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 2009  febbraio 12 Giovedì calendario

VENTIMILA LEGHE SOTTO I GHIACCI

Scienza e avventura non sono mai state così strettamente legate: parte a fine febbraio una spedizione di esploratori che per tre mesi attraverseranno i ghiacci dell’Artico fino ad arrivare al Polo Nord. La missione ha l’obiettivo di misurare passo passo per tutti i 1.300 chilometri del viaggio lo spessore dei ghiacci per determinare in modo oggettivo e scientifico con quanta rapidità si stiano sciogliendo. Secondo le ultime rilevazioni, nel 2007 restavano 4,3 milioni di chilometri quadrati di ghiacci, un rapido calo del 20% rispetto al 2005. Se il trend continua, entro pochi anni i ghiacci spariranno dall’Oceano Artico, lasciando solo acqua per la prima volta da oltre un milione di anni. Le stime degli esperti sulla data in cui questo avverrà però fluttuano drasticamente, dalla previsione più pessimistica del 2013 a quella più ottimistica del 2100.
La nuova missione potrà mettere fine al dibattito con dati scientifici grazie a un’arma segreta: un radar a impulsi ultracompatto, capace di penetrare i ghiacci più spessi ma con un peso di appena 4 chili. Si chiama Sprite, che sta per «Surface penetrating radar for ice thickness establishment» ma che in inglese significa anche "folletto".
Non c’è nulla di magico nel suo operato, spiega Michael Gorman dell’Università di Cambridge, l’ingegnere che ha inventato il nuovo strumento: «Finora le rilevazioni dello spessore dei ghiacci sono state effettuate dall’alto, dai satelliti, oppure dal basso, da sottomarini, ma non sono mai accurate. Questo radar è invece in grado di misurare la densità, distinguendo tra ghiaccio e neve compatta, e per la prima volta fornirà una rilevazione certa e continua per tutto il percorso».
I tre esploratori, tutti quarantenni veterani del Polo Nord, traineranno su una slitta il radar, che ogni dieci centimetri rileverà lo spessore del ghiaccio e trasmetterà i dati al centro specializzato della Naval postgraduate school di Monterey, in California. Il professore di Oceanografia Wieslaw Maslowski, che da 27 anni raccoglie informazioni sui ghiacci dell’Artico, analizzerà i nuovi dati e presenterà poi le sue conclusioni intorno a settembre. I risultati della missione verranno poi presentati e discussi alla Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite a Copenaghen a dicembre, con l’obiettivo di stabilire un piano concreto di intervento.
Nel team ognuno ha il suo compito. Pen Hadow, uno dei più celebri esploratori britannici, è il direttore del progetto e ha il compito di trivellare il ghiaccio, effettuare le rilevazioni, misurare la temperatura e profondità del l’acqua e caricare i dati sul computer di bordo. Ann Daniels, che in passato ha guidato un team tutto femminile fino al Polo Nord, è la navigatrice responsabile di stabilire e mantenere la rotta che li porterà da 80 gradi nord a 140 gradi ovest. Martin Hartley, fotografo del National Geographic, terrà un diario video della spedizione e invierà foto tutti i giorni, anche se le comunicazioni sono estremamente difficili intorno al Polo Nord a causa dello scarso numero di satelliti Iridium.
La missione è la più difficile di tutte quelle intraprese finora, afferma Hadow, che pure è l’unica persona al mondo ad avere camminato da solo e senza sostegno esterno dal Canada al Polo Nord. Le condizioni sono proibitive: la temperatura raggiungerà i -55 gradi e non salirà mai sopra gli zero gradi, mentre gran parte del viaggio verrà fatto al buio e ci saranno sia montagne di ghiaccio da scalare che tratti di acqua gelida da attraversare. «Ma non possiamo permetterci di fallire, questo progetto è troppo importante – afferma Hadow ”. una questione di orgoglio professionale raccogliere tutti i dati possibili, che possono essere raccolti solo da esploratori in loco. Si tratta di usare la nostra esperienza per la scienza, per contribuire a un progetto di enorme importanza per la Terra». Ann Daniels dichiara che la sua motivazione è «aiutare il pianeta a sopravvivere, per i miei quattro figli e per tutti gli altri bambini del mondo».
L’ipotesi da confermare, spiega Hadow, è che non sia il riscaldamento dell’aria dovuto al global warming a scogliere i ghiacci dall’alto ma piuttosto l’aumento della temperatura dei mari che sciolgono i ghiacci dal basso: «Una sorta di effetto vulcano, meno drammatico di un’eruzione ma altrettanto deleterio».