Giorgio Meletti, Corriere Economia 23/2/2009, 23 febbraio 2009
DI GIORGIO MELETTI
Chi c’era la racconta come una scena degna del miglior Gogol. All’ indomani della sconfitta di Renato Soru alle regionali sarde, nella modernissima sede di Tiscali alla periferia di Cagliari c’è stato un momento di panico. Alcuni dei quasi ottocento dipendenti hanno cominciato a riordinare freneticamente la scrivania, subito seguiti da altri per contagio imitativo. Si era sparsa la voce che il capo, dopo anni di esilio obbligato per la legge sul conflitto d’interessi, stesse venendo a farsi un giro in azienda. A Sa Illetta (l’isoletta, in sardo) una leggenda degna della Chester Perry vuole che Soru non sopporti di vedere la lucidità dei tavoli interrotta da oggetti superflui e che non si trattenga dal criticare l’inadempiente.
L’ex governatore sarà stato contento di sapere che il falso allarme ha portato pulizia sulle scrivanie. Ma i disordinati di Tiscali possono stare tranquilli. Il fondatore, per ora non torna. Dopo la batosta elettorale ha espresso il proposito di continuare a fare politica come capo dell’opposizione al neo eletto presidente Ugo Cappellacci e come costruttore del Partito Democratico in Sardegna. E soprattutto tra Soru e il business è rimasto un diaframma invalicabile, la severa legge regionale sul conflitto d’interessi da lui voluta, che non prevede alcuna distinzione tra il ruolo di presidente della giunta e quello di consigliere regionale. Anche sedendo sui banchi dell’opposizione Soru dovrà lasciare affidate al blind trust, cioè all’avvocato cagliaritano Gabriele Racugno, le azioni nelle società quotate e nelle aziende editoriali. Cioè Tiscali e l’Unità.
Per tornare a occuparsi di Tiscali, la sua creatura, Soru dovrebbe dunque dimettersi dal consiglio regionale e chiudere la sua parentesi politica.
Al di là dell’incompatibilità giuridica, nell’ imprenditore di Sanluri c’è un elemento caratteriale che chi lo conosce bene non sottovaluta: la sua determinazione gli impone di fare una cosa per volta, full time. Nonostante il «destino cinico e baro » delle urne non è stufo della politica. Al contrario, chi gli ha parlato dopo la sconfitta giura ha trovato in lui una voglia di rivincita comprensibile in un uomo che finora aveva vinto tutte le sue partite.
Un altro elemento milita contro l’ipotesi di un ritorno in azienda. La vita imprenditoriale di Soru è stata una successione di start-up di successo. Non si è mai misurato con fasi di consolidamento o addirittura di arretramento come l’attuale momento di Tiscali. «Se ha mollato la sua azienda cinque anni fa per mettersi a fare politica, perché mai dovrebbe essergli tornata oggi la voglia di occuparsene?», osserva un ex manager della società cagliaritana.
Deluso dall’ingratitudine degli elettori sardi, evidente in alcune zone che hanno ricevuto importanti benefici dalla sua azione di governo, Soru sa che anche la parabola di Tiscali porterà amarezze. Aver creato dal nulla migliaia di posti di lavoro in una regione dove nessuno lo aveva mai fatto prima è un merito che oggi non compensa i mugugni per quel centinaio di persone allontanate da Sa Illetta con esodi incentivati. E aver fatto nascere a Cagliari un colosso internettiano di dimensioni internazionali sembra contare meno del clima di sconfitta che accompagna il ridimensionamento dentro i confini nazionali.
Per tutte queste ragioni il percorso prossimo venturo di Tiscali, salvo sorprese, sembra definito. Il timone rimane nelle mani dell’amministratore delegato Mario Rosso, che continua, in totale autonomia, a inseguire il traguardo considerato oggi decisivo: superare la lite sul prezzo e concludere la vendita a BSkyB (cioè a Rupert Murdoch) delle attività inglesi, vero e proprio gioiello del gruppo che rappresenta oltre metà del fatturato. Con la conseguente drastica riduzione dei debiti e quindi degli oneri finanziari, unita alle altre mosse di ristrutturazione industriale, diventerebbe raggiungibile l’obiettivo di portare al pareggio di bilancio, per la prima volta dalla nascita, una Tiscali più piccola e con velleità internazionali ridimensionate.
Intanto gli ammiratori del Soru imprenditore - che dieci anni fa vantava una ricchezza personale di 10 miliardi di euro e oggi, non avendo mai monetizzato le azioni di Tiscali, è accreditato di un patrimonio inferiore ai 100 milioni - aspettano che gli venga un’altra idea.