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 2009  febbraio 13 Venerdì calendario

MIRABELLI: «NON SI PUO’ "ASCOLTARE" A CAS IN CERCA DI REATI, I MAGISTRATI SIANO PIU’ RESPONSABILI»

«Lo strumento delle intercettazioni nelle indagini preliminari è fortemente invasivo e il suo uso, certamente necessario, deve essere contemperato da garanzie di salvaguardia del principio fondamentale della privacy e della dignità delle persone»: dice il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli, che è stato anche vice presidente del Csm.
Che cosa ne pensa delle soluzioni che si stanno delineando in Parlamento sul ddl per le intercettazioni?
«A volte soluzioni che appaiono rigorose si possono manifestare come eccessive o incoerenti. Ma il Parlamento ha la discrezionalità nelle scelte da effettuare nei limiti della ragionevolezza».
 d’accordo sull’opportunità dell’intervento?
«L’opportunità dell’intervento è largamente condivsa per impedire abusi e garantire la riservatezza e la libertà delle comunicazioni che la Costituzione garantisce come diritti fondamentali».
C’è qualche cosa che non la convince?
«Qualche esitazione si può avere. I punti essenziali per la finalità che ci si propone sono raggiunti imponendo una seria valutazione collegiale della necessità delle intercettazioni. E questo è opportuno. Inoltre sono meglio circoscritti i reati per i quali si può provvedere e i limiti temporali delle intercettazioni. Le esitazioni di cui parlavo riguardano il riferimento ai gravi indizi di colpevolezza. la stessa formula usata per le misure cautelari e rischia di modificare la finalità delle intercettazioni, richiedendo che già vi sia un quadro probatorio relativo a una o più persone già individuate. Questo tra l’altro non è sempre possibile per ogni tipo di reato. Vi sono situazioni nelle quali è certo che è stato commesso un reato grave, è determinata l’area dei soggetti che potrebbero averlo commesso, ma nessuno è identificato e i gravi indizi di colpevolezza non si sono manifestati».
Ma tutto nasce per gli eccessi e gli abusi che si son verificati e per l’uso inappropriato che a volte è stato fatto delle intercettazioni?
«Il rischio di abusi nasce laddove gli inquirenti vanno alla ricerca del reato attraverso lo strumento delle intercettazioni e per questo si rende necessario introdurre dei limiti e delle garanzie. Tuttavia occorre riflettere e perfezionare le formule di modifica legislativa per evitare incoerenze che possano renderle irragionevoli e prevenire le oscillazioni purtroppo frequenti nella legislazione a volte seguendo l’impulso di singoli ed eclatanti episodi di cronaca che spingono una volta verso restrizioni, e un’altra verso ampliamenti».
Ma a volte è parso di vedere iniziare un’indagine proprio con le intercettazioni?
«Le intercettazioni non sono uno strumento di ricerca di una ipotesi di reato, in questa situazione si intercettano persone del tutto estranee alla commissione di reati e questo è in contrasto con la libertà di comunicazione. Occorre affermare un assoluto rigore nella nuova legge per le intercettazioni ”diffuse”, sia per il numero di soggetti sottoposti a controllo, sia per la inappropriata utilizzazione e pubblicizzazione».
Questo che cosa comporta?
«Sul primo punto escludere rigorosamente e questo la legge lo fa, la possibilità di disporre intercettazioni a largo raggio alla ricerca di una ipotesi di reato. Sul secondo punto è necessario escludere radicalmente dagli atti del processo e ancor più dalla diffusione mediatica le trascrizioni di conversazioni di persone non indagate o addirittura estranee al reato».
Questo era già previsto dalla legge ma non sempre si è riusciti ad ottenerlo?
«Per ottenere questo non è da trascurare l’aspetto organizzativo che attribuisca al magistrato non solo il potere di richiedere o di disporre le intercettazioni, ma anche la responsabilità di verificare la corretta esecuzione del provvedimento riservandone l’attuazione nell’ambito degli uffici giudiziari».
E sulle fughe di notizie è giusto punire penalmente i giornalisti?
«La possibilità di fughe di notizie va bloccata alla fonte. Anche con appropriate modalità organizzative che rendano identificabili le tracce dei singoli passaggi. La identificabilità costituirebbe già un deterrente. Inoltre potrebbe consentire di accertare le responsabilità in caso di indebita diffusione e di comminare eventualmente le sanzioni appropriate».