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 2009  gennaio 10 Sabato calendario

Anno VI - Duecentocinquantatreesima settimanaDal 3 al 10 gennaio 2009Guerra Israele avrebbe quasi raggiunto l’obiettivo, cioè l’occupazione delle sedi più importanti di Gaza City, quelle fino ad ora occupate da Hamas (che è il vero nemico da battere)

Anno VI - Duecentocinquantatreesima settimana
Dal 3 al 10 gennaio 2009

Guerra Israele avrebbe quasi raggiunto l’obiettivo, cioè l’occupazione delle sedi più importanti di Gaza City, quelle fino ad ora occupate da Hamas (che è il vero nemico da battere). Nel momento in cui scriviamo (le 10 di mattina di lunedì 12 gennaio), Tsahal – il nome dell’esercito israeliano – sta per prendere il palazzo presidenziale, l’università islamica e il complesso di Sariya, nel quartiere di Rimal, parte occidentale di Gaza. I morti sono fino a questo momento 889, il che impedisce di considerare l’attacco a Gaza una guerra in senso stretto, dato che gli istituti di polemologia di tutto il mondo si sono messi d’accordo sul fatto che è guerra solo quella che fa mille morti almeno. possibile infatti che si sia vicini all’epilogo della tragedia: Hamas, che non si è arresa, è però in evidente difficoltà, con i dirigenti fuggiti e braccati; e il quadro internazionale si va modificando. Tra una settimana (il giorno 20) si insedia Obama e gli americani – finora quasi del tutto assenti – dovranno cominciare a dir qualcosa. Venti giorni dopo (il 10 febbraio) Israele vota e le forti motivazioni di politica interna che hanno spinto il governo a decidere la guerra verranno meno. Anche l’Onu, benché timidamente, si sta muovendo e sulla scia di un’iniziativa diplomatica franco-egiziana ha votato una risoluzione in cui si decide la sospensione delle ostilità. un documento generico, scritto in terza persona e sia Israele che Hamas l’hanno respinto. Ma, man mano che passano i giorni, Tel Aviv ha sempre meno convenienza a ignorarlo.

Massacri La solidarietà internazionale, finora piuttosto ampia, rivela però qualche crepa non da poco. Tutti hanno condannato un’iniziativa presa a Roma in favore di un boicottaggio dei ”negozi degli ebrei”, ma il cardinale Martino ha definito Gaza un ”campo di concentramento” innescando una polemica piuttosto dura con Israele e la comunità ebraica. E le stesse autorità israeliane si sono difese male dall’accusa di aver perpetrato scientemente un massacro di bambini bombardando una scuola dell’Onu: prima hanno detto che dall’interno sparavano, poi hanno concesso che s’era trattato di un errore. Tra le manifestazioni che in tutto il mondo hanno condannato l’iniziativa di Israele, spiccano quelle che si sono svolte a Milano e Bologna: foto che sono state riprese da tutta la stampa italiana mostrano la piazza del Duomo e quella di San Petronio tappezzate dalle schiene dei musulmani, curvi in preghiera e con la fronte rivolta verso la Mecca. La comunità islamica ha chiesto scusa per aver invaso lo spazio di un’altra confessione religiosa, ma le immagini hanno reso plasticamente il senso del crogiolo multietnico nel quale ormai viviamo. L’Islam – estremista o moderato – è ormai così presente tra noi da poter invadere, con i suoi ”sottomessi”, anche il più sacro dei luoghi della cristianità.

