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 2009  febbraio 19 Giovedì calendario

FABRIZIO GATTI PER L’ESPRESSO 19 FEBBRAIO 2009

All’armi siam leghisti. Nei comuni veneti tanta nebbia e pochissimi volontari anti-crimine. Ma ora la vigilanza delle ronde padane può diventare un affare. Persino a mano armata

Esci dall’autostrada Venezia-Trieste. E ti perdi. Chiarano, dove diavolo è Chiarano, capitale leghista delle ronde padane? Un cartello manda a sinistra. Arrivi a una rotonda e un altro cartello ti rimanda indietro. Eccolo finalmente il paese di Gianpaolo Vallardi, 47 anni, sindaco, sceriffo e anche onorevole. Fossati d’acqua, giardini ordinati, vie illuminate. Sicuramente ci sarà una pattuglia in giro stasera, volonterosi armati di fazzoletto verde e telefonino. Invece non si vede nessuno. Stesso deserto a Musile di Piave, qualche chilometro a Sud, dove la paura ha regalato l’elezione alla Camera a un altro borgomastro a tolleranza zero, Gianluca Forcolin, 41 anni. Strade vuote anche lì, come in tutti questi comuni della campagna veneta dove d’inverno, se ti perdi al buio, prima d’incontrare qualcuno per chiedere informazioni devi aspettare l’alba. Ma non era la provincia assediata dalla criminalità, questa? La terra dove la gente perbene è costretta a sostituirsi a polizia e carabinieri nei turni di vigilanza? La regione per la quale il Senato ha forzato la Costituzione e legalizzato le associazioni di cittadini per la sicurezza? Deserto ovunque.
L’affare infatti comincia adesso. In palio i cento milioni che il ministro per la Funzione pubblica, Renato Brunetta, ha sottratto all’attività di polizia e carabinieri. Soldi che, grazie alle future convenzioni con i Comuni, finiranno anche alle ronde. L’ha promesso il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, spiegando che verranno premiati i sindaci più fantasiosi e creativi nel contrasto alla criminalità. Ecco cioè come il governo sta finanziando la sua pancia elettorale leghista. In piena crisi economica, con i soldi dello Stato e una legge presentata a difesa di tutti i cittadini che però non aggiunge nulla alla sicurezza. Ma chi difenderà i cittadini dagli eccessi delle ronde? La Questura di Padova ha revocato il porto d’armi sportivo ad alcuni imprenditori che la sera uscivano di pattuglia e nei fine settimana andavano ad addestrarsi al poligono con armi da guerra: Kalashnikov, fucili d’assalto e pistole. In provincia di Vicenza i carabinieri hanno invece denunciato per rapina uno dei sostenitori delle ronde dell’associazione leghista Veneto sicuro, di cui è stato testimonial il ministro per le Politiche agricole, Luca Zaia. Ora è sotto processo con altri due amici con l’accusa di aver aggredito un gay.
Da anni i promotori della tolleranza zero armano le loro parole guadagnandosi seggi in Parlamento. Come il senatore leghista di Treviso Piergiorgio Stiffoni, 61 anni, indagato e prosciolto dalla Procura della sua città per questa frase: "Cosa facciamo degli immigrati che sono rimasti in strada dopo gli sgomberi? Purtroppo il forno crematorio di Santa Bona non è ancora pronto". E la base li segue, in qualche caso armandosi davvero. Grazie a un emendamento del Pd all’articolo 46 del pacchetto sicurezza, le ronde dovranno essere disarmate. Ma il disegno di legge non esclude i volontari titolari di un porto d’arma. E la questione non è quello che succede durante i pattugliamenti. Ma quanto accade prima e dopo. Proprio per questo la questura di Padova ha revocato le licenze ad alcuni volontari della sicurezza.
