Paolo Manzo, La Stampa, 13/2/2009, 13 febbraio 2009
VENEZUELA, VERSO IL SI’ A CHAVEZ - «I
risultati che abbiamo con i nostri exit poll sono irreversibili. Ha vinto il sì». Con queste parole pronunciate ad urne ancora aperte, il ministro dell’Economia venezuelano Alí Rodríguez ha dichiarato al Paese che al referendum ha vinto il sì. Un referendum in cui circa dieci milioni di venezuelani (dei 17 aventi diritto) ieri hanno dovuto scegliere se modificare o no la Costituzione del 1999 che impedisce al momento a qualsiasi presidente di ricandidarsi una terza volta. Il sì significherà permettere al presidente Hugo Rafael Chávez Frías di avere un terzo mandato nel 2013 e di fatto di essere eletto all’infinito. Secondo Rodríguez dunque i primi exit poll danno per certa la vittoria del presidente in carica. Un vantaggio la cui irreversibilità, però, sarà confermata solo nelle prossime ore anche se tutto lo lascia prevedere come hanno dimostrato i membri del Psuv, il Partito Socialista Unito del Venezuela, che ieri notte sono già scesi in strada a festeggiare. Il referendum era partito sotto i buoni auspici perfino di Fidel Castro che ancor prima della chiusura dei seggi aveva dichiarato senza mezzi termini «Chávez vincerà».
Come ha fatto notare più volte l’opposizione, il voto di ieri è stato una stranezza se si pensa che un referendum per l’elezione perpetua del presidente venezuelano si era già svolto il 2 dicembre del 2007. Certo, in quell’occasione il popolo del Paese sudamericano aveva espresso un chiaro «no», un risultato che non fu gradito da Chávez il quale si è attivato per riproporre a stretto giro di posta lo stesso quesito ai suoi concittadini.
Ieri l’aria che si respirava in Venezuela era assai differente a quella di 14 mesi fa, la calma ha regnato sovrana a Caracas e nei principali centri urbani durante tutta la giornata e la macchina elettorale ha funzionato a dovere, salvo sporadiche eccezioni. «E’ arrivata l’ora della vittoria, storica e definitiva. Oggi è in gioco il mio futuro politico», poche ore prima dell’apertura dei seggi questo aveva detto Chávez che, stavolta, ha fatto davvero di tutto per evitare i contrasti interni alla coalizione che lo appoggia e l’astensionismo, cause principale della sua sconfitta nel 2007. Per prima cosa, infatti, Hugo ha capito che 14 mesi fa il grande errore era stato quello di non estendere anche ai governatori la possibilità di candidarsi all’infinito, al punto che non furono pochi quelli che gli voltarono le spalle, anche all’interno del Psuv, il Partito Socialista Unito del Venezuela da lui fondato. E così, con acume strategico, l’ultimo quesito referendario ha esteso anche a governatori, sindaci, deputati e persino consiglieri comunali la possibilità di restare attaccati alla poltrona «a piacere». Inoltre Chávez ha ammesso di essere pronto «a iniziare un processo di riavvicinamento a Washington». Dal canto suo fa un passo in avanti pure l’amministrazione Usa che negli ultimi giorni si è detta disposta a «normalizzare» le relazioni.