Umberto De Giovannangeli, L’Unità 12/2/2009, 12 febbraio 2009
PAREGGIO LIVNI - NETANYAHU PER ISRAELE UN PASTICCIACCIO
Israele nel dopo-elezioni. A fotografare il caso è la prima pagina di Yediot Ahronot, il più diffuso quotidiano israeliano, in cui giganteggiano le foto di Livni e Netanyahu. Sotto, l’identica esternazione: «Ho vinto io». «Elezioni inconcludenti hanno trascinato Israele in un limbo politico con Tzipi Livni e Benyamin ”Bibi” Netanyahu che cantano vittoria e si accapigliano per formare coalizioni rivali». Così scrive il quotidiano progressista «Haaretz», descrivendo la difficile situazione che si è creata all’indomani del voto anticipato, con il partito centrista Kadima della Livni che ha ottenuto 28 seggi alla Knesset, tallonato dai 27 del Likud, secondo risultati non ancora definitivi. Uno scarto minimo che potrebbe essere ridotto dal conteggio dei voti dei militari, in genere più a destra, e dei funzionari all’estero. Il compito del presidente Shimon Peres, che dovrà scegliere a chi affidare l’incarico di primoministro - dopo aver ricevuto tra alcuni giorni i risultati formali delle votazioni e essersi consultato con le formazioni politiche entrate alla Knesset - diventerebbe così ancora più complesso.
INIZIANO LE MANOVRE
Il vantaggio ristretto di Kadima potrebbe infatti rendere alquanto difficile per la Livni il compito di formare una coalizione con almeno 61 dei 120 deputati della Knesset. Per Netanyahu, arrivato secondo, potrebbe essere invece più facile guidare una coalizione di destra (che sulla carta dispone di 65 seggi). Il successo di Avigdor Lieberman, il cui partito di estrema destra Yisrael Beitenu (IB) si è piazzato terzo con 15 seggi sulla scia di un’aggressiva campagna contro gli arabo-israeliani, ne fa intanto un personaggio centrale per ogni coalizione. In cotanta incertezza, l’unica cosa (tristemente) sicura è la disfatta della sinistra. Il Labour è precipitato al suo minimo storico, con 13 seggi, mentre il Meretz (la sinistra sionista) ha racimolato la miseria di 3 scranni parlamentari, due inmenodelle briciole che aveva raccolto nel 2006. Venti di autocritica spirano impetuosi nella nomenklatura del Labour, dove il leader, Ehud Barak, ex premier e ministro della Difesa uscente, nonché soldato più decorato della storia di Israele, rischia un’uscita di scena umiliante. Benjamin Ben Eliezer, uno dei pezzi grossi del Labour, gli ha intimato ieri di non farsi tentare da ipotesi di ulteriore «contaminazione» con governi di larghe intese o di unità nazionale. «Solo l’opposizione - ha avvertito - ci permetterà di rinnovarci ».
l’avvisaglia di una resa dei conti interna. Al centro della scena politica ci sono loro, Tzipi e «Bibi», ciascuno impegnato a silurare le mosse del rivale. Ambedue affermano di voler un ampio governo di unità nazionale ma il problema resta chi lo debba guidare. In seno a Kadima si ipotizza unaccordo di rotazione nella poltrona di premier tra Livni e Netanyahu durante i quattro anni della legislatura, in una sorta di riedizione del patto di alternanza Shamir-Peres del 1984.
SI ALZA LA POSTA
Tutti incontrano tutti: Livni vede Lieberman (proponendogli di far parte di un governo di unità nazionale da lei guidato), Lieberman incontraNetanyahu che a sua volta discute con Shas un governo delle destre «eventualmente allargato al Kadima », con «Bibi» primo ministro. Lieberman, che politicamente è assai più vicino al Likud che a Kadima, da buon giocatore di poker si rifiuta di mostrare le sue carte e si dice pronto a dialogare con tutti senza però nulla promettere. Certo, afferma Lieberman, bisogna dare al Paese un governo stabile al più presto possibile per uscire da uno stato di paralisi decisionale e fare fronte ai gravi problemi economici e di sicurezza.
LE CONDIZIONI
Ma IB, al tempo stesso, ha richieste da avanzare per aderire a una coalizione di governo: lotta decisa volta a «schiacciare il terrorismo», riforma delle legge elettorale, riforma della legge sulla cittadinanza (che mira a imporre agli arabi un giuramento di fedeltà a Israele come Stato ebraico), separazione della religionedallo Stato. Quest’ultimo punto è una bestemmia per i partiti religiosi, in special modo per lo Shas (ortodossi sefarditi) che durante la campagnaelettorale aveva affermato che votare per IB significava «votare per Satana».Mail responso delle urne impone ora anche allo Shas di fare buon viso a cattivo gioco e il suo leader politico Eli Ishai non esclude più un’alleanza di governo anche con Lieberman osservando che dopotutto in passato «ci sono state combinazioni politiche ancora più estreme». Insomma, tutti i giochi sono aperti. Anche troppo.