Francesco Saverio Alonzo, La Stampa, 16/2/2009, 16 febbraio 2009
QUESTO NOBEL NON S’HA DA DARE
Cinquant’anni di silenzio d’ufficio avevano coperto fino a poco tempo fa il segreto (svelato dalla Stampa lo scorso 9 gennaio) della scelta di Boris Pasternak ai danni di Alberto Moravia per il Nobel 1958. L’accesso agli archivi dell’Accademia di Svezia, anche per epoche più remote, consente oggi di ricostruire i motivi che hanno fatto negare il massimo premio letterario mondiale a giganti come Emile Zola, Lev Tolstoj, Henrik Ibsen, Virginia Woolf, James Joyce, Jorge Luis Borges, Graham Greene.
L’elenco è molto lungo e comprendere tra gli altri i nomi di Anton Cechov, Henry James, Joseph Conrad, Bertolt Brecht, Marguerite Yourcenar, René Char, Vladimir Nabokov, Paul Celan. In alcuni casi, come per Franz Kafka e Marcel Proust, non si può addebitare nulla agli accademici di Svezia, in quanto la maggior parte della produzione di questi due autori è stata pubblicata postuma. Ma in altri casi...
Spesso sono state considerazioni di natura politica a far «dimenticare» questo o quello scrittore. Clamoroso il diniego del Nobel al «fascista» Ezra Pound, in seguito alle pressioni esercitate dal governo degli Stati Uniti. In altre occasioni, come per Boris Pasternak e Aleksandr Solzenicyn, l’Accademia di Svezia volle invece sfidare l’Unione Sovietica, premiando due scrittori dissidenti.
Col cambiare dei tempi e con l’evoluzione dei costumi, fanno sorridere certe preoccupazioni puritane sul tipo di quella che animava l’allora segretario permanente dell’Accademia, Anders sterling, quando dichiarò impensabile l’assegnazione del Nobel a Moravia in quanto «scrittore pornografico» (la verità era invece che emissari della Cia lo avevano definito filocomunista, convincendo gli accademici di Svezia a negargli il riconoscimento). Lo stesso sterling, italianista e amante dell’Italia, avrebbe poi tradotto e fatto premiare sia Salvatore Quasimodo, sia Eugenio Montale.
Alla base dei premi assegnati e di quelli negati si trova in genere la convinzione dei diciotto accademici di essere infallibili giudici della letteratura mondiale e di poter decidere con sicumera, non di rado accompagnata da malcelata arroganza, il destino degli scrittori più o meno meritevoli, partendo spesso da considerazioni che rivelano una mentalità provinciale o comunque inibita. Ma le reazioni alle loro scelte non sono mancate in patria. Come nel caso di August Strindberg. Autore di romanzi di successo e di opere teatrali di grande impegno, Strindberg, dichiaratamente socialista, era amato dalle masse svedesi, ma ritenuto eccessivamente progressista dai diciotto accademici che lo snobbavano. Non soltanto non gli fu assegnato il Nobel, ma nemmeno qualcuna delle altre onorificenze letterarie che l’Accademia di Svezia è solita elargire. Quando, nel 1909, fu assegnato il Nobel alla sua conterranea Selma Lagerlöf, apparve chiaro che Strindberg non sarebbe mai stato premiato e la popolazione svedese partecipò a una sottoscrizione nazionale per consegnare al grande scrittore il cosiddetto «Premio antiNobel» nel giorno del suo ultimo compleanno (1912).