in modo circadiano».
Al cuore del meccanismo dell’orologio molecolare «Clock» ha un partner, «Bmal1»: insieme, le due proteine formano un complesso che si lega al Dna per attivare altri geni circadiani. Nella giornata le proteine corrispondenti a questi geni si accumulano e al pomeriggio raggiungono una concentrazione tale da bloccare «Clock» e «Bmal1». Poi diminuiscono. E’ un ciclo che si ripete ogni 24 ore. Lei ha scoperto che l’innesco di questo ritmo dipende da un solo aminoacido (dei 20 che costituiscono i mattoni delle proteine): è stata una sorpresa?
«E’ la dimostrazione di quanto la biologia sia spettacolare. In una proteina, ”Bmal1”, di più di 630 aminoacidi, uno solo - la lisina K537 - è modificato da ”Clock”: è la sua modificazione a rappresentare un interruttore».
Se la regolazione è così specifica, si aprono grandi prospettive terapeutiche: l’industria farmaceutica si è mobilitata?
«Ovviamente. Una società vorrebbe cominciare una serie di ricerche sul controllo del ritmo sonno-veglia».
La rivista «Cell» ha pubblicato il suo lavoro, che è considerato una pietra miliare della biologia circadiana: lo spiega?
«Abbiamo individuato come la proteina ”Sirt1” mette in relazione il ciclo circadiano e il metabolismo. E’ un collegamento molecolare finora sconosciuto. In passato, infatti, si era dimostrato che ”Sirt1” è il regolatore primario dell’obesità e dell’invecchiamento e molti studi avevano messo in risalto come avesse un ruolo nella regolazione dei livelli di energia nella cellula. Ora abbiamo scoperto che anche l’attività di ”Clock” è controllata in modo negativo da ”Sirt1”».
In pratica che cosa significa?
«Bisogna immaginare ”Clock” e ”Bmal1” come una coppia. Due ballerini che hanno bisogno l’uno dell’altra, ma che per funzionare sono anche impegnati in un gioco di chi spinge e chi tira. Le due proteine hanno funzioni opposte e quindi rompere l’equilibrio porterebbe a problemi gravi nel metabolismo. Da parte sua, ”Sirt1” aiuta le cellule a essere più resistenti allo stress, promuovendo la ”mobilitazione” del grasso dai tessuti adiposi: è un evento che contribuisce all’estensione della durata della vita e media il metabolismo delle fonti di energia. E’ così che abbiamo rivelato il legame molecolare che consente all’orologio biologico di governare il timing del metabolismo dei grassi, il consumo calorico e la longevità».
Quali sono le implicazioni del nuovo «link» molecolare?
«La partnership ”Clock”-’Sirt1” rappresenta un bersaglio attraente per lo sviluppo di strategie farmacologiche che trattino obesità e diabete. L’interazione è talmente specifica che potrebbe portare allo sviluppo di composti che ne regolino la funzione: se ”Clock” e ”Sirt1” interagiscono troppo a lungo nel ciclo circadiano, provocando dunque disturbi metabolici, si potrebbe sintetizzare un farmaco che rimedi al difetto».