Fabio Cutri, Corriere della Sera 23/02/2009, 23 febbraio 2009
Ci pensa Riccardo Muti a gettare benzina sulla querelle – già piuttosto infuocata, per la verità – tra l’ex braccio destro di D’Alema chiamato da Bassolino a dirigere la politica culturale campana e un compositore napoletano le cui regie hanno fatto il giro del mondo
Ci pensa Riccardo Muti a gettare benzina sulla querelle – già piuttosto infuocata, per la verità – tra l’ex braccio destro di D’Alema chiamato da Bassolino a dirigere la politica culturale campana e un compositore napoletano le cui regie hanno fatto il giro del mondo. L’assessore al Turismo Claudio Velardi bolla il maestro Roberto De Simone quale perfetto esempio di «tutti i vizi di una città che sta morendo»? Muti affida al Mattino la sua replica a quello che ritiene un attacco «ingiusto e volgare»: «Viene trattato a calci nel sedere, mentre Napoli dovrebbe essergli molto grata, lui rappresenta l’anima della città». Tutto nasce dal rifiuto di De Simone, classe ’33, ex direttore del Teatro San Carlo e autore della celebre Gatta cenerentola, di allestire una mostra dedicata all’istruzione musicale a Napoli nel Settecento. A gennaio De Simone accetta l’incarico, poi, una settimana fa, denuncia l’ingerenza della Regione e congela il suo progetto. A questo punto Velardi, decisamente alterato, gli invia una lettera accusandolo, con le sue «piccole rivendicazioni e i rancori quotidiani », di «incarnare il più assoluto immobilismo» di cui sono ormai preda gli intellettuali cittadini. La missiva (strettamente privata, almeno nelle intenzioni dell’assessore) finisce con il creare un vespaio. De Simone, offesissimo, sceglie di non replicare. Il fatto che in sua difesa sia ora intervenuto Muti, anche lui napoletano e massimo esponente italiano della cultura musicale a livello internazionale, gli ha tolto ben più di un sassolino dalla scarpa: «Sono grato a Riccardo, del resto lui mi conosce molto bene ed è perfettamente informato di ciò che ho fatto per Napoli, come ad esempio donare tutta la mia collezione al Conservatorio. Vale qualcosa come un miliardo, chissà se l’assessore lo sa?». E con la mostra, che è successo? De Simone racconta che dal 2000 il ministero dell’Istruzione gli ha affidato l’incarico di curatore del patrimonio culturale del Conservatorio, lavoro svolto a titolo completamente gratuito. Sempre a costo zero, il musicologo e compositore ha accettato su richiesta del direttore del San Pietro a Majella Niccolò Parente di organizzare l’esposizione che doveva raccontare come gli allievi di tre secoli fa si misuravano con la musica barocca. Ci lavora da gennaio, per marzo tutto sarebbe pronto. Ma la settimana scorsa decide di uscire di scena: «Mi è stata consegnata una lettera in cui un collaboratore della Regione mi informava di essere stato designato quale unico referente del mio stesso progetto, che veniva inserito in una serie di altre tre mostre intitolata La Città Cantante». De Simone, sentendosi mancare quella totale autonomia che gli era stata garantita, mette un veto sul lavoro già fatto: «Se vogliono fare un’altra mostra, la facciano pure. Non la mia, questo va da sé». Una ricostruzione alla quale Velardi aggiunge qualche particolare. L’assessore sostiene di essere stato molte volte a casa del maestro per spiegargli il contesto culturale – che dovrebbe culminare a fine anno con l’apertura del Museo della musica – in cui era stato collocato il suo progetto. Non solo, Velardi rivendica anche il merito di aver rimesso in circolo De Simone: «In questi anni era stato emarginato e io, che lo stimo, questo sia chiaro, ho riallacciato i fili con lui. Il problema è che si è comportato da primadonna. Del resto fanno tutti così, questa è una città piena di simpatici intellettuali che discutono della rava e la fava o si fanno la guerra tra di loro ma poi, di cultura, ne producono ben poca. Meno male che ci sono i giovani registi e i giovani scrittori a darci un po’ di respiro... ». Un muro contro muro insuperabile quello tra il politico e il compositore? Non proprio. Sì, De Simone dice di non voler fare dietrofront, però «se mi restituissero piena autonomia... beh, tornerei in campo con il mio progetto». L’obiettivo di Velardi è allestire la mostra e aprire il Museo: «Non ho nessun problema, sono pronto a dare a De Simone ciò che chiede. Certo, questa sarebbe la dimostrazione che sugli intellettuali napoletani ho proprio ragione io».