Giuseppe Oddo, Il Sole 24 Ore, 12/2/2009, 12 febbraio 2009
SERVIZI PUBBLICI LOCALI - IL CASO SICILIANO Palermo, i rifiuti mangiabilancio Amia con i conti disastrati, uno spazzino ogni due km, 700 assunzioni ma strade sporche - L’EQUILIBRIO FINANZIARIO - Per il 2009 in vista un aumento della Tarsu
SERVIZI PUBBLICI LOCALI - IL CASO SICILIANO Palermo, i rifiuti mangiabilancio Amia con i conti disastrati, uno spazzino ogni due km, 700 assunzioni ma strade sporche - L’EQUILIBRIO FINANZIARIO - Per il 2009 in vista un aumento della Tarsu. Alla Giunta è stato chiesto anche un adeguamento del contratto di servizio Giuseppe Oddo di Giuseppe Oddo PALERMO. Dal nostro inviato PALERMO, I RIFIUTI MANGIABILANCIO - Un buco da 45 milioni nei conti dell’Amia, la società per la gestione dei rifiuti del Comune di Palermo, ha rischiato di mandare in crisi il bilancio della Giunta di centro-destra e ha aperto una fase d’instabilità che potrebbe ripercuotersi sugli equilibri della Regione. A tamponare la situazione ha provveduto il Governo con il decreto milleproroghe, trasferendo in dicembre 80 milioni all’ente locale. Con questa trasfusione di sangue, per la quale s’è molto adoperato il presidente del Senato, Renato Schifani, il Comune ha ricapitalizzato l’Amia salvandosi da una crisi dagli esiti imprevedibili. C’è chi pensa, tra i banchi dell’opposizione, che Palermo sia stata per mesi in una situazione di pre-dissesto. Chi ha vissuto la vicenda dal di dentro considera questa affermazione fuori luogo. Sta di fatto che il caso Amia agita il clima politico anche ora che il peggio sembra passato. La società perdeva 3,5 milioni al mese prima dell’aumento di capitale. E tutto lascia pensare che l’emorragia sia ancora in atto: sul budget 2009 è calato una sorta di segreto di Stato. Nel frattempo l’immondizia continua ad ammassarsi agli angoli delle strade. Orazio Colimberti, direttore generale dell’Amia, promette il ritorno alla normalità nella prima parte dell’anno. «Adesso – dichiara al Sole 24 Ore – siamo nelle condizioni di programmare piani di rientro con i fornitori». Queste affermazioni tuttavia stridono con la decisione di metà gennaio del Consiglio dei ministri di dichiarare lo stato d’emergenza per lo smaltimento dei rifiuti a Palermo. Alla faccia della normalità! Servirebbero tagli draconiani per portare ordine nell’Amia. Ma la soluzione non è semplice. L’azienda è un covo d’interessi clientelari. «Non c’è spazio per una politica di riduzione del costo del lavoro - dice Davide Faraone, capogruppo del Partito democratico a Palazzo delle Aquile -. L’Amia ha organizzato gli scivoli ai padri garantendo l’assunzione dei figli». Risparmiare sul personale in un ambiente in cui la maggior parte degli addetti gode di protezioni politiche diventa una missione impossibile. Emblematica la storia dei 700 (qualcuno dice 900) ex lavoratori socialmente utili assorbiti dall’Amia. La partecipata in cui sono inquadrati, Amia Spazzamento Manuale, meriterebbe il Guinness. Palermo detiene infatti il primato mondiale di uno spazzino ogni due chilometri. Se la società ha rischiato di fallire è anche per questo. C’è un episodio che segnala lo scontro in atto nel centro-destra intorno all’Amia: la decisione del Movimento per l’autonomia (Mpa) di astenersi in novembre in Consiglio dall’approvazione del bilancio 2007. L’astensione, una bocciatura di fatto, ha spinto il sindaco, Diego Cammarata, a cacciare dalla Giunta i due assessori dell’Mpa che aveva voluto con sé appena tre settimane prima. Solo che l’Mpa è il partito di Raffaele Lombardo, successore di Totò Cuffaro alla presidenza della Regione. E che il Comune dipende in misura non trascurabile da Palazzo dei Normanni, sede del Parlamento siciliano. Su 900 milioni di entrate nel 2007, 490 sono contributi e trasferimenti correnti dello Stato e di altri enti. E 125 di questi 490 provengono dalla Regione. A scatenare lo scontro politico, nel giugno ’98, una delibera della Corte dei conti che segnala la presenza di «significativi disallineamenti», ossia di forti sfasamenti contabili, tra il rendiconto del Comune e i bilanci delle sue partecipate. Si scopre così che nei conti dell’Amia "ballano" 54 milioni di crediti che la