Felice Cavallaro, Corriere della sera 20/2/2009, 20 febbraio 2009
LAMPEDUSA, NEL CPT DELLA RIVOLTA PER ANDARE VIA MANGIANO LAMETTE
diventata l’isola degli alberghi- caserma e non è un bel vedere per i titolari della Baia Turchese, dei Dammusi di Cala Creta, dei Paladini o del Medusa, tanto per citare alcune delle strutture dove in passato a febbraio non si riusciva più a prenotare un posto letto per Pasqua. Eppure, turisti a parte, sono quasi tutti pieni. Di militari, appunto. Cinquecento uomini che la sera riempiono ristoranti e pizzerie dopo aver passato la giornata insaccati in tute antisommossa con elmi e scudi davanti a quell’inferno del Centro clandestini. O facendo la spola col poliambulatorio per soccorrere il tunisino che si è iniettato le feci bucandosi le vene con un chiodo, il disperato che ingoia lamette, come fanno altri ingerendo bulloni o pezzi di legno. Un modo per sperare di volare via in elicottero verso gli ospedali di Palermo, prima tappa per i centri accoglienza di Crotone, Brindisi o delle altre mete di cui hanno sentito parlare sulle coste africane da amici e parenti poi fuggiti via verso un destino tutto da costruire.
in questa fucina rovente che s’è scatenata l’ira di chi mercoledì ha ridotto in cenere metà del Centro. Un piano ben studiato da un gruppo di irriducibili, rimasto impresso nel video registrato dalla polizia. Immagini che richiamano gli scontri degli ultrà negli stadi.
Con 70 tunisini che si sono prima scagliati contro i loro compagni affamati, pronti ad andare in mensa al secondo giorno di digiuno, e che poi hanno cominciato a rovesciare sportelli, ferro, legno, sassi, rubinetti contro cordoni di agenti costretti ad intervenire quando i clandestini stavano ormai spalancando il cancello. Allora è stata la volta dei fumogeni. Lanciati alle spalle dei rivoltosi. Ma il vento ha rovesciato l’onda acida verso i poliziotti obbligati ad arretrare. Quanto è bastato perché una parte degli irriducibili si chiudesse dentro una delle camerate appiccando il fuoco ad una montagna di materassi.
«E hanno rischiato di morire in una strage sfiorata », racconta il questore Girolamo Di Fazio che a ventiquattro ore dal disastro divideva gli irriducibili fra i 20 arrestati ieri sera e i 50 trasferiti in centri del Nord con altri 250 clandestini. Un modo per svuotare camerate bruciacchiate e cercare di arrivare via via a quota 500, la metà di quanti ce n’erano nel mercoledì di fuoco.
Di questa guerra nel centro abitato s’è visto il fungo di fumo alzarsi come l’effetto di una bomba, mentre incredibilmente non si trovavano nemmeno vigili del fuoco per spegnere le fiamme e il poliambulatorio precipitava nel caos. Qui, fra medici e infermieri affannati, si vive il dramma di una trincea dove corre Giusi Nicolini, storico leader di Legambiente: «Vogliamo stare anche noi vicini ai sanitari che curano questi ragazzi tanto disperati da iniettarsi le feci in vena con ogni sistema, o quelli che si lanciano dal balcone per rompersi le vertebre». E la conferma arriva da Roberto Zagami, il radiologo che deve passarli ai raggi X anche per stabilire l’«età ossea»: «Noi medici finiamo per dovere decidere se un ragazzo ha meno o più di 18 anni, se deve restare in Italia come minore o se deve essere rimpatriato. Controllando lo sviluppo del radio, di un polso. Con mille dubbi. E sia chiaro che nel dubbio umanità impone di credere all’immigrato».
questa pietas che si ripresenta parlando con chi sta in prima linea e con chi sorprende perfino un agente di guardia, come fa Paola La Rosa, un tempo avvocato a Palermo, da sei anni col suo compagno Carmelo titolare a Cala Pisana di una pensione sul mare: «Ma lo sai che in agosto per badare a duemila clandestini c’erano 23 carabinieri? ». E quello stupito replica frastornato: «Ma adesso siamo 500». E Paola l’albergatrice: «Perché da centro accoglienza dove gli immigrati stavano due, tre giorni, l’avete ridotto a un carcere dove non si può resistere 50 giorni».
E le dà man forte un’altra innamorata di Lampedusa che ha lasciato Roma, Paola Pizzicori, da biologa ad artigiana, pronta a descrivere l’altra faccia del disastro: «Non ci sono prenotazioni per Pasqua. Il mio negozio non riapre. Né posso vendere le mie decorazioni ai carabinieri. Ma così si militarizza tutto e si distrugge una microeconomia che marciava sulle sue gambe». E bisogna sentire la voce di una ragazza come Mariangela Greco, 25 anni, per capire come vive una famiglia: «Mio padre manutentore in un albergo, mia madre cuoca in un altro. Lavorando da giugno a settembre ci hanno tirato su facendoci studiare fuori. Qui viviamo tutti così. Senza pensioni di invalidità. Ma se ci togliete tutto...». E arriva l’eco di Gianfranco Rescica, un quarantenne smilzo che faceva il sarto a Torino per Valentino, Ferrè e Armani: «Licenziato perché rumeni e cinesi costano meno. Sono tornato a casa e mi sono inventato un lavoro. Il turismo naturalistico. Accompagno turisti nelle aree protette. Fino alla punta da dove si vedono Linosa e Lampione. Ma adesso ci sono i posti di blocco e l’altro giorno mi hanno fermato armati. E dove li porto i turisti?».
Sono i quesiti che rimbalzano alla Bit di Milano dove un gruppo di lampedusani vive l’imbarazzo di pubblicizzare spiagge stupende come l’Isola dei Conigli. il caso di Ezio Bellocchi, il titolare dei Dammusi di Cala Creta che in estate organizza una rassegna cinematografia con Massimo Ciavarro: « dura la strategia dei "nasi lunghi". Ripetiamo a tutti di non preoccuparsi, di scommettere sul-l’estate di Lampedusa. Ma ci scambiano per mercanti di merce avariata. arrivata l’ora della svolta ». l’appello lanciato dall’avamposto d’Europa nel Mediterraneo. Perché nulla bruci. Visto che mancano perfino i pompieri.
Radiografie
«Noi medici decidiamo tra mille dubbi se un ragazzo ha meno o più di 18 anni, se deve restare in Italia o no controllando su una radiografia lo sviluppo del radio»