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 2009  febbraio 19 Giovedì calendario

ATTENTI ALLA BANCA SIRENA


Sebastien Egon Fürstenberg, nipote di Gianni Agnelli, fondatore e presidente della genovese Banca Ifis, si appresta a tagliare il rendimento del suo Rendimax, il conto di deposito che ha resistito a tre limature dei tassi da parte della banca centrale europea. A marzo, il 4,75 per cento annuo lordo - pari al 3,53 netto - sarà rivisto al ribasso, dopo essere stato il conto di deposito più generoso senza essere legato a speciali vincoli o promozioni. Scenderà un pochino pure il 4,70 per cento pubblicizzato massicciamente, nelle ultime settimane, da CheBanca!, il giovane istituto al dettaglio di Mediobanca. Anche il Conto Arancio, storico leader dei conti di deposito senza spese e con il tasso attivo, sgancia qualche centesimo di interessi in meno con la sua celebre zucca. Difficile. Tuttavia, ipotizzare che gli inevitabili adeguamenti al calo dei tassi possano impiombare le ali a uno dei prodotti più amati dagli italiani in tempi di tempesta finanziaria. Con le economie in difficoltà, la sirena dei conti correnti ad alto rendimento esercita un grande fascino. «Rispondono alla voglia di sicurezza, perché come tutti gli altri conti correnti sono garantiti dal Fondo di tutela dei depositi fino a 103 mila euro, ma hanno rendimenti ben superiori a quelli dei Bot che, insieme alle Poste, sono visti come un rifugio altrettanto rassicurante», sostiene Chiara Fornasari, partner di Prometeia, società di analisi e consulenza.
Eppure i conti correnti "normali" non se la passano così male. La situazione può apparire paradossale: da un recente sondaggio dell’Adusbef, l’Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari, di fronte al quesito «A chi affidereste a occhi chiusi i vostri risparmi?» il 69 per cento ha risposto: « A nessuno» (solo il 7 per cento dei 1.735 interpellari ha indicato le banche). La fiducia nelle banche è dunque ai minimi storici, e si poteva ipotizzare una certa disaffezione verso lo sportello? Niente, nessuno si muove. Ancora: con l’asta del Tesoro di fine gennaio 2008, il rendimento netto dei Bot è sceso all’1,29 per cento netto e, a fine novembre 2008, il rendimento medio netto dei conti correnti italiani era dello 0,90 per cento. Ebbene, gli italiani continuano a tenere in giacenza la colossale somma di 666,5 miliardi di curo.
Perché la gente, nonostante la scarsa ammirazione per gli istituti di credito e i mugugni a non finire, non se ne va dalle banche sbattendo la porta? Una risposta ce l’ha Beppe Scienza, docente di Analisi finanziaria all’Università di Torino, indefesso fustigatore dei comportamenti degli istituti di credito e dei fondi comuni, e autore dei puntuto pamphlet "Il risparmio tradito" «Grazie ai messaggi che arrivano dalla politica e soprattutto alla storia degli ultimi ottant’anni, durante i quali nessun istituto di credito è stato abbandonato al proprio destino, i risparmiatori hanno capito che in Italia le banche non saranno mai fatte fallire e che i conti correnti sono più che sicuri. Nutrono una fiducia primaria sulla solidità delle banche ma, non essendo stupidi, non hanno alcuna fiducia sui prodotti elaborati, complicati, strutturati. Crescono quindi sia la massa dei depositi e il numero dei clienti degli istituti di credito classici, sia quelli con centinaia o migliaia di sportelli sul territorio, che quelli delle banche senza grosse strutture "fisiche", che puntano tutto o quasi su Internet o sul telefono.
Eppure, qualche forma di migrazione dal primo tipo di istituto all’altro è senz’altro avvenuta, anche se dalle stitistiche non salta fuori. Nei primi 11 mesi dell’anno scorso, la raccolta attraverso i conti correnti dell’intero sistema creditizio è cresciuta del 9,6 per cento. Se si calcolano solamente le Bcc, le banche di credito cooperativo, considerate più vicine, anche fisicamente, alla clientela al dettaglio. l’incremento risulta più significativo: più 12 per cento. Ma anche il gruppo Intesa San Paolo, che da solo vale un quinto dei mercato italiano, si vanta di aver aumentato i clienti nel corso del 2008: con 136 mila in più a fine settembre 2008 ora sono circa 11,4 milioni. La concorrenza delle sirene dei conti correnti non ha lasciato alcuna traccia?
