Andrea Tarquini, la Repubblica 20/2/2009, 20 febbraio 2009
EST EUROPEO SULL’ORLO DEL BARATRO BERLINO E VIENNA PRONTE AL SOCCORSO
Allarme rosso per l´Europa centro-orientale, l´Est dell´Unione europea (Ue). Ecco il nuovo fronte della grande crisi mondiale. Crollo degli ordinativi dell´industria, svalutazione delle valute nazionali, forti timori per il sistema bancario locale controllato in maggioranza da global players occidentali. Si salva solo la Slovacchia, appena entrata nell´euro. Per le giovani democrazie è la sorpresa più amara, vent´anni dopo l´alba della libertà, lo storico �89 della caduta dell´Impero sovietico e del Muro di Berlino. L´Austria ha lanciato un appello a un´azione urgente dell´Occidente a sostegno del sistema bancario dei vicini. Robert Zoellick, presidente della Banca mondiale, ha chiesto alla Ue di muoversi subito per i suoi nuovi membri. La Germania si dice pronta ad aiutare i paesi già membri dell´area euro minacciati da debito e disavanzo.
«L´Europa è unita da appena vent´anni, sarebbe una tragedia se permettessimo alla grande crisi di dividerla di nuovo», dice Zoellick al Financial Times. Vuole agire di concerto col Fondo monteario internazionale e le banche d´affari. Ma divisioni di fatto già riemergono: il premier polacco Donald Tusk ha proposto un summit separato del centro-Est a margine del prossimo vertice europeo. E il presidente euroscettico cèco Vaclav Klaus tuona all´Europarlamento che l´Europa non gli piace e gli ricorda l´Urss.
La crisi internazionale ha scatenato il crollo degli ordinativi alla pur modernissima industria manifatturiera delle giovani democrazie, nata o trasformata da realtà obsoleta a tempio della high-tech competitiva e iperproduttiva dopo la caduta del comunismo. I crediti delle industrie i cui profitti crollano pesano sulle banche locali, controllate da quelle dell´ovest che si sospetta siano tentate di ritirare capitali. Le valute locali precipitano, rincarando l´indebitamento con l´estero. Gli indici delle Borse locali quasi tutti in caduta libera. Vediamo la situazione paese per paese.
POLONIA. Fu il paese che aprì la strada alla rivoluzione democratica dell´89, poi la tigre economica dell´est e lo Stato con la valuta più forte. Ora la crescita del Pil precipita, dopo anni di tassi quasi cinesi. Lo zloty, da anni agganciato prima al marco poi all´euro, ha perso oltre un quarto del suo valore. Il premier Tusk ha promesso interventi se scenderà a 5 zloty per euro, sfidando i consigli di Bruxelles di tacere sui cambi. Il ministro delle Finanze Jacek Rostowski prepara drastici tagli alla spesa per ridurre il debito, e rifiuta pacchetti di sostegno alla congiuntura.
REPUBBLICA CECA. E´ tornata il bastione industriale e tecnologico di prima del comunismo, l´industria di auto, macchinari, elettronica, avanzatissima e in gran parte a forte partecipazione tedesca, francese o asiatica, ha visto crollare gli ordini. Il sistema bancario è ancora solido ma si temono disinvestimenti occidentali, e soprattutto i pessimisti parlano di pericolo di recessione con un calo del Pil del 5 per cento.
SLOVACCHIA. E´ la felice eccezione: anche qui altissimo peso della produzione industriale ad alto contenuto tecnologico (auto di qualità ed elettronica). Il Pil nelle prognosi per il 2009 scenderà da un impetuoso aumento del 7,4 per cento l´anno scorso a un modesto 2,4. Brusca frenata, ma è sempre crescita, non recessione. Il premier socialdemocratico Robert Fico rafforza il welfare per aiutare i ceti deboli e programma investimenti nelle infrastrutture. L´adesione all´euro protegge Bratislava da tempeste monetarie.
UNGHERIA. E´ il grande malato tra i membri orientali della Ue. Lo Stato era sull´orlo della bancarotta per l´iperindebitamento. E´ stato salvato in extremis con un pacchetto di aiuti di 20 miliardi concesso in corsa da Banca Mondiale, Banca centrale europea e Fmi. Il pil è già calato del 2,1 per cento a fine 2008. Forti tensioni politiche, con una pericolosa aggressività di piazza dell´ultradestra razzista.
ROMANIA. Dopo anni di sviluppo impetuoso grazie a forti delocalizzazioni industriali della Vecchia Europa, anche Bucarest trema, teme il disinvestimento e affronta la massiccia svalutazione del lei, la valuta nazionale, caduta del 20 per cento, la Borsa è stata vittima di speculazioni. La banca nazionale prevede un forte calo della crescita del Pil.