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 2009  febbraio 14 Sabato calendario

LE BANCHE NON ABBASSANO I TASSI REALI E LA CRISI COLPIRA’ DUE VOLTE LE IMPRESE


Non è solo una questione di costi: nella crisi le banche hanno adottato un metodo di lavoro diverso. «Ieri mattina sono andata in banca perché un mio importante cliente non mi aveva pagato succede sempre più spesso - le ricevute bancarie e io ho dovuto emetterle di nuovo, cioè prolungargli il credito. La banca mi ha risposto che non potevo farlo e che quel credito andava considerato come inesigibile. Ho obiettato che presso quella banca c’erano tutte le mie garanzie, personali e non, e che era la prima volta che riscontravo quel genere di reazione. Hanno replicato che stanno educando le aziende a essere più disciplinate. Non mi era mai capitata una simile argomentazione», questo racconta un’imprenditrice del nord est italiano, epicentro del dinamismo imprenditoriale italiano e ora a rischio di soffocamento per mancanza di credito. Si chiama Luisa Longo, insieme al fratello Renzo è titolare e amministratrice di un’azienda dove lavorano oltre 50 persone, la Longo Srl. A Quarto d’Altino, non lontano da Venezia, dove è stato inaugurato («finalmente») il passante di Mestre, produce mobili in stile Ikea, come si deve dire oggi visto che la vecchia espressione «in kit» non la usa più nessuno: arredamento in scatola con le istruzioni per montarselo da soli. Sono prodotti di qualità ma a prezzi contenuti (si risparmia molto sulla manodopera saltando l’assemblaggio) che quindi reggono bene anche in tempo di crisi. I clienti sono soprattutto grandi distributori, più che i consumatori finali, quindi un po’ meno sensibili alla congiuntura.
Il problema sono le banche: «più che una stretta, si osserva un tentativo di ridurre in tutti i modi il rischio, anche quello minimo». Perché gli istituti di credito si fidano sempre meno di imprese che si trovano esposte alla nuova Grande depressione e anche quelle di più solida tradizione vengono considerate in pericolo. Anche la Longo? «Io mi sento più a rischio di prima, perché un’attività deve poter crescere per rimanere sul mercato. E il 2008 è stato un anno difficile per tutti, in cui pochissimi sono riusciti a espandersi». La Longo ha anche lanciato nel suo sito www.longo.it una parte dedicata alle vendite online, segnale di vitalità che non basta a convincere le banche. La Longo si appoggia a vari istituti, quelli più grandi e nazionali hanno pratiche più standardizzate, non hanno cambiato molto il proprio comportamento (tranne una che ha revocato un fido), mentre una media banca locale ha cominciato a stringere i rubinetti del credito fin quasi al soffocamento.
«Noi piccoli imprenditori abbiamo poco potere contrattuale verso le banche, cambiare istituto è quasi impossibile anche perché nella stessa zona ci sono pochissime differenze di prezzo e di condizioni, non è un cartello ma quasi. E questo è un problema per imprese come quelle del nordest che sono nate con pochissimo capitale proprio e dipendenti dal credito bancario fin dalla nascita», spiega la Longo. La stretta creditizia si compone di più elementi. Quella sui fidi, che si nota nei costi dei prestiti: l’Euribor (tasso dei prestiti interbancari usato come parametro di riferimento) sta scendendo grazie anche ai tagli al costo del denaro della Banca centrale europea, ma i tassi chiesti alle imprese non si adeguano alla stessa velocità. Anzi: se l’Euribor scende – denuncia Luisa Longo – le banche aumentano lo spread (cioè il proprio margine di guadagno) così che l’impresa paga sempre gli stessi costi ma la banca aumenta i propri ricavi.
Poi c’è l’anticipo fatture: «Ha sempre avuto un costo maggiore dei fidi, perché la banca guadagna solo dallo spread e non dai ”giorni banca”, perché quando il cliente paga la fattura con il bonifico la banca deve accreditarlo subito senza trattenerlo per qualche giorno così da lucrare sugli interessi», spiega la Longo, e adesso gli istituti sono sempre più restii ad accordarlo, perché temono che i clienti di cui anticipano le fatture poi non saldino. Quindi l’operazione diventa più costosa e il tasso richiesto sale. Il vero salasso è però quello della commissione di massimo scoperto: un tasso punitivo da pagare quando si supera, anche per poche ore, il tetto di finanziamento concesso dalla banca sul conto corrente. Basta anche un solo giorno in rosso e la penale viene calcolata tra lo 0,5 e l’1,5 per cento dell’intero importo concesso nel trimestre. E in tempi difficili per le banche, la sanzione scatta subito, in automatico, senza margini di tolleranza.