In realtà, un segnale della crescente esigenza di sicurezza viene dalle Poste: tra gennaio e ottobre dell’anno scorso, la raccolta tramite libretti di risparmio e Buoni postali fruttiferi è salita del 32 per cento e nel solo mese di ottobre dei 2008, uno dei più terribili per la reputazione delle banche a livello mondiale, l’incremento dei versamenti sui conti correnti postali è stato superiore del 40 per cento alla media di inizio anno. Peraltro, neppure le Poste le azzeccano tutte: 70 mila risparmiatori hanno sottoscritto 420 milioni di euro di polizze postali index linked, le cui quotazioni sono crollare e sono ora oggetto di una laboriosa operazione di "ristrutturazione".
Scottato amaramente dalle obbligazioni e dalle polizze strutturate, convenienti per l’emittente e il collocatore, ma costose e per niente garantite, come le decine di "index linked" finite k.o. dimostrano, ora il risparmiatore italiano è pronto a insospettirsi anche di fronte ai rendimenti, apparentemente "fuori mercato", dei conti di deposito più aggressivi? Di certo, di fronte alla seduzione dei tassi superiori al 4 per cento, molti si domandano: perché non li propongono tutti gli istituti di credito? Uno dei motivi più banali è che le banche con centinaia di migliaia o milioni di correntisti non hanno alcun interesse a portarsi "in casa" la competizione: avendo già tanti conti correnti che remunerano poco il titolare, una transumanza verso i conti ad alta remunerazione per il cliente farebbe lievitare enormemente i costi per la banca. Non a caso, il Conto Arancio è presente in tutta Europa tranne che in Olanda, patria della Ing, proprio perché lì dispone di una rete di sportelli tradizionali.
Altro classico interrogativo, di questi tempi, è il seguente: come fanno CheBanca! e gli altri a pagare rendimenti così più alti della media? "L’espresso" ha girato la domanda ai diretti inreressati. Dice Christian Miccoli, capo di CheBanca!: «Per capire come facciamo a remunerare bene il nostro conto deposito basta guardare i tassi delle obbligazioni emesse dalle grandi banche e riservate a investitori istituzionali come noi. Ce ne sono molte, pluriennali, che offrono ben oltre il 5 per cento, compreso una recente emissione di Unicredit. Noi paghiamo, come massimo a chi mantiene l’investimento per un anno, il 4,70 per cento e reinvestiamo in titoli al 5. Peccato solo dover rintinciare presto al 4,70 per cento: proprio perché vogliamo restare in equilibrio, dobbiamo limare un pò il nostro tasso più appetibile per la clientela».
Miccoli ci tiene a spiegare che la sua non è una banca diretta (cioè solo via Internet o telefono), ma multicanale. E racconta che, da quando in autunno è scoppiata la crisi, l’attenzione del pubblico verso le filiali vere e proprie sta crescendo e così è stato accelerato il piano di apertura di nuovi sportelli, che sono già una quarantina: «La gente è più tranquilla se guarda in faccia chi gli fa sottoscrivere un nuovo conto», afferma un galvanizzato Miccoli, che ha addirittura organizzato una navetta per trasportare i nuovi clienti milanesi in fila in Corso Sempione verso una filiale Chebanca! più periferica e meno affollata.
Il Conto Arancio ha 1,1 miilioni di clienti, che gli affidano circa 1,1 miliardi di euro. Secondo il general manager per l’Italia Bernd Gelein, ttitti i tassi offerti al pubblico, dal 4,25 per cento "promozionale" al 3 per cento di base, sono definiti in modo da essere profittevoli nel complesso. «In sostanza, guadagniamo nella fascia dei 3 per cento e non perdiamo in quella del 4,25 per cento». Nel portafoglio dei Conto Arancio (gestito dalla Spagna) non ci sono né azioni né corporate bond, dice il generai manager, «ma molti titoli di Stato e "covered bonds" obbligazioni che si basano su mutui in immobiliari: le banche che prestano denaro a chi vuole comprare una casa raggruppano i crediti con i loro clienti, creano maxiobbligazioni, e le frazionatio poi in piccole tranche di titoli che ricollocano sul mercato per gli investitori. Questi bonds hanno uni tripla A con te rating».
Investendo nel lungo termine, i gestori dei conti di deposito si avvantaggiano di solito quando i tassi d’interesse scendono. «E ovviamente se i clienti non ritirano i quattrini, altrimenti ci si puo trovare con un investimento a lungo termine sul groppone.