varie, 25 febbraio 2009
Giovanni Santini, 63 anni. Romano, amministratore di otto condominii, piccolo di statura, da tutti descritto come «onesto, buono, gentile, sempre disponibile e comprensivo», sposato con Laura, una figlia di 30 anni di nome Emanuela, si occupava fra gli altri del palazzo dove abitava da nove mesi Georgeta Nikita detta Gina, rumena, 30 anni, fisico asciutto, volto gradevole, madre di tre bambini, incinta del quarto, sposata col connazionale Gabriel Ujica Mihai, 35 anni, e cameriera nel ristorante Le Chef dove tutti la giudicavano una grande lavoratrice
Giovanni Santini, 63 anni. Romano, amministratore di otto condominii, piccolo di statura, da tutti descritto come «onesto, buono, gentile, sempre disponibile e comprensivo», sposato con Laura, una figlia di 30 anni di nome Emanuela, si occupava fra gli altri del palazzo dove abitava da nove mesi Georgeta Nikita detta Gina, rumena, 30 anni, fisico asciutto, volto gradevole, madre di tre bambini, incinta del quarto, sposata col connazionale Gabriel Ujica Mihai, 35 anni, e cameriera nel ristorante Le Chef dove tutti la giudicavano una grande lavoratrice. L’altro giorno il Santini andò dalla Nikita per chiederle i tremila euro arretrati dell’affitto, e poi, a dar retta alla donna, le disse con tono mellifluo: «Se non hai i soldi mi devi dare qualcosa in cambio. Per cominciare potresti baciarmi». Allora lei afferrò un mattarello, glielo suonò cinque volte sulla testa fracassandogli il cranio, poi si mise «a bere vino e a fumare una sigaretta» e telefonò al marito dicendogli «Torna a casa, ho ucciso un uomo». Quella sera come nulla fosse si presentò al lavoro, la mattina dopo la videro sorridente che comprava il pane, più tardi col consorte acquistò una grossa valigia, tornati a casa i due provarono a ficcarci il cadavere ma siccome non ci riuscivano gli spaccarono le gambe a martellate e le ripiegarono all’insù, gli ruppero pure l’osso del collo e pigiarono la testa su una spalla, e alla fine notarono soddisfatti che «c’entrava tutto, ma senza la giacca». Quindi chiusero il trolley in uno sgabuzzino con l’idea di andarlo in seguito a buttare nel Tevere ma mentre tinteggiavano le pareti di bianco per celare gli spruzzi di sangue furono interrotti dai carabinieri che avendo bussato invano sfondarono la porta di casa. Pomeriggio di venerdì 20 gennaio in una appartamento composto di una camera, cucina e bagno in via Urbano II a Roma.