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 2009  febbraio 19 Giovedì calendario

ECCO IL PIANO SALVA-BANCHE DELLA UE

Il passaggio più crudo è buttato lì in due righe. «Ormai è chiaro che gli investitori stanno cominciando sempre più a discriminare tra le varie emissioni sovrane sulla base del rischio di credito. In questo contesto», si legge nel dossier della Commissione europea sul trattamento dei titoli tossici bancari, «potrebbe essere appropriato focalizzare le misure di miglioramento degli asset su quelle banche che hanno un’importanza sistemica». Insomma, qualcosa di molto simile a quanto sta accadendo nel settore automobilistico, dove, causa la crisi, è ormai dato per scontato che in Europa a breve ci potrebbe essere un’azienda in meno. uno dei passaggi fondamentali del draft di Bruxelles che MF-Milano Finanza continua a pubblicare e che contiene anche la stima monstre di 18.000 miliardi di euro di asset bancari a rischio tossicità. Il documento, dal titolo Treatment of impaired assets in the Eu banking sector, scritto in contatto con la Bce e attualmente sulla scrivania dei ministri finanziari e dei governatori dei Paesi membri della Ue, avrebbe già causato l’irritazione del Presidente francese Nicolas Sarkozy e del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, in quanto traccia a tavolino un Piano Marshall per il settore del credito. Ecco i tre principi fondamentali.
Primo, agire subito. Le prospettive sull’aggravarsi della crisi costringono tutti i governi a rivedere i propri piani di sostegno del mondo del credito perchè «fin da ottobre 2008 le autorità erano a conoscenza dei rischi di una catastrofe finanziaria (nel testo letteralmente financial meltdown, ndr) ma «l’evoluzione dell’economia negli ultimi mesi dall’annuncio delle misure anti-crack è divenuta meno favorevole e in molti Paesi dell’Unione sono evidenti i segnali di credit crunch». Dunque i piani fino a oggi «non sembrano aver risolto il problema», per questo serve un’immediata ricognizione su tutti gli asset a rischio delle banche. La ricetta proposta è la bad bank con garanzia statale. Le strade tracciate dal dossier della Commissione sono due: creazione di una bad bank statale per ciascun Paese europeo (o addirittura per ciascun istituto di credito nazionale) per scindere gli impieghi buoni da quelli cattivi, ovvero un sistema di assicurazione degli asset. In questo caso le banche che abbiano asset tossici nei loro bilanci potrebbero «avere una garanzia dello Stato contro le possibili perdite» senza per questo far uscire dall’istituto il pacchetto in sofferenza. La Commissione nota peraltro che una tale soluzione «creerebbe le condizioni per il generarsi di conflitti di interesse in quanto sarebbero direttamente le banche a scegliere quali asset svalutare e assicurare, senza peraltro arrivare a una vera e propria operazione trasparenza». Delle due soluzioni la Commissione Barroso propende quindi per la bad bank, tanto da ricordare, in un’appendice del testo, alcuni salvataggi storici effettuati in Europa, come ad esempio il Banco di Napoli, risanato proprio con lo strumento della banca cattiva e poi privatizzato.
Il terzo punto del draft,forse quello più importante, è il richiamo sulla «sostenibilità» dei piani di salvataggio. «L’impatto a breve termine sul debito pubblico potrebbe essere molto significativo», scrivono ancora i tecnici a pagina 6, e i vincoli di bilancio di molti Paesi ad alto debito che hanno anche banche con attività trasfrontaliere (è il caso dell’Italia) «sono ormai evidenti tanto da emergere dagli stessi rendimenti dei titoli governativi». Non a caso i mercati hanno registrato in questi ultimi giorni un nuovo forte aumento del rischio di default degli Stati sovrani, con un contemporaneo effetto di flight-to-quality che ha premiato come sempre i titoli governativi degli Stati con le economie più forti e ha avuto la ormai nota conseguenza di ampliare gli spread di rendimento dei titoli governativi delle economie più deboli. Ieri lo spread tra i Btp e i Bund a 10 anni era ancora attorno ai 150 punti base, dai 130 punti cui si era tornati la scorsa settimana, pur in presenza di un nuovo calo dei rendimenti del Btp ieri al 4,49%. E se il Bund appunto attrae i maggiori flussi di denaro, resta il fatto che ieri gli spread sui Cds della Germania hanno raggiunto il massimo storico a oltre 61 punti. Certo, sempre tre volte meno dei quasi 187 punti dei Cds dell’Italia. Ciascun Paese, Italia, Francia, Spagna, Germania, dovrà dunque ben ponderare tutti gli interventi, tenendo ben presenti i rapporti debito/pil e comunicandoli a Bruxelles. Ma, soprattutto, spetterà alle banche «prioritariamente», prima dunque del varo di qualsiasi piano di salvataggio, di svelare la quantità di «impaired asset», cioè degli asset davvero svalutati, proprio come ha ammonito il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi all’ultima riunione del G7.
Ma il piano pone un’ultima, cruciale questione. Chi pagherà il costo di tali miliardarie svalutazioni? Il paragrafo 6.2 del testo fa una proposta shock. Gli azionisti e i creditori delle banche dovranno inevitabilmente condividere con i governi il fardello delle svalutazioni, prevedendo da un’adeguiata remunerazione in caso di bad bank o clausole di first loss che coprano le perdita con una franchigia del 10% in caso di schema assicurativo. E nel caso in cui la svalutazione degli asset dovesse portare all’insolvenza di banche importantia livello di sistema, azionisti e obbligazionisti dovrebbero condividere unaparte significativa delle perdite attese. In particolare, gli azionisti dovrebbero sostenere le perdite almeno fino alla concorrenza del rispetto dei ratio patrimoniali, mentre i possessori di bond subordinati non potranno che «convertire il loro credito in azioni».