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 2009  febbraio 13 Venerdì calendario

L’ENIGMA BENEDUCE

L´enigma Beneduce, potentissimo finanziere di Mussolini proveniente dalle file dell´antifascismo, è racchiuso in un episodio. Il comunista Giorgio Amendola, appena reduce nel 1937 dal confino di Ponza, fu invitato dall´influente "padrone della finanza" nel suo studio di presidente dell´Iri. «Quel colloquio», avrebbe raccontato il leader del Pci, «mi dimostrò come la linea di demarcazione tra fascisti e antifascisti fosse meno netta di quello che appariva alla nostra propaganda». Alberto Beneduce gli confessò di avere ancora "utili contatti" con Francesco Saverio Nitti, suo antico riferimento politico. Vero? Falso? Desiderava restituire un´immagine di sé integra e non screditata dal regime? Alla storia romanzesca di Beneduce, il solo che arrivò a ricoprire i vertici della nomenclatura pubblica del fascismo dopo rilevanti trascorsi nell´antifascismo, è dedicato un appassionante e informato volume scritto da Mimmo Franzinelli e da Marco Magnani (Beneduce. Il finanziere di Mussolini, pagg. 318, euro 20).
Soltanto con l´attrezzatura di uno storico provvisto di curiosità archivistica quale Franzinelli - e di un economista come Magnani, capace di ricostruire con chiarezza il "sistema Beneduce" - si poteva penetrare il mistero d´un uomo che, nato nel 1877 da un´umile famiglia di Caserta (il papà portinaio), dopo importanti incarichi politici nell´Italia liberale (ministro socialriformista nel governo Bonomi), arriva a esercitare alla metà degli anni Trenta un potere sull´economia e sulla finanza senza paragoni nella storia italiana. Un´influenza naturalmente subordinata alla volontà del dittatore. Sul singolare rapporto con Mussolini è incentrata larga parte della biografia, nel tentativo di comprendere quali alchimie abbiano consolidato la relazione tra un tiranno e il suo "factotum finanziario" per tanti anni fermo nel proposito di non prendere la tessera del Pnf. All´iscrizione infatti Beneduce approderà soltanto nel 1940, dopo la nomina a Senatore del Regno, che gli impone l´adesione formale al fascismo (morirà nel 1944, a 67 anni, poco prima della Liberazione di Roma). E tuttavia Mussolini non opera nessuna forzatura sul grand commis né gli chiede di rinnegare il lungo sodalizio con Nitti, Amendola e Bonomi. E neanche quando viene sommerso da informative malevole firmate dai suoi agenti dell´Ovra - inedito è il capitolo dello spionaggio fascista ai danni del finanziere - il duce gli nega la propria benevolenza. Che naturalmente fu corrisposta.
La carriera di Beneduce - qui ricostruita anche grazie all´imponente epistolario - fu inarrestabile. Esperto finanziario di indiscusso talento, nel 1924 diventa presidente dell´Istituto di credito per le imprese di pubblica utilità. Due anni dopo, eccolo al timone della Bastogi, una potente finanziaria al centro di un intenso crocevia di interessi industriali. Nel ”27 collabora alla riforma monetaria, nota come "quota 90". Dopo la crisi del ”29, è artefice della risistemazione della struttura economica italiana; dal ”33 guida l´Iri, di cui rimarrà presidente fino al ”39. Il sistema di economia mista da lui creato, metà privato e metà pubblico, sopravviverà al fascismo, divenendo - scrivono gli autori - "un fattore cruciale del decollo economico degli anni Cinquanta e Sessanta". «Era l´unico che avesse il privilegio di sedersi al cospetto del duce nella sala del mappamondo», dirà di lui Enrico Cuccia, altro grande protagonista della finanza italiana, che nel 1938 ne aveva sposato la figlia Idea Nova (scarne e lucide parole sono dedicate da Beneduce a quel brillante genero: « intelligente e lo sa... »).