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 2009  febbraio 13 Venerdì calendario

PER I BANCHIERI AMERICANI L’INCUBO MAXINE WATERS


Settant’anni ben portati, deputato afroamericano di un distretto di Los Angeles dall’ormai lontano 1991: la nuova e improbabile eroina della crociata contro i disastri dell’alta finanza ha il volto di Maxine Waters. I galloni di fustigatrice dei costumi dei banchieri, di "pasionaria" di Wall Street, se li è conquistati sul campo, o meglio in aula. All’indomani di sette ore di audizioni alla Camera, sulle televisioni e la stampa americana ancora risuona l’eco dei toni stentorei con i quali ha apostrofato i «capitani dell’universo», gli amministratori delegati di giganti dei servizi finanziari del calibro di Bank of America e JP Morgan, Citigroup e Goldman Sachs. In un momento rivelatore li ha costretti ad alzare la mano, come scolaretti colti in flagrante: senza ammettere repliche ha chiesto conto di chi fra loro avesse alzato gli interessi sulle carte di credito nonostante miliardi di dollari in aiuti pubblici.
Ma se Waters era finora sconosciuta al grande pubblico - e ai banchieri – il ruolo di "pasionaria" le è congeniale. In Congresso è da sempre tra i campioni delle cause progressiste: nel 2002 fu tra i pochi democratici a opporsi alla risoluzione congressuale che autorizzava l’allora presidente George W. Bush a interventi militari in Iraq. Cinque anni dopo non aveva abbandonato il suo impegno, proponendo che i fondi per la guerra fossero utilizzati invece per l’assistenza sanitaria e l’istruzione. Non basta: è stata tra i co-sponsor d’una mozione per chiedere l’impeachment dell’ex vicepresidente Dick Cheney, accusato di «false dichiarazioni» sulla guerra.
La sua aggressività non viene affatto meno nelle battaglie domestiche. Ai chief executive che interrogava giovedì ha ricordato di essere stata a lungo «in disaccordo con le banche». Solo l’anno scorso ha promosso una nuova legge per mettere al bando incrementi «arbitrari» nei tassi sulle carte di credito, il Credit Cardholder’s Bill of Rights approvato dalla Camera anche se non dal Senato. Nel maggio del 2008, inoltre, minacciò esplicitamente la nazionalizzazione delle compagnie petrolifere in mancanza di cali nei prezzi della benzina. «Indovinate un po’ per che cosa si batterà questa liberal – disse allora al direttore generale della Shell Oil, John Hofmeister – Si batterà perché il governo si impadronisca delle vostre aziende». Waters ha fatto notizia anche con forti prese di posizione su questioni sociali: descrisse le rivolte razziali a Los Angeles del 1992 come una «ribellione comprensibile».
Nata nel 1938 nel cuore d’America, a St. Louis in Missouri, fu a Los Angeles che frequentò l’università, divenne insegnante e poi entrò con successo in politica. Inizialmente, nel 1976, al Parlamento della California, dove fece proprie crociate per bloccare gli investimenti nel Sudafrica dell’apartheid. Alla Camera degli Stati Uniti venne eletta per la prima volta diciotto anni or sono nel 29esimo distretto della città, che comprendeva quartieri poveri attorno al centro. Fin da subito la sua popolarità fu indubbia: vinse con il 79% dei consensi. Dai giorni della prima vittoria ad oggi i confini del distretto sono cambiati, ma Waters ha difeso facilmente il seggio: ogni due anni è stata rieletta alle urne con almeno il 70% dei voti.
Nella sua lunga carriera, tuttavia, è finita anche al centro di polemiche. Nel 2005 e 2006 è entrata nell’elenco dei "politici corrotti di Washington" compilata da associazioni per la difesa della trasparenza in politica: il sospetto è che, con la sua influenza, abbia aiutato business di famiglia. Le accuse di nepotismo presero le mosse da un’inchiesta del Los Angeles Times che sosteneva come, nell’arco di otto anni, parenti di Waters avessero guadagnato un milione di dollari grazie a contratti con società o enti aiutati dal deputato. Anche la sua passione la porta a volte a compiere passi falsi: durante le audizioni alla Camera, dopo un’arringa nella quale ha accusato i banchieri di intascarsi commissioni illegittime nel gestire gli aiuti pubblici, i suoi stessi colleghi di partito nella Commissione Servizi Finanziari le hanno esteso un invito. Questa volta non a proseguire la crociata ma, nelle parole del presidente della Commissione, a "calmarsi".