Flavio Pompetti, LiberoMercato 18/2/2009, 18 febbraio 2009
CHRYSLER CI RIPENSA: FIAT E’ SOLO UN OPZIONE
La Chrysler ci ripensa: l’unione con la Fiat resta un’opzione alternativa, ma si allontana sullo sfondo di un piano di riscossa che la vede da sola davanti al governo americano, a chiedere i 3 miliardi (...)
(...) della seconda tranche del prestito. La proposta è contenuta in uno dei documenti che la casa di Auburn Hill e la General Motors hanno consegnato ieri nelle mani di James Lambright, uno dei responsabili del fondo di salvataggio Tarp allestito dal Tesoro americano. Quella di ieri era una data di verifica del processo di ristrutturazione delle aziende, un semplice atto di controllo di un percorso che sarà ultimato solo il 31 di marzo, quando il governo dovrà decidere se continuare ad assistere le due società automobilistiche o chiedere la restituzione dei prestiti. Ma la drammaticità dei tempi della crisi rende ogni minuzia di questo protocollo tesa e densa di significato. E’ chiaro dopo la giornata di ieri che nel Congresso di Washington esiste una pregiudiziale contro l’ingresso della Fiat nell’assetto proprietario della Chrysler, almeno alle condizioni finanziarie che sono state fino ad ora esposte, così come è chiaro che la casa americana preferisce affrontare il vaglio della Task Force automobilistica assemblata da Obama senza l’orpello di una partnership che potrebbe rivelarsi un ostacolo alla benevolenza del Tesoro.
Significativo a questo riguardo è anche l’atteggiamento del governo, all’interno del quale già da lunedì voci anonime avevano annunciato che l’approvazione per la seconda tranche da 4 miliardi del prestito alla GM era cosa fatta, mentre ieri il solito tam tam delle indiscrezioni credibili diceva che la posizione della Chrysler verrà stralciata, e la richiesta dei 3 miliardi addizionali verrà considerata come una nuova pratica, il cui esito è tutt’altro che scontato.
I management delle due aziende intanto continuano il duro lavoro di negoziato con investitori, fornitori, concessionarie e sindacato, che è la condizione indispensabile per la loro salvezza e per l’appoggio del governo americano. Il termine ”bancarotta” viene ancora negato con forza come ha fatto in televisione domenica Dan Axlerod che è il consulente più fedele del presidente Obama, ma la realtà è le case stanno già operando in una sorta di paradigma dell’amministrazione controllata, nel quale la Task Force governativa ha la funzione di imperio normalmente attribuita al giudice fallimentare, e tutti i creditori sono chiamati a ridurre le proprie aspettative di essere pagati. Una prospettiva questa che forse nemmeno la Fiat è poi così ansiosa di abbracciare legandosi alla Chrysler.
Mentre a Washington si discute e a Detroit si tratta, la gestione quotidiana delle operazioni sta diventando molto complicata per le due aziende in difficoltà. I fornitori che hanno accumulato 10,5 miliardi di debito nei confronti dei tre costruttori di Detroit stanno perdendo fiducia nella possibilità di essere pagati, e al momento accettano ordini solo su contante. Ieri un consorzio dei maggiori costruttori di settore ha chiesto al Tesoro un piano di intervento del valore di 25,5 miliardi di dollari in prestiti e garanzie della banca centrale per stabilizzare l’industria. Sette miliardi andrebbero alla GM e alla Chrysler per aiutarle a i debiti, e 8 miliardi dovrebbero essere messi a disposizione delle aziende che hanno bisogno di capitale. Nella filiera dell’auto, 40 aziende hanno già dichiarato fallimento dall’inizio della crisi, e molte altre stanno raggiungendo una paralisi finanziaria.