L’inchiesta amministrativa della polizia padovana parte da un drammatico documentario, ’Stato di paura’ di Roberto Burchielli e Mauro Parissone, prodotto da La7 e vincitore nel 2007 del premio Ilaria Alpi. Sono i mesi in cui in via Anelli a Padova la presenza di spacciatori tra gli immigrati scatena la protesta degli abitanti esasperati. Una protesta sempre pacifica. Ma quella è l’occasione per la rottura del patto sociale tra cittadini e organi dello Stato accusati di inefficienza. Un solco che la legge voluta dal governo e in particolare dalla Lega rischia di allargare, togliendo finanziamenti a polizia e carabinieri e riducendo così la loro capacità operativa.
Il documentario di Burchielli e Parissone filma alcuni volontari delle ronde padovane durante i tiri al poligono. Sono soprattutto le loro parole a provocare l’intervento della polizia. "Pensate sempre che quando voi estraete l’arma , la estraete per usarla", ricorda un volontario, tra uno sparo e l’altro, "perché quello dall’altra parte... anche lui fa lo stesso ragionamento". Scherzano e, a ogni centro, fingono di aver colpito gli spacciatori: "Quando violenteranno qualche figlia di Prodi, Rutelli, Fassino, D’Alema, allora forse qualcosa cambierà". Un altro, che non partecipa ai tiri al poligono, racconta: "Mi son difeso una volta che ci hanno attaccato. Si erano attaccati alla rete per venire di qua. Ho preso la balestra. Ma senza mirarlo, perché aveva anche il mirino e se lo miravo... Già l’ho preso vicino alla giugulare. Per quello mi han dato tentato omicidio. Mi han fatto fare quattro mesi e mezzo di arresti domiciliari". E un altro ancora: "L’anno scorso c’è stata una fucilata... Mi venivano avanti e indietro, avanti e indietro... Gli ho sparato davanti ai piedi. Dopo due giorni sono uscito di giorno con la carabina, erano in cinque. Oh, scappavano da tutte le parti, bellissimo". Uno dei volontari che si allenano al poligono rivela il suo sogno: "Portarli tutti qua con i blindati e passarci sopra".
Il suo amico: "Non mi meraviglierei se un giorno qualche abitante della zona prendesse il fucile e tirasse due fucilate a qualcuno". Un altro: "Se ci fosse una legge che mi garantisce la mia... che io posso difendermi dentro casa come in America, cioè questa è proprietà privata tu entri, io non ti devo dire niente. Ti sparo addosso".
I palazzi occupati in via Anelli sono stati sgomberati, gli appartamenti murati. E gli spacciatori sono finiti in carcere o se ne sono andati. Delle decine che erano, l’unico rimasto appare il sabato sera. Pedala avanti e indietro in bicicletta con una borsa a tracolla. Prende gli ordini lungo la strada che porta alla tangenziale, sparisce, ritorna con eroina o cocaina. Il quartiere ora ha il tipico aspetto delle zone semindustriali delle città: una ragnatela di case, centri commerciali, fabbriche e strade che la sera si svuotano. Il risanamento non è merito delle ronde ma della collaborazione tra Comune, prefettura, polizia e carabinieri che hanno unito sforzi e obiettivi. Ed ecco adesso i soldati mandati dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Trascorrono la serata ad annoiarsi sulla jeep, ferma al piazzale della Stanga.
Ottantadue chilometri a Est, si perde tra le campagne Mareno di Piave, provincia di Treviso. Una sera del novembre 2007 Eugenio B., 29 anni, operaio, va in auto con il padre per la prima ronda in paese di ’Veneto Sicuro’, l’associazione con base a Villorba in provincia di Treviso che unisce le ronde e il bacino elettorale della Lega. L’impegno per i volontari non è faticoso. Sono sempre gli stessi trenta leghisti a muoversi di paese in paese. Basta una mezz’ora all’aperto ogni due mesi. Una passeggiata davanti a fotografi e tv locali giusto per mantenere alti la paura e il consenso. Quella sera, racconta chi c’era, erano arrivati anche attivisti della Guardia nazionale padana. Per partecipare alle pattuglie, però, non è necessario mostrare la fedina penale. Così nessuno si preoccupa di avere accanto un volontario denunciato dai carabinieri e accusato di quello stesso tipo di reato che le ronde vogliono contrastare. Eugenio B. è sotto processo a Vicenza con l’accusa di aver picchiato un uomo di 43 anni e di avergli rapinato 500 euro e il telefono. Il ragazzo e i suoi due complici, sempre secondo l’accusa, l’hanno aggredito e minacciato con un coltello.
