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 2009  febbraio 19 Giovedì calendario

Francesco Forte Emma Mercegaglia non è il solito presidente della Confindustria ”corporativo” che chiede benefici per le imprese, senza curarsi del modo come debbono essere trovati i soldi

Francesco Forte Emma Mercegaglia non è il solito presidente della Confindustria ”corporativo” che chiede benefici per le imprese, senza curarsi del modo come debbono essere trovati i soldi. Non fa sparate retoriche e avanza proposte del tutto praticabili, basate su valide ragioni. Propone che per un anno le somme che le imprese sono obbligate a versare all’Inps, per le indennità di fine rapporto, il Tfr, vengano trattenute nelle imprese, per alleviare i loro problemi finanziari o vengano incanalate a un apposito fondo di garanzia, che serva per sbloccare il credito alle piccole e medie imprese. Suggerisce, poi, che se lo Stato, gli enti locali e le Regioni non sono in grado di pagare con celerità i loro debiti alle imprese per beni e servizi ricevuti, la Cassa Depositi e prestiti potrebbe effettuare le anticipazioni di tali crediti, diventando poi a sua volta creditore dello stato. Vengo adesso alle due proposte maggiori, che sono fra loro alternative, quella di non versare il Tfr all’Inps e trattenerlo nelle imprese o usarlo come leva per espandere il credito. Va ricordato che la norma di avocazione all’Inps del Tfr deliberata dal governo Prodi è stata un abuso e un errore. Un abuso, in quanto le indennità di fine rapporto sono un obbligo delle imprese che scade quando il rapporto con il lavoro cessa e non prima. E quindi l’avocarle all’Inps è stato un esproprio privo di giustificazione. E un errore, in quanto quei soldi, nelle imprese, costituivano un mezzo importante di autofinanziamento. Ai lavoratori conviene che le imprese in cui lavorano abbiano mezzi di autofinanziamento abbondanti. Lo spostamento dei soldi dalle imprese all’Inps li ha distolti da impieghi produttivi a impieghi economicamente infruttiferi. In termini economici è stata una distruzione netta di risparmio. Mi pare saggio che si faccia, almeno transitoriamente, macchina indietro, ora che è più che mai necessario fare riaffluire il risparmio alle imprese onde evitare che una crisi, che è nata nel cattivo funzionamento dei meccanismi della finanza creditizia, si trasformi in una crisi dell’economia reale, che è poi la base stessa su cui si fonda un sistema creditizio e previdenziale sano. Se dovessi scegliere fra le due alternative suggerite dalla presidente della Confindustria, opterei per la seconda, che mi pare dotata di un effetto più ampio e che non appare atta a creare problemi di copertura dell’onere, per lo Stato, in quanto il denaro in questione anziché all’Inps va a un altro soggetto facente parte dell’operatore pubblico. Ma ciascuna delle due soluzioni ha dei meriti. La terza proposta, quella di attivare la Cassa Depositi e Prestiti per accelerare i pagamenti dei debiti delle amministrazioni pubbliche, che stanno pagamento in ritardo, mi sembra ultra sensata. Infatti attualmente le imprese sono stressate non solo dalla carenza di credito bancario, ma anche dal fatto che le loro fatture vengono saldate con molto ritardo. Si è creata una catena molto pericolosa. L’impresa A ritarda i pagamenti all’impresa B per ridurre il proprio fabbisogno di contanti. Ma a sua volta l’impresa B che non viene pagata dalla A ritarda i pagamenti alla C., perché, per farlo, aspetta di essere pagata dalla A. E così via a catena. Ma spesso la catena è iniziata non da un’impresa che è scarsa di credito, ma da un Comune, una Provincia, una Regione, un’azienda pubblica, da un’Asl e magari da un ministero. Ora ciò è assurdo, in quanto l’operatore pubblico con questa condotta viola le regole del mercato, che esso per primo dovrebbe rispettare, generando un bisogno artificioso di credito nell’economia, proprio nel periodo in cui dovrebbe agire in senso opposto, per combattere la crisi. Dato che esiste una grande Banca pubblica, la Cassa Depositi e Prestiti, che non si trova in crisi, facciamola intervenire, a supplenza degli altri soggetti pubblici. E’ assurdo che, con la crisi che c’è, l’operatore pubblico che deve alleviarla, contribuisca con la sua condotta a a produrla.