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 2009  febbraio 14 Sabato calendario

Il vertice Ecofin di martedì non ha portato novità, se non i soliti impegni sulla carta per gestire attraverso la creazione di una bad bank la mole di titoli tossici ancora nei bilanci delle banche europee

Il vertice Ecofin di martedì non ha portato novità, se non i soliti impegni sulla carta per gestire attraverso la creazione di una bad bank la mole di titoli tossici ancora nei bilanci delle banche europee. Questo, almeno, quanto abbiamo saputo dalle versioni ufficiali. C’è però altro: un documento segreto di 17 pagine in cui stava scritto come le banche europee siano sedute sopra una montagna di asset tossici quantificabile in oltre 18 trilioni di euro. Nessuno ne ha parlato se non Bruno Waterfield, corrispondente da Bruxelles del quotidiano britannico Daily Telegraph che ha visionato le carte della Commissione per il vertice di fine febbraio e analizzate dai ministri delle Finanze europei, sia il britannico Alistair Darling che Giulio Tremonti. Nel dossier si rende noto che se gli Stati tenteranno un salvataggio ricomprando quei titoli spazzatura per ripulire i bilanci, i rischi di default sul debito saranno enormi e potranno portare l’Ue in uno stato di crisi più profondo dell’attuale. Nel mirino per i rischi di rifinanziamento del debito sono soprattutto Spagna, Italia, Grecia, Portogallo, Irlanda e Gran Bretagna. « essenziale - recita il documento - che il supporto offerto dai governi per garantire sollievo ai bilanci delle banche non sia di scala tale da far crescere preoccupazioni riguardo l’iper-indebitamento o problemi finanziari». Per l’Europa, i guai sembrano alle porte: qualsiasi opzione venga scelta, insomma, potrebbe comportare rischi. Se gli Stati staranno attenti al debito come richiesto dall’Ue, le banche presenteranno pesanti perdite e svalutazioni e il loro stato di salute già precario - basti vedere i quasi quotidiani tonfi in Borsa dei titoli dell’intero settore - diverrà allarmanete. Se invece si farà leva sul debito per cercare di correre in soccorso per la seconda volta, il rischio di default statale non sarà più solo una remota ipotesi tecnica ma qualcosa con cui fare i conti. La Commissione Europea ha infatti valutato che gli asset a rischio pesano per il 44 per cento dei bilanci delle banche europee. I cosiddetti strumenti finanziari pesano nei trading book delle banche per qualcosa come 13,7 trilioni di euro, l’equivalente del 33 per cento dei bilanci degli istituti di credito dell’Ue. Oltre a questo ci sono 4,5 trilioni di cosiddetti available for sale instruments, pari all’11 per cento dei bilanci delle banche Ue: in totale 18,2 trilioni di asset da eliminare. Insomma, quel documento segreto è la presa d’atto di una situazione che sta arrivando al punto di non ritorno e di cui si dovrà discutere al summit Ue di fine febbraio, riunione che aveva tra le priorità proprio l’indicazione di una modalità condivisa per l’eliminazione degli asset tossici attraverso il loro acquisto da parte degli Stati. A questo punto il timore si è trasferito sul continuo allargamento dello spread dei titoli di Stato emessi dalle varie nazioni: l’Ue si sta sgretolando sotto il peso degli interessi sempre maggiori chiesti per il cosiddetto ”rischio paese” e per il debito pubblico ormai fuori controllo di troppi membri. All’Ecofin ne hanno discusso ma nessuno si è sentito in dovere di dircelo. Questo spiega la preoccupazione che ha colpito Silvio Berlusconi. Se per mesi il presidente del Consiglio aveva ripetuto che la crisi era soltanto nelle nostre deboli menti, ora ne parla come di «preoccupante e di cui non possiamo prevedere gli sviluppi».