Il processo è ancora in corso. "Non è stata colpa mia", racconta Eugenio B. nella casa dei genitori con cui abita, "io non ho fatto nulla. C’è stata una lite con quel tale. Ci ha portati in discoteca a Milano e lì abbiamo scoperto che era gay. Al ritorno si è picchiato con i miei amici. Io non ho partecipato alla rapina". Il volontario delle ronde, portate a Mareno di Piave dal padre, per il momento ha lasciato la Lega. Adesso sta cercando di organizzare pattuglie per il partito della Fiamma Tricolore. Tutto ruota intorno a una palestra di pugilato e ad altre teste calde della zona. "Siamo fermi", dice Eugenio, "ma qualcosa stiamo organizzando. L’ultima ronda? A Conegliano, qui vicino, due mesi fa". L’ossessione di questi ragazzi sono gli immigrati. "Ma non siamo razzisti", precisa. Eppure non è chiaro di cosa si debba avere paura a Mareno di Piave. Secondo l’archivio dell’agenzia ’Ansa’, negli ultimi nove anni la cronaca registra un uomo ucciso nel 2000 sul sagrato della chiesa dal figlio vittima di disturbi psichici, un ragazzo suicida nel 2001 per disturbi psichici, un morto per i botti di Capodanno nel 2002, il sequestro di 160 chili di fuochi artificiali illegali nel 2004. E i protagonisti non sono stranieri, ma italianissimi veneti. Qual è l’ultimo fatto di cronaca grave? Eugenio ci pensa su: "Mah, ieri sera la moglie di un mio collega pensava di essere inseguita da un extracomunitario mentre tornava dalla spesa. Lei ha telefonato al marito. Siamo andati. Abbiamo fermato un extracomunitario. Ma ci ha detto che stava tornando a casa".
Ormai è un fatto di cronaca grave anche il semplice pensare di essere inseguiti. Un mondo prigioniero dei fantasmi che si è creato e che hanno promosso la carriera e i guadagni pubblici di una squadra di amministratori leghisti che, proprio grazie a quei fantasmi, sono arrivati al governo e al Parlamento: il ministro Zaia, Massimo Bitonci, sindaco di Cittadella (Padova), oltre a Piergiorgio Stiffoni, Gianluca Forcolin e Gianpaolo Vallardi, l’inventore di tutto questo, il borgomastro di Chiarano che nel 2007, per la festa comunale degli anziani, ha regalato a trecento pensionati un coltellino serramanico. I leghisti si danno la carica così.
funzionari di polizia sono preoccupati non solo per il Nord Est, anche per quello che succederà al Sud. E si sono uniti nella protesta con il sindacato Siap: "Oltre a mandare dei dilettanti in una corrida", spiega il segretario nazionale Siap, Giuseppe Tiani, "la norma corre il rischio di essere un vero e proprio cavallo di Troia per legittimare sul territorio azioni incontrollabili e disgreganti di associazioni mafiose e camorriste, come di squadracce di esaltati. La paura ha cominciato a prender corpo dai tagli ai fondi della sicurezza nel 2002. Diminuiscono volanti e gazzelle: chi risponderà alle chiamate di aiuto delle ronde armate di telefonino?". Ma cento milioni da incassare sono cento milioni. Così, dopo Lega e Fiamma tricolore, anche l’ala berlusconiana del Pdl in Veneto vuole adesso le sue ronde.