Emma Fattorini, il Sole 24 Ore, 8/2/2009, 8 febbraio 2009
IL CONCORDATO DISCORDE
Apice dell’illusione reciproca, quella mussoliniana di fascistizzare la chiesa e quella del papa di cattolicizzare il fascismo, i patti lateranensi hanno risolto a un livello alto i rapporti con lo stato, chiudendo l’annosa questione romana o hanno rappresentato un compromesso giocato sull’astuzia reciproca che mostrerà ben presto la corda? Un cedimento della chiesa che così legittima il fascismo in nome di non piccoli privilegi? di questa portata la riflessione che dovrebbe accompagnare il prossimo anniversario della Conciliazione che si celebra l’11 febbraio.
Le politiche concordatarie, pilastro della chiesa negli anni Venti e soprattutto Trenta, marcano il segno della laicità europea rispetto a quella americana: in Europa le nazioni istituiscono un regime di compromesso con la chiesa proprio perché non hanno la religione a fondamento delle loro costituzioni. La radice delle attuali discussioni sulla laicità sta, infatti, nel difficile cammino della chiesa per superare lo schema intransigente che l’aveva vista opporsi alla Rivoluzione francese, un percorso in bilico tra le due opposte derive illuministiche, una che desiderava la fine della chiesa e l’altra, liberale, che poteva aiutarla a conciliarsi con la libertà e la democrazia. I concordati sono le sentinelle, i segnali posti lungo questo percorso a ostacoli. Strumenti datati, frutto di un Novecento sempre più lontano eppure ancora così incombente, o utili ancore nei nostri tempi confusi e tempestosi?
I fantasmi del Kulturkampf di Bismarck in Germania e della questione romana in Italia torneranno a spaventare la chiesa quando, con l’affermarsi dei totalitarismi, essa avrà ancora più bisogno di garanzie e di tutele. E così stipulerà con Hitler un concordato tutto difensivo e con Mussolini un accordo molto fiducioso. Del resto la fine del potere temporale non è solo una perdita ma può essere la grande occasione spirituale per la chiesa nella modernità: «Ci compiacciamo – afferma Pio XI a commento degli accordi del Laterano – di vedere il territorio materiale ridotto a così minimi termini da divina spiritualità che esso è destinato a sorreggere e servire». Giovanni Gentile («Educazione fascista» del febbraio 1929), si dimostra fiducioso dell’uso "laico" che certamente ne saprà fare Mussolini «il quale può andare giustamente orgoglioso, come di uno dei fatti maggiori a cui rimarrà legato il suo nome nella coscienza sempre più salda dell’autonomia indefettibile dello Stato». Non sarà dello stesso avviso Benedetto Croce che ripercorrendo la storia «del pensiero e delle istituzioni laiche di fronte alla Chiesa» (discorso al Senato nel 24 maggio del 1929) lo considererà una battuta d’arresto. Giudizi che tornano di inquietante attualità.
Il Concordato appare come una grande vittoria per la chiesa, che però presto comincerà a produrre frutti amari: nel volgere di pochi anni, crollano le illusioni del papa verso Mussolini e la sua alleanza con Hitler, fino a quelle famose celebrazioni del decennale della conciliazione nel febbraio del 1939 che cadranno nel momento di massima rottura di Pio XI con i due dittatori.
Sono i giorni che precedono la morte del papa e di cui ora, grazie alla recente apertura degli Archivi segreti possiamo ricostruire tutti i passaggi: le celebrazioni della conciliazione, la violazione del concordato contenuta nelle leggi razziali, la persecuzione religiosa in Germania e «la recente apoteosi in questa Roma, preparata a una croce nemica della croce di Cristo» (riferita alla venuta di Hitler la primavera precedente). La sua crescente, irriducibile ostilità avrebbe portato alla rottura con il regime fascista, se il papa non fosse morto. Pochi giorni prima aveva pronunciato questa invettiva: «... Io non come papa ma come italiano mi vergogno!... Io parlerò, non avrò paura. Mi preme il Concordato, ma più mi preme la coscienza. Non avrò paura! Preferisco andare a chiedere l’elemosina». (dagli Archivi segreti ora in Emma Fattorini, Pio XI, Hitler, Mussolini, Einaudi 2008). La coscienza dunque viene prima: più importante di qualsivoglia Concordato a riprova della natura spirituale e non temporale che dovrebbe avere la chiesa. Oggi i termini del rapporto Stato-Chiesa sembrano regredire alle antiche diffidenze, al bisogno guardingo di rassicurazioni reciproche, ma il contesto globale e nazionale in cui si ripresenta il tema della laicità è radicalmente cambiato. Le nuove domande aperte dai multiculturalismi e dalle bioetiche richiedono nuovi strumenti culturali, teologici e giuridici, ma non dobbiamo dimenticarci della nostra storia nazionale ed europea.