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 2009  febbraio 07 Sabato calendario

LE VENDITE DI CASE USA DANNO FIATO AI LISTINI


Il numero di conflitti preliminari per l’acquisto di case già esistenti è cresciuto negli Stati Uniti del 6,3% a dicembre, provocando il giorno stesso in cui il dato è stato diffuso in un balzo dell’1,6% dell’indice Standard & Poor’s 500 e un’impennata del rendimento dei Treasuries decennali dal 2,72% al 2,87 per cento. La causa? Semplice: il calo dei prezzi delle abitazioni a un livello tale per cui le famiglie sono di nuovo interessate e in grado di comprare.
Il settore immobiliare sembra dunque m pmdnto di nprendersi, dopo un paio d’anni di "riposo forzato" per sbollire la febbre da infalzione provocata dalle politiche ultra-aggressive della Fed nel primo lustro del nuovo millennio. E si sta riprendendo esclusivamente in virtù del buon funzionamento dei meccanismi di libero mercato. Il mercato infatti, si autoregola tramite la libera oscillazione dei prezzi, grazie alla quale raggiunge "rapidamente" l’equilbrio in domanda e offerta, ossia il punto in cui l’una e l’altra realizzano pienamente i propri obiettivi, date le condizioni di produzione e di costo.
Questa semplice lezione di economia "classica", tuttavia, sembra sia stata dimenticata dalla maggior parte dei moderni economisti, seguaci delle teorie di Keynes. Non sorprende quindi che i mercati che perlopiù considerano vere queste ultime, costituendo esse i nocciolo defl’ortodossia economica, abbiano reagito in maniera tanto ampia a un dato che a un "economico" sarebbe apparso addirittura ovvio. In un libero mercato, i prezzi scendono fino al punto in cui la domanda non ricomincia a salire. A quel punto, il mercato ha ritrovato il suo equilibrio e riprende a funzionare "normalmente".
Ma questa semplice lezione non persuade né i Governi, né le Banche centrali, i quali si affannano invece a intervernire sul mercato, alterandone i meccanismi. Non è, infatti, il mercato che "fallisce", rendendo così necessario il "correttivo" dell’intervento politico, ma è proprio questo che ne altera i meccanismi di funzionamento, dando luogo a quelle vertiginose oscillazioni dell’economia che vanno sotto il nome di "boom and busts" (depressioni). Un mercato libero tende a muoversi in maniera molto più moderata, come dimostra la storia dell’econonua americana nel corso del XIX secolo. Ciò non significa che errori non siano possibili anche in un mercato libero («errare humanum est»), ma che essi sono di minore entità rispetto a quell iche vengono commessi con l’intervento di autorità che fissano i prezzi (per esempio, i tassi di interesse, come fanno le Banche centrali) oppure stabiliscono i settori da promuovere (come accade con i progetti pubblici).
Una critica che veniva mossa all’economia pianificata dell’Unione Sovietica era che lo Stato non poteva conoscere meglio del mercato le esigenze della domanda. La stessa critica si può muovere ora contro Esecutivi e Banche centrali occidentali. Una critica peraltro, solidamente suffragata dal pirotecnico esplodere di bolle speculative negli ultimi 15 anni, oltre che dal buon funzionamento dei mercati quando sono lasciati liberi. Come dimostra il benaugurante dato sui contratti preliminari per la vendita di case a dicembre negli Usa.