Maurizio Molinari, La Stampa 23/2/2009, 23 febbraio 2009
Stabilire una rigida sorveglianza sugli hedge funds è un’idea probabilmente giusta, ma resta da vedere se sia fattibile»
Stabilire una rigida sorveglianza sugli hedge funds è un’idea probabilmente giusta, ma resta da vedere se sia fattibile». Edward Tarallo, direttore esecutivo della banca Wells Fargo a Manhattan, legge con un misto di attenzione e perplessità le notizie che arrivano da Berlino. I leader dell’Unione Europea si dicono a favore di regole feree per tutti i prodotti finanziari, hedge funds compresi. Lei che è un veterano dei mercati di Wall Street cosa ne pensa? «Penso che se la comunità internazionale si accorda per dare maggiore stabilità e credibilità ai mercati è positivo, ho però qualche dubbio sulla fattibilità del controllo degli hedge funds, qui o altrove». Per quali motivi? «Si possono stabilire regole più stringenti. Ad esempio sulla percentuale di quanto deve essere versato come anticipo delle singole operazioni. Ma sappiamo che ogni regola, anche la più ferrea, può essere aggirata. L’interrogativo è di più ampia portata». Ovvero... «La Germania, o un gruppo di Paesi, possono anche decidere regole. Resta da vedere se saranno rispettate nei Paesi dove la maggioranza degli hedge funds sono basati. vero che molti sono qui negli Stati Uniti ma altrettanti, se non di più, sono alle Virgin Islands, alle isole Cayman, in Svizzera, in Linchestein e altrove. Un cittadino tedesco potrà aggirare le regole operando in Svizzera o Linchestein su hedge funds delle Cayman. Il nodo sono anche i paradisi fiscali». Che impatto avrebbero tali nuove regole sugli hedge funds? «Gli hedge non sono tutti uguali. Ne esistono almeno un centinaio di tipi. Si tratta di capitali messi insieme da investitori che poi si affidano ad un manager decidendo singoli modi di operare sui mercati. Parlare genericamente di hegde è assai vago». Lei ritiene che gli Stati Uniti potrebbero accettare al summit di Londra del G20 tali proposte in arrivo dagli europei? «L’era di Bush è alle spalle, gli Stati Uniti hanno un nuovo approccio alle relazioni internazionali teso ad una maggiore collaborazione, e non credo che Obama possa rifiutare di dare più credibilità ai prodotti del mercato finanziario. A mio avviso il problema non è politico ma tecnico. Non è detto che le regole siano efficaci». A suo avviso sono necessarie? «Ciò che conta in questo momento non è tanto mettere sotto contro gli hedge funds quando riavviare l’economia. Negli ultimi tempi i maggiori controlli sulle vendite a breve termine non hanno ripristinato la fiducia. Se i mercati finanziari continuano a scendere non è per colpa di questo o quel prodotto ma della sfiducia. Chi prima metteva i soldi in borsa ora ritiene che sia meglio tenerli sul conto in banca o a casa. Per la prima volta nella storia americana i genitori temono che il futuro dei loro figli sarà meno roseo della vita che loro hanno avuto. Dubito che qualsiasi forma di regolamento possa mutare questo stato d’animo. Serve ben altro».