Fabio Martini, La Stampa, 17/2/2009, 17 febbraio 2009
MR. TISCALI: ALLA FINE HA VINTO LA PAURA - E’
notte e da ore lui è rinchiuso lassù, in quel cubo di marmo bianco dalle grandi vetrate concave che è la sua casa di Cagliari. Renato Soru è uno che parla poco e resta serissimo anche quando stravince, figurarsi nella notte in cui la sconfitta si è avvicinata sempre più. La sua villa è sulla sommità della «collina della buona aria», un tempo distante dai miasmi pestilenziali che avvolgevano le spiagge sottostanti, e i riflettori che illuminano la vicina basilica di Nostra Signora di Bonaria, rendono ancora più enigmatico quell’isolamento silenzioso del Governatore. Ma sin dalle prime ore dello spoglio l’analisi di Soru è stata impietosa: nelle città - Sassari ma anche Cagliari - è andata bene, ma la partita si è compromessa nelle zone - come il Sulcis - dove la crisi economica morde di più. Lì, chi ha perso il lavoro o teme di perderlo, non è andato a votare. O ha preferito Ugo Cappellacci e il suo patron Silvio Berlusconi.
Soru lo sapeva da settimane: o vinceva l’orgoglio sardo di farcela da soli o la paura di restare soli. E ieri sera la sentenza del Governatore era chiara: ha «vinto» la paura. Achille Passoni, l’ex dirigente della Cgil che è il commissario del Pd sardo, sembra condividere, scuotendo la testa: «L’affluenza è diminuita e dimostra che c’è grande ansia nella società sarda. Tra i precari che non vedono rinnovato il contratto, per chi vede avvicinarsi la Cassa integrazione e non solo tra loro. E il crollo della partecipazione nell’area industrializzata del Sulcis conferma che questa preoccupazione ha finito per pesare sul voto finale».
Chicco Porcu, consigliere regionale del Pd vicino a Soru, aggiunge un altro dato che potrebbe spiegare le difficoltà del Governatore a vincere una partita che i sondaggi davano invece come probabile: «Un dato eloquente: in una sezione elettorale di Cagliari, nel quartiere del Sole, il candidato Moricone, vicino ad un anti-Soru come Fadda, ha preso tante preferenze che non mi sembra si siano tradotte in altrettanti voti per Soru». Certo, è molto curiosa la forbice dei voti tra candidati-presidenti e rispettive coalizioni. I partiti del centrosinistra - Pd, Italia dei Valori, partiti della sinistra radicale - non hanno aiutato Soru, se è vero che ad un terzo dello scrutinio, avevano preso cinque punti percentuali in meno del suo leader. Con un dato eloquente: il Pd, che alle Politiche di aprile, si era attestato al 36% è precipitato al 26%.
Certo, può aver pesato la fronda nei notabili del Pd contro Soru. Che in questi mesi ha rotto con gran parte della nomenclatura del suo partito. Con Antonello Cabras, l’ex segretario del Pd, ma anche quei consiglieri regionali uscenti che Soru ha non voluto in lista, imponendo il tetto delle due legislature per essere ricandidati. Un tagliafuori hard, ma sul quale Soru è riuscito ad avere l’appoggio significativo e decisivo di Passoni, il «messaggero» di Veltroni e del nuorese Antonello Soro, presidente dei deputati del Pd, uno di coloro che ha sostenuto con più energia il nuovo corso del Governatore.
Quella di Soru è stata una sfida «controvento», secondo la definizione marinara di Massimo D’Alema. Capo di una coalizione che alle Politiche di nove mesi fa aveva ottenuto sei punti in meno di quella di centro-destra, Soru si è impegnato in una doppia sfida. Contro Berlusconi, che per negli ultimi 45 giorni ha trascorso quasi tutti gli weekend in Sardegna. E contro il suo partito, il Pd, che lo aveva «sfiduciato» in Consiglio regionale assieme al centrodestra e che Soru, a sua volta, ha contro-sfidato, facendo piazza pulita dei notabili più datati. Una sfida tutta giocata sul rinnovamento integrale, sulla sfida solitaria, come dettava il manifesto-refrain del Governatore: «Meglio Soru», che all’orecchio dei sardi suona «meglio solo». Una vocazione alla solitudine confermata anche nel giorno più lungo. In mattinata Soru ha fatto una capatina al suo paese, Sanluri, poi è tornato indietro e per un’ora ha girato, da solo, con la sua macchina. E ora che farà? Se la probabile sconfitta sarà confermata, riprenderà la sua attività imprenditoriale? Farà politica nel Pd, sulla linea ulivista e di forte rinnovamento che ha segnato la sua campagna elettorale? Terrà «l’Unità», che ha acquistato sull’onda della sua passione politica? Ieri notte Soru non ha dato risposte, ma l’uomo è talmente imprevedibile che tutto è possibile.