Giulia Zonca, la Stampa 21/02/2009, 21 febbraio 2009
Miglior tempo al mondo del 2009 sugli 800 metri (1’59”25), record italiano indoor, personale migliorato
Miglior tempo al mondo del 2009 sugli 800 metri (1’59”25), record italiano indoor, personale migliorato. La stagione di Elisa Cusma è iniziata così, dove può arrivare? «Troppo ancorata a terra per sognare sopra questi tempi. Vengo da un’ottima preparazione in Sud Africa, ora vediamo come va ai campionati italiani e agli Europei indoor di Torino. Poi c’è già la stagione all’aperto e si fa più difficile. Non è mia abitudine esaltarmi». Colpa del passato difficile? «Non lo considero così, ho conosciuto presto la parola sacrificio, tutto qui. Come tutti ho passato un’età in cui non sapevo che volevo diventare. Ho iniziato presto con l’atletica, a 12 anni, però si faceva troppa fatica e io dovevo lavorare. Ho smesso e ho ripreso seriamente cinque anni fa, a 22 anni. In mezzo è stato un periodo un po’ strano. Ho lavorato come cameriera in un ristorante di Piumazzo, in provincia di Modena. Stavo là fino a tarda notte e speravo solo di non fare quello per tutta la vita. Nel tempo libero pensavo solo a divertirmi». Serviva ai tavoli e nel frattempo ha tirato su sua sorella che oggi ha sei anni, non proprio un’adolescenza spensierata. «Di essere una madre per mia sorella sono contenta e per il resto... è andata bene. Un pomeriggio ho guardato una gara di atletica in tv e ho chiamato il mio vecchio allenatore. Gli ho detto: voglio riprovare». E che è successo? «Non mi ha creduta. Mi conosceva come una che si stufava in fretta, che non reggeva i carichi. Ho insistito e mesi dopo mi ha risposto: va bene. Claudio Guizzardi è ancora oggi il mio tecnico, è uno di famiglia, un secondo papà». Il padre vero è stato campione europeo di boxe nel 1983, «il Rocky di Bologna». Cosa le ha insegnato sullo sport? «La grinta. La carica me la dà sempre lui. Si agita molto più di me prima di ogni gara, mi ha trasmesso la passione ma io sono molto calma rispetto a lui. Forse dovrei somigliargli di più». Ha guardato le registrazioni dei suoi incontri? «Solo quella del titolo europeo. Detesto il pugilato, del resto nemmeno lui mi guarda molto: si emoziona e chiude gli occhi. A me non piace agitarmi e non ho nessun rito scaramantico. Anzi i superstiziosi mi danno un po’ fastidio». Ricorda la sua prima gara? «Sì, da bambina. Un 60 metri a Castelfranco: sono arrivata ultima e ho capito che non era la mia distanza». Quando si è innamorata degli 800 metri? «Mai. Non mi piacciono. Sono duri, faticosi, ti spaccano. Eppure non ho mai provato nulla di più esaltante. Ogni volta che finisci è come aver superato una difficoltà, essere andate avanti. Quando vedi che ti sei migliorato è la felicità». Si ispira a campioni del passato? «Zero. Rispetto chi vince, riconosco la bravura di chi fa tempi straordinari come oggi succede a Pamela Jelimo, però non guardo molto agli altri. Non so quasi nulla sui campioni del passato, non guardo le gare. Le mie giornate sono già piene così». Nessun idolo sportivo? «No. Mi piace Valentino Rossi, ma non per la moto. Mi interessa come ragiona. Uno che sa farsi valere eppure restare buffo, simpatico». Va bene, lei è una che va per la sua strada. Altri punti di riferimento? Personaggi storici, politici, libri, film? «Nulla. Mi nutro di roba tosta, i film dell’orrore per esempio. Non ne perdo uno e ho appena letto ”Twilight” storia di vampiri che mi ha appassionato. Le persone che mi interessano davvero sono quelle che conosco, i miei amici». Riguarda le sue vittorie? «Quelle sì, anche le sconfitte. più una questione tecnica però, ho l’allenatore più pignolo del mondo». Per l’atletica italiana, le Olimpiadi sono state un mezzo disastro, come si può migliorare? «Il nostro livello non è tanto distante dai risultati ottenuti. la nostra storia. Possiamo avere fortuna e inciampare in due o tre fuoriclasse che fanno bene, ma il movimento è quello. Basso». Lei ci campa con l’atletica? «Dal 2004, da quando sono entrata nel gruppo sportivo dell’Esercito me la cavo. Senza sarebbe impossibile, anche con i risultati di oggi». Il doping in pista c’è ancora? «Certo. Meno di prima, credo. Ed è stupido pensarci: se stai dietro i sospetti finisce che non corri più».