Stefano Mancini, la Stampa, 22/2/2009, 22 febbraio 2009
MACCHINE BRUTTE E PILOTI NOIOSI LA SICUREZZA SI PAGA"
Sessant’anni compiuti oggi, tre mondiali vinti, due trapianti di reni conseguenza del terribile incidente al Nürburgring in cui rischiò di morire ustionato. «La pelle bruciata non mette le rughe. Sembro sempre più giovane», ci scherza su Niki Lauda. Il compleanno lo trascorre a Ibiza con la moglie Birgit e i figli Lukas e Mathias. Tra un mese sarà a Melbourne per cominciare un’altra stagione da commentatore per la televisione austriaca.
Le piace questa F1 low cost?
«In Formula 1 si spendono tutti i soldi che ci sono e qualcosa in più. Era importante dare un taglio alle spese: così anche chi ha meno risorse può essere competitivo. Il pubblico non se ne accorgerà: un Gp resterà uno spettacolo unico».
In teoria lo show migliora.
«Non ne sarei così sicuro: quando le regole cambiano in modo drastico, tra una squadra e l’altra il distacco diventa enorme».
La prima cosa che cosa cambierebbe?
«Il disegno delle macchine. Sembrano falciatrici, sono orribili».
Chi vede meglio?
«Per ora la Ferrari, ma è presto per fare una valutazione attendibile».
E i piloti?
«Hamilton, Massa, Raikkonen e Alonso».
Assomiglia molto alla classifica dello scorso anno. I giovani?
Quali giovani?
Una volta lei disse che una monoposto moderna la guiderebbe anche una scimmia.
«Fui frainteso. Il traction control e altri aiuti elettronici consentiti fino a qualche anno fa semplificano la guida di una F1, ma andare al limite è sempre una questione di tecnica e talento: quello bravo va più forte degli altri».
Si dice che i piloti d’oggi imparino di più alla playstation che a sporcarsi le mani di grasso in garage.
«Sono cambiate parecchie cose. Io ho sempre cercato soprattutto di capire gli errori che commettevo. Loro non ne hanno bisogno: c’è il computer che li analizza e li giudica: così arrivano in Formula 1 quattro-cinque anni prima rispetto a quelli della mia generazione».
Le attribuiscono un commento acido su Hamilton: non ha carisma, a parte la fidanzata cantante.
«Frainteso di nuovo. E poi il carisma non ti fa mica andare veloce».
Però la sua generazione ne aveva di più.
«Dai miei tempi è cambiata soprattutto la sicurezza. Noi ogni anno vedevamo un nostro collega morto sull’asfalto. Decidere quando frenare era una questione esistenziale. Lo sport vissuto in questa maniera ti forma il carattere in un altro modo. Oggi per fortuna non è più così: dal ”94, con la morte di Ratzemberger e Senna si è lavorato molto e bene per la sicurezza. I piloti adesso arrivano al circuito con la moglie, i figli e il cane. Una volta sarebbe stato impensabile».
Il Nürburgring nel ”76 è stato il peggior momento della sua vita?
«No. Il momento più tragico è stato nel maggio del ”91 quando un aereo della mia compagnia è esploso in volo per un guasto tecnico dovuto alla progettazione: 233 morti. Il Nürburgring ha coinvolto solo me. E Arturo Merzario che mi ha salvato la vita».
Fuji ”76: con la saggezza dei sessant’anni, si ritirerebbe lo stesso per paura della pioggia?
«Certo. Non ho nessun rimpianto: in quel momento era l’unica decisione possibile. Il ricordo del rogo in Germania era ancora troppo vivo».
I rapporti con Enzo Ferrari?
«Mi ha permesso di realizzare il sogno di guidare una Ferrari e ora di lui mi restano le cose buone. Ma nel ”77, quando me ne andai da campione del mondo, mi sentivo molto leggero».
Ha nostalgia?
«No, il passato mi è indifferente. Guardare le vecchie foto non mi regala emozioni».
Da commentatore le capita di sbagliare completamente valutazione?
«Ovvio, mi succede come a chiunque altro. Io almeno ammetto gli errori».