Anna Maria Sersale, Il Messaggero, 24/2/2009, 24 febbraio 2009
IN ROSSO UN ATENEO SU TRE
ROMA - Una trentina di università hanno bilanci ballerini e sempre più in rosso. C’è chi rischia «sanzioni» e perfino il «commissariamento» se non farà piani di rientro per risanare i conti. Un ateneo su tre è al dissesto. Qualche altro è sulla stessa strada con «conseguenze devastanti per la ricerca». «Tra stipendi e costi di funzionamento - dicono i rettori - le spese sono incomprimibili». La follia è che il 90% per cento dei finanziamenti ordinari (Ffo) viene impiegata per coprire gli stipendi. Con il 10% che resta bisogna gestire tutto il resto. Dagli appalti per le pulizie al riscaldamento, alle manutenzioni degli edifici, alla ricerca, appunto. La piaga del nepotismo, la corsa alla moltiplicazione dei corsi di laurea, le baronie, gli orticelli anche per pochi studenti, pur di salvare poltrone, e la politica dissennata degli organici hanno prodotto guasti. E oggi, a causa degli sperperi, le conseguenze sono terribili.
Di casi emblematici ce ne sono tanti. Ma uno lo è più di altri, Siena. L’ateneo ha 200 milioni di buco. Questa la cifra stimata, ma c’è chi giura che a fine marzo, quando verrà presentato il rendiconto, si scoprirà che il buco è ancora più grande. «Non è il momento di celebrare l’anno accademico in pompa magna», ha detto pochi giorni fa il rettore Silvano Focardi, che quando si è insediato ha ereditato una situazione pesantemente compromessa. L’anno si è aperto in sordina, a seguito della grave crisi che ha colpito l’ateneo. Del buco fanno parte 60 milioni di debito contratto con l’Inpdap per i mancati versamenti previdenziali. E il direttore amministrativo ha detto che «l’ammontare è molto elevato, ma sicuramente più contenuto di quanto paventato in un primo momento». Ma perché Siena, la Oxford d’Italia, si è ridotta così? Che cosa ha provocato una voragine di tale entità? Un dato: tra professori di ruolo e associati, tra personale tecnico amministrativo e collaboratori a tempo determinato, il rapporto personale-studenti è folle: ogni 4 ragazzi 1 addetto (dati Miur).
Ora l’ateneo di Siena deve correre ai ripari. E’ stato varato un piano di risanamento. Inevitabili i tagli: saltano cinque dipartimenti e vengono sospesi alcuni contratti di affitto per immobili vari. Ciliegina sulla torta. Verrà abbandonato anche l’appartamento dello scandalo, quello preso in affitto per permettere agli ospiti dell’ateneo di assistere al Palio di Siena dalle finestre che si affacciano su piazza del Campo. Sprechi insopportabili, governance inefficiente, mancato controllo dei bilanci, ecco perché la crisi dell’università di Siena è l’emblema delle difficoltà del sistema universitario italiano. Ma ora c’è l’impegno del governo. Lo ha annunciato Gaetano Quagliariello che ha «rassicurato tutti sull’impegno del governo e della maggioranza per evitare ogni speculazione politica sulla situazione dell’ateneo».
Siena ha la maglia nera anche nello sfondamento del tetto di spesa che non dovrebbe superare il 90% del finanziamento: per gli stipendi ha speso il 103,83%. Le fanno buona compagnia Firenze, 99,15%; l’Orientale di Napoli, 98,10%; la Federico II sempre di Napoli, 100,98%, Pisa, 96,90%; Bari, 86,94; Messina, 91,88%; La Sapienza il 94,61. Di contro ci sono una ventina di atenei virtuosi.
Ma le distorsioni sono anche altre. La corsa alla moltiplicazione delle cattedre. L’università degli sprechi è ingolfata da una selva di corsi di laurea, di cui molti con pochi immatricolati e pochi iscritti. Non sempre necessità formative giustificano il mantenimento di corsi con un gruppetto esiguo di frequentanti. Certo, ci sono settori specialistici che vanno comunque salvati. Nè si può ragionare solo in termini numerici. Tuttavia i dati statistici del ministero dell’Università sono allarmanti: abbiamo 40 corsi con un solo immatricolato, 767 con dieci o meno immatricolati e 1.260 con 15 o meno immatricolati. Inoltre abbiamo 235 corsi con un solo iscritto, 1.109 con 10 o meno iscritti e 1.469 con 15 o meno iscritti.
L’università italiana è malata di gigantismo. I corsi di laurea sono esplosi e abbiamo raggiunto l’incredibile cifra di 5.500 lauree triennali, numero che sale a 8.100 se si calcolano anche le lauree magistrali e gli spezzoni del vecchio ordinamento che nessuno liquida finché ci sarà un solo studente iscritto fuori corso. Ma la moltiplicazione di corsi e cattedre ha alle spalle fenomeni complessi: il nepotismo la giungla degli insegnamenti, che hanno raggiunto quota 180mila. L’Italia è l’unico paese al mondo ad avere un numero così spropositato di materie universitarie. Secondo una rilevazione fatta mesi fa dal Cnvsu, il Comitato nazionale di valutazione, risulta che il numero delle materie è aumentato del 50% in cinque anni. E la moltiplicazione non si è ancora fermata. Già, perché al tempo della rilevazione gli insegnamenti erano 171.415, ora sono 7.500 in più. Di più. Se non ci si limita a osservare il divario rispetto agli ultimi cinque anni, ma ci si confronta con il periodo ante-riforma (quello prima del 3+2) allora l’incremento delle materie universitarie è del 300 per cento. Possibile? Sì. E non è solo conseguenza dell’ampliamento dei campi della cultura e della scienza. Questi numeri nascondono giochi di potere, spartizioni di posti, lotterie di cattedre, sprechi e corsi di laurea da moltiplicare. Fenomeni patologici, che si sovrappongono alla trasformazione degli insegnamenti in ”contenitori” di sigle astruse. Dalla Scienza del packaging alla Protezione delle piante. E c’è un’altra cosa inquietante. Il 40% degli insegnamenti universitari, pari a 69.384, ha uno scarso peso rispetto ai crediti al momento dell’esame. Significa che ci sono insegnamenti ”deboli”. Tanto che scoppiano liti furibonde per l’equivalenza disciplina-crediti perché nessun docente vuole ”valere” meno del vicino di stanza. La verità è che c’è una pletora di materie ”minori” servita solo a coltivare orticelli. Risultato: nessun ateneo italiano è entrato nella graduatoria delle migliori 150 università stilata dal Times. La prima nostra università che compare è Bologna, al 192mo posto.