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 2009  febbraio 23 Lunedì calendario

«L´Emilia è rossa/ la faremo bianca». Nel ´73 i giovani di sinistra s´appassionavano alle sorti del Cile e Dario Franceschini si presentava al liceo scientifico Antonio Roiti di Ferrara con "Il Popolo" infilato nel taschino dell´eskimo

«L´Emilia è rossa/ la faremo bianca». Nel ´73 i giovani di sinistra s´appassionavano alle sorti del Cile e Dario Franceschini si presentava al liceo scientifico Antonio Roiti di Ferrara con "Il Popolo" infilato nel taschino dell´eskimo. Un giorno glielo bruciarono. L´autore del gesto: Alessandro Bratti, figlio di un segretario di sezione comunista e compagno di banco del neosegretario pd. «Ci provocava, decidemmo di fargliela pagare. Fu una goliardata. Ma ci rimase male, perché all´uscita di scuola mi ritrovai con il tubino della miscela del Ciao sfilato. I tempi erano quelli, Dario era un progressista già allora, coerente nella sua fede di cattolico democratico». Bratti siede a Montecitorio, deputato del Partito democratico. Chi l´avrebbe mai detto, allora? C´è una foto che li ritrae insieme, che sembra la locandina di Romanzo criminale: Franceschini imberbe, Bratti con una giacca da Tupamaros, un amico comune, Massimo Vezzali. Franceschini, elegante, portava le Clark, ascoltava De Gregori e faceva il deejay di musica jazz in una radio locale. Fondò l´Asd, associazione studentesca democratica, in anni di egemonia comunista nella rossa Ferrara: a sorpresa vinse le elezioni scolastiche. Poco dopo, sospinti da improvvisa euforia, quelli dell´Asd sfilarono per le vie di Palmanova - dov´era in corso la festa dell´Amicizia - al grido «L´Emilia è rossa/la faremo bianca», come ha raccontato divertita Marina Gionchetti, ora avvocato civilista, alla "Nuova Ferrara". E quando assassinarono Moro fu Franceschini a parlare a nome dei movimenti giovanili in una piazza municipale punteggiata di bandiere rosse e bianche. Aveva 20 anni. Si diplomarono tutti insieme, nel´77: Franceschini prese 36, Bratti 40. «Studiava poco, anche se scriveva bene». La vocazione letteraria non era ancora sbocciata. S´iscrisse alla facoltà di legge, fu il primo della classe a laurearsi con 110. Insieme si ritrovarono anche in consiglio comunale, parecchi anni dopo, da uomini fatti: battesimo indimenticabile, anche perché rubarono ad entrambi la bici nuova di zecca. Franceschini era zaccagniniano, e nel suo sito ha un link dove gli allievi e gli amici dell´"onesto Zac" da anni assemblano aneddoti, ricordi, frasi. Un giorno Zaccagnini venne a Ferrara e fece un gran discorso al teatro Verdi, «e c´erano un sacco di noi comunisti ad applaudirlo», rammenta Bratti. Sopraggiunse il riflusso, e i ragazzi del Roiti dovettero farsi una posizione. Bratti andò in America, a fare ricerca, e Franceschini fece l´avvocato e coltivò la sua vocazione politica: la Dc, il Ppi, i Cristiano sociali, la Margherita, il Pd da delfino di Veltroni. La Gionchetti non sembra stupita dell´esito di questi giorni: «Alle assemblee non lo fischiavano mai. Era rispettato anche allora». «Dario è bravo, e anche furbo: ve ne accorgerete presto», sostiene Bratti. I Franceschini erano borghesi, (suo padre Giorgio fu anche deputato democristiano centrista, negli anni Cinquanta), con una casa grande, le cui stanze venivano spesso affittate a studenti, anche stranieri. «Molti ne avevano le chiavi, la porta era sempre aperta, ricordo feste memorabili» (Bratti). Il padre, civilista, ha studio in Corso Giovecca, Dario in via Bersaglieri del Po: due strade mitiche nella geografia di Giorgio Bassani. «Dov´è finita la Costituzione? La s´è imbusada», brontolava l´altro giorno l´anziano genitore del neoleader. L´ha ritrovata in un angolo della libreria, una vecchissima copia del Dopoguerra. «Il discorso di Dario davanti all´assemblea m´è piaciuto, aveva una bella carica: penso che vada bene, ma deve durare a lungo. L´importante sarà non montarsi la testa. Gli dico sempre che è solo prestato alla politica e che prima o poi dovrà tornare alla professione. La politica non ti dà da mangiare fino a 90 anni».