Alitalia Alitalia, cioè la nuova Alitalia, vola da questa settimana e al 99,99 per cento il partner straniero è Air France. Monsieur Spinetta è pronto a pagare 300 milioni per il 25 per cento delle azioni, il che dà una valutazione dell’azienda di 1 miliardo e 200 milioni. Più di quello che hanno pagato i 21 soci italiani (nessuno dei quali ha quote superiori all’11,8), ma molto meno di quello che aveva messo sul tavolo lo scorso aprile. Il vero problema però è Malpensa: esattamente come ad aprile, Air France vuole far perno su Fiumicino e soprattutto non vuole fastidi per il suo hub, che resta Parigi. Sono previsti 99 voli al giorno, da Roma e da Milano, verso la capitale francese, il che significa che tutto il traffico internazionale italiano passerà per la Francia. Anche se una percentuale sui biglietti sarà riconosciuta ad Alitalia, la faccenda ha apparentemente mandato su tutte le furie Bossi che dice di non poter accettare il declassamento di Malpensa con relativa perdita grave di posti di lavoro. Sulle stesse posizioni la Moratti e Formigoni, che attaccano senza remore il loro capo Berlusconi. La soluzione puramente teorica sarebbe quella di far entrare in Alitalia Lufthansa, che farebbe perno proprio su Malpensa. Senonché i tedeschi si sono fatti intervistare, hanno dichiarato che Alitalia è molto interessante, ma non hanno presentato nessuna offerta. Il finale della vicenda non è ancora sicuro. Si potrebbero vendere gli slot che Alitalia possiede a Malpensa e non utilizza (la parola ”slot” indica lo spazio di tempo all’interno del quale un aereo può decollare). Ma è affare complicato e che impone accordi mondiali bilaterali, cioè una diplomazia lunga e complessa. E invece le perdite di soldi e di posti di lavoro sono già cominciate.

Si spacca tutto Le inquietudini della Lega su Alitalia vanno inserite in un quadro politico di nuovo in movimento. Prima di tutto, il Pd ha fatto sapere d’esser pronto a far asse con i leghisti sulla faccenda Malpensa. I democratici potrebbero anche non tirarsi indietro se ci fosse da aiutare Bossi sul federalismo, magari a discapito della riforma della Giustizia. Questo tramestio nemmeno troppo nascosto ha riportato in auge l’espressione ”elezioni anticipate”: improbabilissime, ma non più impossibili se per caso la Lega si stancasse del PdL. A questi movimenti molto eventuali si accompagnano le mosse con cui Fini si tiene pronto per un’improbabile successione, se Berlusconi fosse costretto a dimettersi per via del referendum di Di Pietro sul lodo Alfano che ha raccolto – dice lui - un milione di firme. Di questi disagi, ancora molto vaghi, il centrosinistra non può però godere troppo. In Sardegna Soru si candida a guida dell’antiberlusconismo cioè a successore di Verltroni. Casini fa la corte a Enrico Letta, proponendogli («senza fretta») di mollare il Pd e di far da segretario al partito dei cattolici costruito con una fusione di Udc ed ex Margherita. Intanto anche Rifondazione è sul punto di scindersi: la rimozione di Sansonetti dalla direzione del quotidiano del partito, Liberazione, potrebbe precipitare il dissidio tra i seguaci di Nicky Vendola e quelli del segretario Ferrero.

Giustizia Berlusconi vuole separare pubblici ministeri e giudici giudicanti, ma tra la cosiddetta gente il problema della giustizia è tutt’altro: un muratore di nome Denis Occhi, che confessa di aver ammazzato la moglie, non farà neanche un giorno di cella perché per quel delitto è già stato processato e assolto, e la legge vieta di riportarlo alla sbarra per lo stesso reato; un genovese di nome Luca Delfino, che era già indagato per l’assassinio di una fidanzata, venne lasciato a piede libero e ammazzò una seconda fidanzata: per questo delitto – di cui il giudice che decise di non tenerlo in cella ha una certa responsabilità – è stato condannato ad appena 16 anni, grazie al rito abbreviato e al riconoscimento dell’infermità mentale: il padre della povera donna morta, dopo la sentenza, ha detto che, a questo punto, lo aspetterà all’uscita di prigione per ammazzarlo con le sue mani; infine l’ingegnere Marco Furlan e il fisico Wolfgang Abel, che tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta ammazzarono per noia almeno 15 persone col nome d’arte di Ludwih, escono adesso avendo passato in cella molto meno dei 27 anni a cui erano stati condannati. Anche qui sconti, buone condotte e quant’altro. La gente ne parla parecchio.