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 2009  febbraio 19 Giovedì calendario

ALTERNATIVA CERCASI: A QUESTA SINISTRA NON RESTA CHE LA VIA CRAXI

Via Veltroni ora via Craxi. Voi dite ma che c’entrano le dimissioni di Veltroni con la proposta di intitolare una via di Roma a Bettino Craxi? C’entra, eccome se c’entra. E non solo perchè è la nemesi di Craxi sulla sinistra perdente, la vendetta di Bettino sulla sinistra che lo fece fuori; lui riabilitato e rimesso su strada mentre la sinistra si sfascia e il gelatinoso Walter torna a casa, proseguendo gli studi sul partito democratico da privatista. Ma soprattutto per un’altra, più sostanziale ragione: la sinistra ora più che mai ha bisogno di un Craxi. Ha provato con le mucillagini, da Prodi a Rutelli a Veltroni, ed è stato un fiasco. Ridotta a pappa, la sinistra si è spappolata. Ora, dopo le mammole, è tempo degli orchi; è tempo che si affidi ad un leader decisionista, cazzuto e tosto, leggermente napoleonico, che creda al primato della politica, che non insegua Berlusconi sul piano televisivo o giudiziario, ma lo incalzi sul piano politico e sociale. Che non lo imiti sul suo terreno dell’immagine e della fiction, che non faccia pure lui l’americano, sognandosi Obama e svegliandosi Albertosordi. Ma che sia italoeuropeo, figlio di Mitterrand, versione socialista di De Gaulle, o di Brandt, di Gonzales, delle grandi socialdemocrazie europee e della miglior sinistra italiana, nazionalpopolare. In mancanza di orchi punti sulle donne, a questo punto. Non penso alla versione femminile di Veltroni, tipo Giovanna Melandri. Ma ad una massimadalema come Anna Finocchiaro; confesso di avere un debole per la donna forte della sinistra; ma credo che una come lei potrebbe funzionare. La sinistra ha bisogno di una Bedda Matri.
I brindisi dei sinistri

Ho visto ieri Veltroni che parlava con l’occhio mazziato di Willy Coyote e con la voce del pianto. E parlava parlava, due ore filate, come si fa quando si assume un incarico e non quando lo si lascia. E ho visto nelle ultime ore le facce dei suoi compagni, da Fassino a Bersani, da D’Alema alla Finocchiaro. Beh, sprizzavano una malcelata euforia. I più attoniti mi parevano i margheritici, però Rutelli e Prodi di nascosto avranno brindato.

Qual è stato l’errore capitale di Veltroni? Cercherò di dirlo in modo lapidario e inversamente proporzionale al suo prolisso necrologio politico: Veltroni ha tagliato la sinistra, ha semplificato l’accozzaglia brancaleone di Prodi, ha puntato alla semplificazione e al bipartitismo. Ma dopo questa estenuante cura dimagrante Veltroni si è trovato un partito snello, quasi ridotto all’osso, ma non unito. Dimagrito ma con due anime, diviso come prima, su tutto. E così ridotto, cagionevole e dilaniato, ha patito due malattie letali, una endogena e una esogena. Quella esogena viene dal suo maggior nemico, Berluscone Bonaparte, che ha battuto il Pd su tutti i fronti, Sardegna inclusa. Quella endogena deriva dal suo peggior amico, il Maresciallo Di Pietro, che gli ha rubato pure l’antiberlusconismo che era poi l’unico residuo collante del Partito Democratico. Per la sua ultima manifestazione pubblica, Walter chiamò il precettore, Monsignor Scalfaro, che gli impartì l’estrema unzione in quella seduta spiritica in difesa della Costituzione, roba da conservatori, più che da riformisti.

E qui scatta la voglia di un Craxi. Lui sì che propose la riforma della Costituzione, capì la necessità di modernizzare l’Italia e superare le vecchie zie dell’antifascismo e del pacifismo, del politically correct e della demagogia sindacale, ridare un ruolo e un prestigio al Paese, sdoganare la destra e dialogare con lei, trovare un ruolo mediterraneo ed europeo all’Italia, non appiattito sugli Usa e non sbiadito nel terzomondismo. Un Craxi a sinistra ruberebbe la scena al machismo di Tonino, senza sposarne la visione giudiziaria e antipolitica, anzi al contrario. Craxi pensò uno Stato autorevole che libera il Mercato ma nel primato della politica sull’economia, che apre alla religione e alla Chiesa senza essere clericale: paragonate l’acido anticristianesimo della sinistra laicista di oggi con la posizione che assunse il laico e socialista Bettino autore del nuovo Concordato con la Chiesa. Craxi capì che il problema non era togliere la parola ai preti ma dare prestigio allo Stato e alla politica. Se la Chiesa avanza il problema non è quella di ricacciarla nel privato; ma quella di ridare forza allo spirito pubblico, allo Stato, all’Italia civile. Craxi era per un’Italia laica ed emancipata ma non avrebbe ridotto la sinistra a difendere gay, aborti ed eutanasie, zingari, tossici e clandestini. Altro che le eredità di Berlinguer rivendicata da Veltroni; è Craxi l’unica efficace sinistra di governo che ha prodotto la repubblica italiana. Certo, anche un po’ brigante, affarista e malandrina. Non idealizziamo, non dimentichiamo, vediamo tutti i lati.
L’eredità trasversale

Di quell’eredità trasversale oggi campa mezzo governo Berlusconi: molti dei suoi migliori ministri vengono da Craxi e dintorni. Bene ha fatto Alemanno a proporne l’intitolazione di una via nella Capitale; forse è sbagliata l’ubicazione individuata in largo Febo davanti al Raphael dove Bettino fu vittima del lancio incrociato di monetine, da gente di destra e di sinistra. Credo che il Bettino da riabilitare non sia quello del Malaffare, contestato al Raphael; ma il leader di una sinistra modernizzatrice e riformista che piaceva anche ai moderati, ai cattolici e alla destra. Craxi è stato il miglior politico degli ultimi trent’anni, nonostante abbia avallato un’Italia indebitata, lottizzata e tangentista. Largo a Craxi. Per la sinistra inveltronita, finita in un vicolo cieco, non resta che imboccare la via Craxi.