Alessandro Capponi, La Stampa, 15/2/2009, 15 febbraio 2009
LA T-SHIRT DELL’AMORE SHOW DI AMANDA, IN AULA CON I BEATLES
Era entrata in aula raggiante, indossando una t-shirt misura extralarge regalo di papà Curt: «All you need is love». Una guasconata. «Tutto quello di cui hai bisogno è amore», cantavano i Beatles.
Una frase che letta nell’aula della Corte d’assise è apparsa fuori luogo, quasi che Amanda volesse rimarcare una presa di distanza dal processo nel quale è accusata con Raffaele Sollecito (Rudy «il baro» è già stato condannato a trent’anni, avendo chiesto il rito abbreviato) di aver ucciso la coinquilina inglese Meredith Kercher.
L’udienza del processo ha inizio. La mattinata si trasforma in un incubo per Amanda, in un viaggio che sprofonda sempre di più in un buco nero senza ritorno. Disperata, in lacrime mentre sfilano i coinquilini di via della Pergola 7, ripete al suo avvocato, Luciano Ghirga: «Perché ce l’hanno tutti con me?». E alla fine dell’udienza, chiede al presidente della Corte d’assise un’altra volta la parola: «Grazie, volevo dire che tutto quello che è stato detto dai testimoni e coinquilini mi lascia sinceramente dispiaciuta».
Il mondo le è crollato addosso. Era stata appena infilzata da Laura, la coinquilina più grande che lei adorava e per la quale, in un processo di imitazione, così come aveva raccontato Meredith alla sua amica inglese Amy - «Amanda aveva idealizzato Laura», ha ripetuto l’altro giorno Amy in aula -, si era fatta inserire diversi piercing sull’orecchio. Un colpo basso, evidentemente, che lei non si aspettava. «La sera del 2 novembre in questura - racconta Laura - mi sono accorta che Amanda aveva un graffio, una ferita sul collo».
Per più di un’ora le difese hanno ingaggiato uno scontro all’arma bianca sul punto. Laura Mezzetti racconta il particolare diversi mesi dopo e ieri si è difesa spiegando che dava per scontato che quel graffio fosse stato notato da tutti e, soprattutto, dai poliziotti e dai pubblici ministeri. Si mostrano foto, ingrandimenti. E’ Laura che in questura si mette al computer e scarica da Internet quella foto che immortala Amanda e Raffaele che si abbracciano nel giardino della casa, quel due novembre quando viene scoperto il corpo senza vita di Mez. E ingrandendo quella foto si nota quel graffio sul collo.
Graffio? Per le difese è semplicemente una effusione, insomma «un succhiotto». E comunque è un elemento insignificante perché Laura non vedeva Amanda da tre giorni.
Amanda è sconvolta. Ma del graffio non parla. Si sofferma nel suo breve intervento a fine udienza, sulla storia delle litigate per le pulizie della casa non fatte: «Ho sentito delle esagerazioni - prosegue con voce commossa - questa mattina. Sì, certo, sulla pulizia della casa abbiamo avuto delle discussioni tra noi ragazze dell’appartamento. Ma parlare di conflitto è esagerato. Sono solo disgraziata, dispiaciuta. Le cose non sono andate così». Le parole di Laura, che pure nella sua deposizione non ha mai parlato di litigi, di rancori tra Amanda e Meredith («né l’una né l’altra parlavano male dell’altra»), e definisce la studentessa di Seattle come «una ragazza gioviale che faceva un po’ di confusione», sono state un colpo basso per lei. Laura ha anche ricordato un episodio particolare, del 30 ottobre: «Io, Amanda, Meredith e Filomena parlammo di tradimento. Amanda pensava al suo fidanzato americano ma sentiva che la relazione con Raffaele stava diventando profonda. Fu in quella occasione che Metz disse di non avere mai tradito in vita sua. Disprezzava il tradimento».
Deposizioni a singhiozzo. Telegrafiche, impacciate. Neppure Giacomo Silenzi, il fidanzato di Mez che abitava al piano di sotto, o l’altro coinquilino, Stefano Bonazzi, si sono accorti del «graffio». Molto imbarazzo sulla storia delle piantine di marijuana che coltivavano nel loro appartamento. Ammissioni che fumavano tutti, spesso insieme. Si stempera così la «diversità» (negativa) di Amanda rispetto alle altre ragazze. E viene fuori che Rudy «il baro» aveva un debole per Amanda, non per Mez: «Me gusta Amanda».
Il processo va avanti. E’ come se tutto il «contorno» perdesse la sua granitica certezza rappresentata dall’accusa. Il futuro di Amanda e Raffaele dipenderà soprattutto dalle prove scientifiche: il coltello, il gancetto di un reggiseno, le tracce di sangue. Poco importa se anche il «supertestimone», l’albanese Hekuran Kokomani, che giura di aver visto i protagonisti del delitto la sera prima o la stessa sera è finito in carcere per otto grammi di cocaina. E’ solo un testimone.