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 2009  febbraio 23 Lunedì calendario

IL BIO OGGI VALE 2,5 MILIARDI DI EURO


Comincia a tavola la rivoluzione della green economy. Una ricetta anticrisi che riempie il piatto degli italiani di cibi biologici e consumo consapevole. Al bando additivi chimici, coloranti e Ogm, perché la sicurezza alimentare viene prima di tutto, largo invece a un paniere di prodotti sani e genuini: dal campo alla tavola, rispettando la biodiversità e le risorse naturali. Fino a qualche anno fa questo era il menù di pochi convinti salutisti e ambientalisti. Oggi in mezzo alla bufera della recessione, si cambia rotta.
Secondo un’ analisi ColdirettiSwg, in Italia, la spesa sostenibile è un affare di famiglia per 8 milioni di persone, con un aumento record del 23% negli ultimi 12 mesi, che fa clamore proprio perché maturato in tempi di recessione e crollo dei consumi. Il valore medio degli acquisti è ancora basso, circa 25 euro l’ anno, stima la Camera di Commercio di Milano, ben lontano da i 110 euro spesi dagli svizzeri, 50 dai danesi e 47 dagli svedesi. Ma il mercato bio tricolore vale ormai 2,5 miliardi di euro, circa l’ 1,5% dell’ agroalimentare confezionato. E soprattutto coinvolge 50 mila imprese (più di 6 mila quelle specializzate solo sul Bio) per un milione di ettari coltivati (primi in Europa e quinti nel mondo dietro a Australia, Canada, Cina e Usa).
Un bio boom che sta traghettando un settore di nicchia verso trend di mercato sempre più importanti. Lo ha certificato pure Legambiente in una sua recente indagine: sono 7 su 10 le famiglie italiane interessate ai prodotti bio. Non tutte sono consumatrici abituali, i prezzi alti fermano gli acquisti, ma comunque attente alla sicurezza alimentare, soprattutto a quella dell’ infanzia. Lo dimostrano i dati di BioBank, infatti le mense scolastiche si stanno convertendo al cibo naturale (+20% negli ultimi due anni), 791 in tutto, mentre sono quasi 2 mila le aziende che propongono vendita diretta (+47%), e crescono anche l’ ecommerce con 110 imprese (+39%) e i gruppi di acquisto solidale, 479 attivi (+66%). Un fermento che ha mosso il Parlamento con un disegno di legge, firmato dall’ ex ministro all’ agricoltura Paolo De Castro, che stabilisce, tra ai suoi 55 articoli, anche un fondo per le coltivazioni sostenibili.
Il bio boom sta contagiando anche la grande e media industria alimentare (De Cecco ha in catalogo la pasta bio, i biscotti Galbusera diventano biorustici, Prima Natura Bio è il marchio di Granarolo) e incomincia a veder nascere grandi player nella distribuzione organizzata. «Quella che era l’ anello debole della catena si sta irrobustendo facendo da volano per tutto il settore - spiega Andrea Ferrante, presidente di Aiab, l’ associazione per l’ agricoltura biologica - Il gap da colmare con paesi come la Germania, dove peraltro esportiamo moltissimo e il mercato vale miliardi, è ancora profondo. Ma la voglia di bio, che spiega il successo dei mercati e vendita diretta, sta trasformando le logiche della distribuzione».
Intanto sotto il cielo del bio italiano si è appena celebrato il matrimonio tra Ecor e Naturasì, dando vita a una realtà che va dalla produzione alla distribuzione fino alla vendita diretta con un giro d’ affari superiore a 200 milioni di euro, 400 dipendenti, 66 negozi Naturasì, in parte in franchising altri gestiti direttamente, e altri 250 a marchio B’ Io. L’ appetito del gruppo EcorNaturasì, al 50% della Montesano Spa e il resto delle quote detenute dall’ associazione non profit Rudolf Steiner di Conegliano, sembra incontenibile. Nel 2008 la società ha portato sotto le insegne di casa anche il Baule Volante, il 25% di Fior di Loto, imprese storiche della distribuzione specializzata, Fattoria Di Vaira, azienda agricola molisana.
Per Fabio Brescacin, amministratore delegato di EcorNaturasì spa le opportunità di crescita sono enormi. «Anche in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando oggi. A gennaio, abbiamo addirittura registrato un più 20% di vendite. Una crescita a doppia cifra che ci racconta l’ evoluzione del consumatore, sempre più attento all’ alimentazione ma anche ai cicli di produzione del cibo. A costo anche di spendere qualche euro in più per avere in cambio qualità e rispetto dell’ ecosistema». EcorNaturasì è diventato così il leader incontrastato nel nascente settore bio. Ma le dinamiche di mercato stanno muovendo anche altri operatori.
«Gli spazi sono ancora stretti e qualche azienda soffre la crisi dei consumi, mentre altre si accorpano - spiega Rosa Maria Bertino, curatrice di BioBank, da 14 anni la banca dati del settore Si respira però un’ aria di cambiamento e dinamismo. In passato molti tentativi di creare gruppi forti nella vendita diretta e nella distribuzione sono andati a vuoto. Oggi per la prima volta assistiamo a un consolidamento del settore. Se il mercato continuerà a crescere vedremo l’ ingresso di nuovi investitori».
In mezzo a tante piccole e medie imprese (La Finestra sul cielo, Probios) c’ è Bioera, società quotata del gruppo Burani che fattura circa 110 milioni di euro nella produzione di oli e snak bio, ma anche presente nella distribuzione specializzata attraverso la controllata torinese Ki Group. La società ha in cantiere un piano strategico che prevede espansione all’ estero, alcuni dossier aperti su eventuali acquisizioni e soprattutto sviluppo di nuovi sistemi e canali distributivi.
E ora neppure la grande distribuzione organizzata, accusata da molti operatori di non aver mai creduto fino in fondo nel bio e ferma al 30% sul totale del venduto, non sta a guardare. Non ci sono progetti di insegne dedicate al bio, ma investimenti sulla rampa di lancio non mancano. «Il nostro impegno - dice Fabrizio Ceccarelli, responsabile delle linee bio di Coop Italia punta a politiche di prezzo contenute per i prodotti bio in private label, arrivando a costi perfino inferiori a quelli tradizionali di marca. I risultati ci stanno dando ragione con un + 15% di vendite nel 2008».