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 2009  febbraio 19 Giovedì calendario

L’ORA DEL DILETTANTE

Giusto ieri, nel commentare il suicidio politico di Walter Veltroni e nel sottolineare come nessuno quanto lui abbia contribuito a demolire il Pd, dichiaravamo il nostro dispiacere non potendo più contare sul suo apporto per l’annientamento degli ex comunisti e dei cattocomunisti. Dicevamo altresì che il dolore per tale perdita era compensato dalla speranza di non vedere più in tv l’affliggente figura del vicesegretario Franceschini, ex democristiano dall’incerto avvenire.

Ahimé non sarà così: nel destino è scritto che egli rimarrà almeno fino a giugno sulla scena, e ci toccherà udirne ancora il vaniloquio. Ma non tutte le disgrazie vengono per nuocere. Infatti la permanenza di Franceschini al vertice del partito è una garanzia: Berlusconi si aggiudicherà le elezioni europee senza dannarsi come in passato.

L’attuale vice, pur sorretto dall’illusione di essere all’altezza del compito di leader reggente, reca sul volto i segni premonitori del fallimento cui va incontro giulivo. Se il veltronismo (sintetizzabile in una parola, zero) non ha funzionato con Veltroni è scontato non possa funzionare con il ragazzo di bottega, al quale, sia detto con affetto, mancano i fondamentali perfino del venditore di fumo, egli non avendo alcunché da bruciare eccetto l’incenso.

In una puntata memorabile di Porta a Porta, il turiferario, dopo aver menato con abilità il turibolo per circa un’ora, rinfrancato nel morale si avventurò in una polemica con Tremonti. Cosa di per sé rischiosa, ma addirittura temeraria se il terreno della disputa è l’economia.

Spazientito dallo sdottoramento del capetto progressista, l’attuale ministro chiese il permesso all’avversario di porgli una domanda. Questa: lei sa caro collega a quanto ammonti il Pil (prodotto interno lordo) dell’Italia?

L’interrogato, in piena crisi di panico, balbettò parole incomprensibili in una lingua sconosciuta, probabilmente non di ceppo indoeuropeo, e sprofondò in una cupa disperazione abbandonando il dibattito per manifesta inferiorità.

Ecco chi è Franceschini.

Basterebbe l’episodio rievocato a sconsigliare i democratici di affidarsi a un personaggio simile. Come mai invece hanno messo gli occhi su di lui? E pensare che per trovarne uno più idoneo al ruolo di condottiero pro tempore ci sarebbe solo da mettere il dito a caso sull’elenco degli iscritti.

La prima ipotesi è che il Pd sia ormai preda del cosiddetto cupio dissolvi, cioè il desiderio di farla finita in fretta. In questo caso, Franceschini è l’uomo adatto.

La seconda ipotesi è politica. Tra pochi mesi si andrà alla consultazione elettorale: chi vuoi accetti di guidare la campagna funebre del Pd se non uno con la vocazione per le esequie? Avvenute le quali, in luglio o dopo l’estate, si svolgerà il congresso e solo allora si tenterà di rianimare la salma eleggendo un segretario vero, almeno in teoria.

Chi? Bersani ha già preparato il discorso di investitura. Idem la Finocchiaro convinta di spuntarla poiché al momento vanno di moda le donne.

Per delicatezza non azzardiamo pronostici sul vincitore dato che, chiunque salirà sul podio, avrà in premio una croce e una gita sul Calvario.