Francesco Alberti, Corriere della Sera, 17/2/2009, 17 febbraio 2009
PESCARA, GIU’ DOPO DUE MESI LA FONTANA DA UN MILIONE DI EURO
Persa anche la fontana, dopo il sindaco. Non era una fontana qualsiasi quella che ieri ha improvvisamente ceduto nella centralissima piazza della Rinascita, probabilmente stroncata dal gelo di questi giorni: era considerata un’opera d’arte, uno dei gioielli partoriti dal talento dell’architetto giapponese Toyo Ito, un Oscar alla carriera nel 2002 e l’ambizione (rimasta tale) «di costruire qualcosa a Roma ». E nemmeno era un sindaco qualsiasi Luciano D’Alfonso, astro nascente del Pd veltroniano, che quella fontana aveva gioiosamente inaugurato il 14 dicembre scorso, il giorno prima di ritrovarsi sotto inchiesta per presunte tangenti (arrestato, scarcerato e costretto a lasciare la poltrona di primo cittadino).
Vabbè, ha passato momenti migliori la città di D’Annunzio. E ieri, quando la fontana ha cominciato ad emettere preoccupanti scricchiolii e si è scoperto che l’acqua di cui è piena era completamente ghiacciata e che il danno è strutturale, grande è stata la delusione. Intanto perché, come lo stesso D’Alfonso disse all’inaugurazione, quell’opera doveva rappresentare «il connubio artistico tra l’Italia, ricca di antichità, e una realtà così diversa come il Giappone». Poi perché era stata scelta come simbolo «della Pescara che corre verso la modernizzazione ». E infine, dettaglio tutt’altro che irrilevante, perché era costata qualcosa come un milione di euro, pagati per il 70 per cento dalla società «Lafarge» e per il resto dalla Cassa di Risparmio di Pescara.
Avveniristica come tutte le creature del sessantottenne Toyo Ito, l’opera è stata chiamata «Huge Wine Glass» per la sua somiglianza a un enorme calice di vino rosso e, dall’alto di una massa di 20 metri cubi di materiale acrilico trasparente, era divenuta l’attrazione del centro pescarese. Per carità, non che piacesse a tutti. Anzi, come ricorda l’assessore regionale e consigliere comunale Carlo Masci, «di polemiche ne aveva suscitate, sia per motivi artistici che di carattere amministrativo».
C’era infatti chi sosteneva che l’esecuzione dell’opera «fosse distante anni luce dal prototipo presentato». Mentre sul piano amministrativo, prosegue Masci, «venne contestato alla giunta di aver concesso alla società Lafarge, come contropartita per il pagamento dell’opera, la possibilità per altri 15 anni di continuare a far funzionare un cementificio, che avrebbe dovuto invece essere trasferito fuori dalla città ». Piccole beghe, figuriamoci, al cospetto di tanta arte. I problemi vengono adesso. Il vicesindaco Camillo D’Angelo, che ha sostituito l’indagato D’Alfonso, si è affrettato ad annunciare che la società costruttrice «è pronta a riparare i danni e, se non sarà possibile, a rifare completamente l’opera». Da chiarire chi pagherà. Di sicuro, non ci sarà un’inaugurazione bis. Pare non porti bene.