Achille Silvestrini, il Sole 24 Ore, 12/2/2009, 12 febbraio 2009
COSì CAMBIAMMO IL CONCORDATO
Guardando indietro, la vicenda della revisione del Concordato passa attraverso le varianti della politica italiana. La prima mossa è l’iniziativa dell’onorevole Lelio Basso, che impegna la maggioranza governativa alla revisione, con la mozione Zaccagnini, Ferri e La Malfa; nel dicembre del 1968 c’è la Commissione di studio presieduta dal guardasigilli Gonella, la quale presenta i risultati nell’aprile del 1971. Alla pubblicazione di questi, si ebbe come effetto l’ordine del giorno Andreotti, Bertoldi, La Malfa, Iotti e Taormina che invitava il Governo a fare proposte alla Santa Sede.
Tutto questo, che si avviava in modo promettente, si scontrò con la questione del divorzio. Stava andando avanti il progetto di legge Fortuna-Baslini che coinvolgeva l’articolo 34 del Concordato sul matrimonio. Nell’ottobre del 1970 la Conferenza episcopale indicava precisamente nel progetto Fortuna-Baslini la violazione di uno dei punti fondamentali dei Patti Lateranensi. Nello stesso tempo, in Parlamento, era votata la legge sul referendum popolare abrogativo che ebbe origine precisamente da questa vicenda. Ancora a marzo e a luglio del 1971, la Corte costituzionale due volte respinge i rilievi presentati sulla costituzionalità della legge. E si termina col referendum del 12 maggio 1974.
Comprensibilmente la Santa Sede si trovò in difficoltà ad accettare una trattativa di revisione del Concordato. vero che nel frattempo c’era stato un mutamento del Concordato portoghese, che toglieva il collegamento fra il matrimonio canonico e il matrimonio civile ma, nello stesso tempo, in Italia la questione doveva essere, come dire, metabolizzata.
Successivamente viene l’evoluzione dei Governi di solidarietà nazionale, presieduti dal presidente Andreotti, che prese l’occasione di proporre all’altra parte il negoziato, cosicché nell’ottobre del 1976 cominciò la trattativa. Andreotti chiamò il senatore Carlo Gonella, il professore Arturo Carlo Jemolo e il professor Roberto Ago: una trattativa che si avviò in modo quasi clandestino. Andreotti voleva presentarsi al Parlamento con la sorpresa di una proposta concreta. La delegazione della Santa Sede era presieduta dall’arcivescovo Agostino Casaroli, allora segretario del Consiglio, composta da padre Salvatore Lener, studioso di diritto e scrittore di «Civiltà Cattolica», e dal sottoscritto.
La trattativa si protrasse per alcuni anni. Terminò nel 1982. La revisione, com’è noto, fu firmata nel febbraio del 1984. Guido Gonella e Carlo Jemolo non poterono vederne la conclusione: nel maggio del 1981 morì Jemolo, l’anno dopo Gonella. A Gonella successe Pietro Gismondi, a Jemolo Paolo Rossi. Ago fu il solo a essere protagonista di tutta la revisione e assistette anche alla firma dell’Accordo.
Arriviamo alla cosiddetta terza fase. Siamo a metà del 1983, ed è il presidente Craxi, a cui va veramente dato il merito di aver preso in mano il problema, che incarica il professor Margiotta Broglio e l’onorevole Gennaro Acquaviva di concludere. Emerge la grande novità del cambiamento del problema economico del clero che comportava l’abolizione della congrua. Il cardinale Anastasio Ballestrero, presidente della Cei, ci incoraggiò: « appena uscito il Codice di diritto canonico - siamo a metà del 1983 - il quale ha abolito il beneficio ecclesiastico che è il presupposto della congrua: perché non ripensare il tutto?». Nacque allora il progetto di revisione di tutto il sistema di finanziamento per la Chiesa e del trattamento economico del clero, che è stato poi condotto avanti in soli sei mesi, anzi in meno ancora dei sei mesi previsti. Ricordo che Spadolini mi telefonò: «Ma dove mai in Italia si è concluso qualcosa in sei mesi?». E invece la Commissione funzionò. E questa fu la conclusione del nostro impegno.
Credo che il Concordato del 1984 abbia veramente chiuso una controversia che si trascinava e nello stesso tempo abbia messo in evidenza anche l’interlocutore nuovo di questi rapporti che è la Conferenza episcopale. Ricordo che, negli incontri che ebbi col Consiglio permanente della Cei, nacque la formula dello Stato e della Chiesa che «sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani» (viene dalla Costituzione) e s’impegnano «al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti e alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese»: fu una proposta della Cei stessa. Sappiamo anche degli accordi che successivamente sono stati fatti con la Cei, ad esempio quello che riguarda i beni culturali.
Vorrei esprimere un pensiero alla memoria delle persone che ho incontrato, non solo Gonella, Jemolo, padre Lener, Ago, ma anche alle persone rappresentative che avemmo occasione di consultare in rappresentanza dei partiti politici. Ricordo sempre Paolo Bufalini, grande umanista, attento e capace nel penetrare i problemi e accompagnato, a sua volta, da Carlo Cardia. Ricordo Mauro Ferri, ricordo Gaetano Arfè, valente storico, e ricordo anche la parte, chiamiamola così, "benevolmente astensionista", cioè il Partito liberale, con Malagodi e Valerio Zanone, accompagnati da Antonio Patuelli. Un particolare e grato ricordo vorrei dedicare al professor Francesco Margiotta Broglio, valente e sagace studioso, e al senatore Gennaro Acquaviva, che operarono con intelligenza e determinazione per portare a compimento la trattativa.
Il grande ricordo che ho degli esponenti di quella classe politica non è soltanto una memoria, è un esempio che va ricordato, oggi soprattutto. E rinnovare gratitudine alla memoria di Bettino Craxi che allora prese saggiamente l’iniziativa decisiva per concludere con apertura e spirito moderno la revisione concordataria.
A 25 anni dal Concordato non spetta a me dare un giudizio sull’oggi. Penso tuttavia che la tranquillità che abbiamo avuto in questo tempo in materia concordataria offra da sola un giudizio favorevole della revisione effettuata e di quale sia la strada da seguire. Ci sono temi che pur non menzionati nel trattato, come già disse il cardinale Casaroli al momento della firma, oggi sono da affrontare come la famiglia, la gioventù, il volontariato.
Una proficua collaborazione tra Stato e Chiesa può dare grandi frutti per il futuro.
*L’autore è Cardinale, prefetto emerito
della Congregazione per le Chiese orientali