società pretende dal suo azionista in base alla normativa che impone un accantonamento per la gestione post-mortem delle discariche nei trent’anni successivi alla loro chiusura. Il problema è che nel contratto di servizio trentennale Amia-Comune (che vale 100 milioni) sottoscritto nel 2001, prima dell’entrata in vigore di questa norma, il pagamento di tali oneri non è contemplato. Per il ragioniere generale del Comune, Bohuslav Basile, questi crediti non trovano alcun riscontro nei conti dell’ente locale. Quindi si è di fronte a una voce fittizia. Ciò è tanto più imbarazzante in quanto il rappresentante del sindaco nell’assemblea dei soci dell’Amia ne ha sempre approvato il bilancio senza mai porre la questione. Per il principio del controllo omologo, le partecipate sono considerate un’estensione dell’amministrazione. Quindi se la società va a rotoli, il Comune che la consolida ci va appresso. E l’Amia rotola su un piano inclinato: accanto a 45 milioni di perdite (del 2007 e dei nove mesi del 2008) l’azienda espone una massa di crediti frutto di un’interpretazione errata del contratto di servizio, che debbono essere svalutati. Matura in questo contesto l’astensione dell’Mpa. Che coglie la palla al balzo per lanciare un segnale alla colazione di centro-destra. Lombardo, infatti, sta aggredendo il sistema di potere del suo predecessore. Non ultima l’intesa per la costruzione di quattro inceneritori le cui gare per l’affidamento del servizio, indette nell’era Cuffaro, sono state annullate in sede europea. A salvare la "patria" ci pensa Schifani con gli 80 milioni del decreto milleproroghe, di cui 30 a valere sul bilancio 2008, 30 entro il 2009 e 20 entro il 2010. La delibera per l’abbattimento e la ricostituzione del capitale di Amia Spa è approvata appena in tempo, poco prima di Natale. Chiarisce Gaetano Lo Cicero, direttore generale del Comune: «Abbiamo riconosciuto circa 15 dei 54 milioni di crediti che l’Amia diceva di vantare. Il resto, una quarantina, la società li ha portati a perdita sul suo bilancio al 31 dicembre 2008». Con gli 80 milioni nominali di mezzi freschi l’azionista ha dunque azzerato i 45 milioni di perdite e i 40 di svalutazione crediti (che portano a -85 milioni il risultato della capogruppo) ripristinando l’equilibrio patrimoniale. Adesso l’Amia ha un capitale netto di circa 50 milioni. L’azienda è salva, per ora. Ma in futuro? «L’Amia – risponde Lo Cicero – ha chiesto l’adeguamento del contratto di servizio con la quantificazione dell’onere post-mortem». E come coprirete l’esborso? «Parte con fondi comunali, parte con l’aumento della Tarsu (Tariffa per i rifiuti solidi urbani, ndr)». Ma è percorribile la strada dell’aumento d’imposta? In una città in cui una larga fetta della popolazione vive in condizioni d’indigenza, in cui la consegna di una cartella esattoriale nei quartieri più degradati come lo Zen può essere un’impresa pericolosa, in cui il Comune non ha più un euro da spendere per i senza reddito, un’impennata della Tarsu potrebbe rivelarsi un boomerang. Soprattutto ora che l’economia è in recessione. «Ad aumentare l’imposta – commenta un burocrate che chiede di restare anonimo – rischiamo d’iscrivere a bilancio imposte che non saranno mai riscosse». La soluzione del caso Amia dipende dunque da un’inversione di rotta della gestione: o la società riduce i costi o aumenta i ricavi. A partire dal 2006, la ragioneria con il sostegno del sindaco ha avviato un’azione di risanamento dei conti pubblici imperniata sull’inasprimento delle imposte. Oggi la parte corrente del bilancio è in equilibrio. Su un debito residuo di 416 milioni, la spesa per interessi è pari al 2% delle entrate correnti, contro un limite di legge del 15. «Palermo – dice la stessa fonte – è tra i Comuni meno indebitati», anche se l’opposizione denuncia l’esistenza di un debito fuori bilancio costituito dalla spesa priva di copertura finanziaria. I problemi vengono dalle partecipate come l’Amia. O il Comune impone loro un ferreo controllo, tagliando esuberi, consulenze, sponsorizzazioni, signoraggi politici. O la crisi di liquidità che lo ha investito in dicembre potrebbe riproporsi nel 2009. Con effetti, stavolta, che potrebbero essere devastanti.