varie, 25 febbraio 2009
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Schmeiser Percy
• Bruno (Canada) 5 gennaio 1931. Contadino • «[...] agricoltore e sedicente castigatore di multinazionali [...] Se esistesse un album Panini degli eroi anti-Ogm, Schmeiser meriterebbe un posto d’onore. Il suo punto forte è la faccia tosta: proprio lui che in Canada è stato condannato in tutti i gradi di giudizio per aver piantato illegalmente degli Ogm, senza dimenticare di irrorarli di erbicidi, se ne va in giro per il mondo come un angioletto biodinamico. Sempre in coppia con la moglie Louise, con quell’aria un po’ provinciale da nordamericani della middle class rurale, che rischia di trarre in inganno chi è abituato all’allure esotico di Vandana Shiva o ai baffi anti-imperialisti di José Bové. Faccia tosta, dicevamo: le cause con la Monsanto le ha perse tutte - le sentenze del 2001, 2002 e 2004 cantano - ma quando veste i panni di attivista-conferenziere Schmeiser preferisce far credere di aver coronato la sua battaglia legale con la vittoria. Il primo atto di questa farsa è ambientato in 3 acri ricoperti di colza resistente al Roundup, una varietà transgenica molto apprezzata dagli agricoltori canadesi. Infatti consente di applicare un unico erbicida ad azione totale capace di eliminare tutte le infestanti anziché molti prodotti diversi ad azione selettiva, con il vantaggio di ridurre i costi di produzione oltre che l’impatto sull’ambiente. Schmeiser, però, sostiene di essersi ritrovato con quei 3 acri Ogm suo malgrado. Colpa di qualche camion che passando di lì ha perso parte del suo carico di semi transgenici? Impossibile, visto che le piantine di colza spuntano perfettamente allineate. Colpa del polline Ogm giunto in volo dagli appezzamenti contigui? Impossibile anche questo, visto che la colza transgenica più vicina dista 8 chilometri. I fatti, ricostruiti già nella prima sentenza, raccontano una storia diversa: nel 1996 Schmeiser pianta dei semi dotati di tecnologia Monsanto prendendoli chissà dove, non certo dalla multinazionale di Saint Louis che infatti lo denuncia per violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Il nostro eroe oltretutto si comporta come a un coltivatore convenzionale non verrebbe mai in mente, se non in preda a una crisi masochistica: nel 1997 spruzza il suo campo con il Roundup, che ucciderebbe qualunque coltura non Ogm. Poi, avendo constatato che la sua colza resiste, Schmeiser ne raccoglie i semi e nella stagione successiva li pianta su oltre 1.000 acri (comprandoli regolarmente avrebbe speso 15.000 dollari). A questo punto la sua colza è Ogm al 95-98%, una percentuale tipica delle qualità commerciali. Se fosse possibile raggiungere una simile soglia per via accidentale, tanto varrebbe chiudere l’industria sementiera e mandare al macero i testi di biologia. Di fatti la Corte sentenzia che Schmeiser ”sapeva o avrebbe dovuto sapere” che stava coltivando colza Ogm, ma lui fa ricorso e perde ancora. La Corte suprema nella sostanza conferma le sentenze precedenti, anche se i giudici si dividono sull’interpretazione della legge canadese sulla brevettabilità degli organismi viventi. A questo punto Schmeiser è già una star: raccoglie donazioni su Web e tiene conferenze su come l’industria simbolo degli Ogm prima gli ha contaminato il campo e poi ha cercato di ridurlo sul lastrico. La Monsanto si offre comunque di ripulirgli il terreno dalle piantine di colza rimaste, un trattamento standard che costa poche centinaia di dollari e viene garantito in tutti i casi di presenza non desiderata di Ogm, ma lui rifiuta e rilancia aprendo una vertenza minore. Il giorno prima del dibattimento i suoi legali offrono alla controparte un accordo extragiudiziario che ricalca l’offerta standard precedentemente respinta. E quando nel 2008 Saint Louis accetta di versare questi 660 dollari, Schmeiser canta vittoria. Sul suo sito Web dichiara di aver costretto la Monsanto a risarcirlo per tutti i danni provocati dalla contaminazione. Una contaminazione che in realtà non c’è mai stata. Come non c’è mai stata alcuna battaglia tra Davide e Golia, perché a fronteggiarsi in questo caso sono state una multinazionale delle sementi e una multinazionale della disinformazione» (Anna Meldolesi, ”Il Riformista” 25/2/2009).