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 2009  febbraio 21 Sabato calendario

Due squilli e risponde. «Buongiorno professore. E’ per l’episodio di ieri a Bra. Per gli studenti investiti»

Due squilli e risponde. «Buongiorno professore. E’ per l’episodio di ieri a Bra. Per gli studenti investiti». Una pausa. Poi con un filo di voce: «Non voglio dire niente, chiedo silenzio. Io non ho mai fatto del male a nessuno, ho solo fatto del bene. In tutta la mia vita ho fatto solo del bene ai ragazzi». L’insegnante di religione che l’altra mattina ha investito due ex allievi nel cortile dell’Istituto Guala di Bra non va oltre. Ha 59 anni, è sposato, una figlia. Non ha voluto rispondere alle domande del dirigente scolastico, né a quelle dei vigili e dei carabinieri. Né ai genitori di quei due ragazzi finiti all’ospedale con cinque giorni di prognosi. Carlo Zonin, il professore di Religione che si trasforma in bullo, che con l’auto punta sulla classe di ex alunni, quelli che per un anno gli hanno reso la vita impossibile. Ne investe due, fa marcia indietro e se ne va. Sui perché si sono scatenati i blog di mezz’Italia. Alcuni lo difendono, i più stigmatizzano. E lui zitto in attesa di una decisione sul futuro che provveditorato e magistratura gli imporranno visto che le accuse sono pesanti: «Lesioni plurime dolose, omissione di soccorso». Non ne parlano volentieri neppure i colleghi. Ieri in IV E, corso geometri, i due studenti feriti erano assenti. Contusioni e graffi guariranno in pochi giorni. Lo sanno i compagni che hanno telefonato e mandato sms e che ieri, a scuola, hanno spiato dalla porta dell’aula al primo piano il viavai di giornalisti in presidenza. Sono minorenni. Niente nomi. E., piumino e cappellino bianco, zaino in spalla: «Abbiamo letto gli articoli, sentito la tv e ne abbiamo parlato in classe. Oh. Ci siamo spaventati. Un prof che ti punta con la macchina, mai sentita una roba così». Parlano poco, parlano soprattutto di lui, il professore di religione. Quello «rigido» che, quando insegnava nella loro classe, l’anno scorso, pretendeva il silenzio assoluto. «Dovevi solo guardarlo negli occhi, stare attento e dargli ragione. Se volevamo discutere di qualcosa di attualità, per esempio l’eutanasia, non ci lasciava», racconta un altro allievo. «I compiti in classe. Credo sia l’unico prof di religione al mondo che fa fare i compiti in classe. E certo che si fa casino con uno così». A tenere l’ordine il Prof ci aveva provato con quella classe. Richiami continui, l’intervento del preside. Note sul registro, ripetute. «Ma quei due ragazzi che ha preso sotto non erano i peggio», chiosa uno della IV E. «Non volevo più fare religione dopo un anno con lui. Tanto è una materia facoltativa che non conta nella media», racconta A., felpa con i teschi e un dichiarato scarso interesse per la religione. «E’ che si stava tutti insieme. Perché isolarsi? Bastava che la prendesse un poco più bassa». Mite, gracile, disponibile con gli altri, attivo nella corale e in parrocchia, sposato, una figlia e, malgrado i 59 anni, una vita da precario da quando aveva lasciato il posto da impiegato per entrare nella scuola. Inizialmente la sua nomina dipendeva dalla Diocesi di Torino, come per tutti gli insegnanti di religione. Poi, con le nuove norme, si è trasformata in dichiarazione di idoneità. E dopo anni di precariato e trasferimenti, nel 2007 è arrivata l’immissione in ruolo. Un anno di prova, che si è concluso con l’inizio di quest’anno scolastico. Come insegnante di un corso diverso da quello dove i ragazzi l’avevano preso di mira. Ma l’altra mattina se li è rivisti davanti ed è scattato. «Ho visto la Punto blu del professore che usciva dal cortile e i ragazzi che lo rincorrevano e picchiavano sull’auto per fermarlo», racconta L. che alle nove e mezza di giovedì mattina era affacciata alla finestra, nel cambio d’ora, «solo dopo ho saputo cos’era successo».