Marie Delcas (copyright Le Monde), 16/2/2009, 16 febbraio 2009
BENVENUTI NEL PAESE DEI CENTOMILA MORTI AMMAZZATI"
Il motociclista si è beccato undici pallottole, l’assassino è fuggito. Erano le dieci di sera, a Pinto Salinas, quatiere malfamato di Caracas, racconta il poliziotto Genaro, che non ha neppure tentato di riacciuffare il colpevole. «I farabutti sono armati meglio della polizia. Hanno AK 47, FAL, mitragliette Uzi, noi solo vecchie pistole», e sfodera la sua Magnum 357.
«Qui tutti hanno paura», racconta Katy Vacca, che fa la sarta a La Vega, altro quartiere di catapecchie, dove in dieci anni, dall’arrivo di Chávez al potere, sono stati uccisi 67 ragazzi. «Il presidente se ne frega, il governo non fa nulla e la polizia è marcia», sintetizza Katy. L’opposizione ha fatto dell’insicurezza il suo cavallo di battaglia nella campagna per il referendum. «Ecco perché la gente vuole farsi giustizia da sé», continua Katy. All’inizio di febbraio uno stupratore di 28 anni è stato linciato e bruciato sotto l’occhio soddisfatto degli abitanti della via Matanza, nella zona Sud di Caracas. E quando sono arrivate le tv, qualcuno ha buttato nuova benzina sul cadavere per filmarlo tra le fiamme.
Nella classifica della violenza, Caracas è in testa alle città dell’America Latina, con un tasso annuo di 130 omicidi ogni 100 mila abitanti (a Bogotà, la capitale della Colombia, sono 23)e 14.700 assassinati nel 2008, anno in cui «Foreign Policy» ha attribuito alla capitale venezuelana il titolo di «città più pericolosa del mondo». In tutto il Paese, sono già più di 100 mila le persone uccise dacchè Chávez è al potere.
Da tutti i sondaggi emerge che l’insicurezza occupa il primo posto tra le preoccupazioni dei venezuelani, precedendo il costo della vita e la disoccupazione. Per Roberto Briceño Leon, dell’Osservatorio venezuelano sulla violenza, i discorsi incendiari di Chávez - che continua a «valorizzare e giustificare la violenza nel nome della rivoluzione» - hanno la loro parte di responsabilità. «Il presidente incarna la rivincita sociale dei poveri - dice Oscar Schemel, dell’Istituto Demoscopico Hinterlaces -. Il suo messaggio ha seminato l’odio negli ambienti marginali».
La presenza di migliaia di armi illegali, il traffico e il consumo di droga, l’impunità e la corruzione della polizia alimentano l’insicurezza. Citando un rapporto ufficiale, Soraya El Achkar, della Rete d’appoggio alla giustizia e alla pace, dice che «in più del 20 per cento dei delitti e dei crimini sono implicati direttamente uno o più poliziotti». Il governo ricorda che questi non sono certo problemi nuovi. «Prima di ogni elezione la stampa e l’opposizione tentano di fare dell’insicurezza uno dei temi della campagna elettorale», dice il generale Alberto Muller-Rojas, vice presidente del Partito Socialista Unito, la formazione di Chávez.
Eppure sono proprio i quartieri popolari - la base elettorale del «chavismo» - i più colpiti dalla delinquenza. «La maggior parte delle vittime sono uomini tra i 18 e i 25 anni, che abitano nei quartieri depressi. Esattamente come la maggior parte dei delinquenti - continua Katy -. Chávez dice di amare i poveri, ma ci lascia uccidere». Come spiegare l’incuria del governo in materia di sicurezza? «Tutti i delinquenti sono chavisti. E il governo si tiene lontano».
Chávez continua a negare la dimensione del problema. Intervistato di recente dalla Cnn, ha detto che Caracas è più sicura di Città del Messico o di Miami. «Il presidente resta convinto che la violenza diminuirà a mano a mano che migliorano le condizioni di vita - dice il gesuita José Virtuoso -. Il Venezuela contraddice questa visione tradizionale e semplicista della delinquenza urbana, perché sono dieci anni che il potere d’acquisto dei poveri continua a crescere». Non riconoscendo la dimensione del problema e non capendone la complessità, le autorità hanno difficoltà a elaborare una risposta efficace. «Il governo ha moltiplicato i programmi sociali per l’educazione e la salute - dice ancora Soraya El Achkar, che ha partecipato all’elaborazione della nuova legge sulla polizia, che tenta di unificare e coordinare l’azione dei 126 corpi di polizia esistenti nel Paese -. La sicurezza invece non è percepita né trattata come un problema sociale. Non c’è nessuna politica specifica per contenere l’insicurezza urbana».
Secondo un funzionario, «Chávez è un militare che governa bene le caserme e male la polizia. Ha paura del confronto. Paradossalmente il colonnello Chávez, che si è guadagnato l’immagine di dittatore, non è affatto repressivo». Proprio quello che molti suoi concittadini gli rimproverano.