Luca Iezzi, la Repubblica 23/02/2009, 23 febbraio 2009
«Nel momento in cui i governi stanno cercando di forgiare un sistema finanziario mondiale più stabile, la lotta ai paradisi fiscali è uno dei temi che vanno affrontati con urgenza»
«Nel momento in cui i governi stanno cercando di forgiare un sistema finanziario mondiale più stabile, la lotta ai paradisi fiscali è uno dei temi che vanno affrontati con urgenza». Le parole del segretario generale dell´Ocse, Angel Gurria, dell´ottobre scorso, sono profetiche. L´associazione di paesi sviluppati con sede a Parigi è un po´ il braccio internazionale nella lotta l´evasione fiscale: è l´Ocse che tiene la "lista nera" dei paesi che si rifiutano di collaborare e condividere le informazioni sui capitali di cittadini stranieri. Sarà aggiornata a giugno prossimo e al momento contiene tre "recidivi" (Monaco, Andorra e Liechtenstein) gelosi dei propri segreti, più una seconda cerchia di una quarantina che stanno firmando accordi bilaterali con i paesi sviluppati per aumentare la trasparenza su segreto bancario e sistema fiscale. La posta in palio sono quei 5.000-7.000 miliardi di dollari (sempre stima Ocse) di capitali esteri al sicuro nei paradisi fiscali. Capitali considerati in parte frutto di evasione, riciclaggio e corruzione e che possono aver contribuito a gonfiare la crisi. La cooperazione cresce (dal 2000 ad oggi sono 44 le intese bilatelari firmate), ma si tratta di piccoli passi e più che eliminare il problema si limitano far cambiare destinazione agli evasori. Bermuda ha siglato un protocollo con Washigton e molte società di Wall Street hanno traslocato in Svizzera. I successi in questa lotta sono stati a dir poco sporadici: Charles De Gaulle nel 1962 schierò agenti della dogana sulle strade che portavano al principato per convincere il principe Ranieri a far pagare le tasse ai cittadini francesi residenti a Montecarlo. L´Italia avviò uno dei primi condoni del settore con lo "scudo fiscale", imitato da altri paesi. Solo un anno fa lo scandalo sui 1.400 nomi di correntisti europei in Liechtenstein sembravano segnare la fine dei paradisi fiscali all´interno della Ue (Lussemburgo, Austria, isole della Manica) o quelli confinanti (Svizzera e Liechtenstein). Invece nemmeno la direttiva europea che dovrebbe parificare i sistemi nell´Unione è stata ancora approvata. Stesso discorso per la guerra al riciclaggio: secondo la Banca mondiale ogni anno tra i 1.000-1.600 miliardi di dollari frutto di attività criminali (la metà da paesi poveri) arrivano nelle oasi. Le task force internazionali hanno ottenuto pochi successi nel bloccare i flussi e impedire che in queste "terre senza legge" capitali puliti e sporchi si mischino senza essere più distinguibili. La svolta, se vera svolta sarà, arriva dagli Usa: i salvataggi delle banche hanno di nuovo portato al centro dell´attenzione la quantità di denaro che i grandi gruppi finanziari hanno parcheggiato offshore. Citigroup ha ottenuto dall´amministrazione Bush iniezioni di capitale per 45 miliardi e garanzie su perdite per altri 300 miliardi. Perdite maturate anche nella 427 controllate nei paradisi fiscali nel mondo. Bank of America (20 miliardi di aiuti e garanzie per 118 miliardi) ne ha 115, Jp Morgan 50. I congressisti americani hanno chiarito che i soldi dei contribuenti non possono salvare banche che invece riuscivano a non pagare tasse sui capitali propri e dei clienti. Di qui anche l´offensiva nei confronti della filiale americana della svizzera Ubs. E deve finire anche la giungla priva di regole degli hedge funds. I fondi più rischiosi e speculativi hanno spesso la propria sede legale offshore: prima del crollo amministravano 2.000 miliardi di dollari, spesso sottoscritti dalle stesse banche che puntavano ai loro rendimenti stratosferici ed esentasse per accrescere gli utili. Invece ora i fallimenti a catena trasformano i loro titoli nei famosi "asset tossici" che gli Stati dovrebbero accollarsi. Nella sua breve esperienza da senatore Barack Obama propose una legge che vietava a società e banche che facevano affari con enti pubblici di tenere controllate nei paradisi fiscali. Ora, da presidente, e con l´appoggio dei big europei, potrà provare a completare la sua battaglia.