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 2009  febbraio 12 Giovedì calendario

LAURA DELLI COLLI PER PANORAMA 12 FEBBRAIO 2009

Luca Barbareschi: sono un italiano da esportazione. In amore «rovino tutto». In politica «si perde troppo tempo». E il nostro cinema «è provinciale». Il divo italiano che recita a fianco di Clive Owen e Naomi Watts nel thriller che ha aperto il Festival di Berlino non le manda a dire. E in tv lavora gratis.
Il cinema italiano? « la solita casta che si piange addosso o si autocelebra. Talmente autoreferenziale e innamorata del proprio ombelico, possibilmente di sinistra, che osanna Nanni Moretti, esporta Sergio Castellitto e pochi altri e non sa riconoscere il successo internazionale di Gabriele Muccino». Inizia così la chiacchierata a ruota libera con Luca Barbareschi, attore, regista e produttore, nel salotto della sua casa romana, fra i tetti del Ghetto.
A proposito di internazionalità: Barbareschi è uno dei pochi attori italiani a lavorare in America; nel ruolo di un candidato elettorale di centrodestra, un imprenditore, milanese ricco e innamorato della politica, recita accanto a Clive Owen e Naomi Watts in The international, il film di Tom Twyker che ha inaugurato giovedì 5 febbraio la Berlinale e che arriverà in Italia il 20 marzo.
A chi assomiglia quel politico rampante all’ombra del Pirellone?
Per me il dottor Umberto Calvini è Il trasformista 10 anni dopo: un italiano ambizioso e spregiudicato che mi calza a pennello proprio come il protagonista di quel mio film del 2002, nel quale un imprenditore rampante si dava alla politica. Talmente credibile che quando giravamo a Milano c’è cascata pure mia madre: Luca, ma che storia è? Ero lì che la guardavo, sotto le sue finestre, sorridente e un po’ insinuante, da un manifesto con la scritta grande: votate Umberto Calvini e lei aveva già preso il telefono: sei impazzito o è uno scherzo?
Una grossa produzione: spionaggio, indagini e traffico d’armi tra Milano, Berlino, New York, Istanbul… C’è anche una comparsata di Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia.
Si è prestato per un cameo. Ma il film tocca appena l’Italia: è una storia che racconta come il potere deviato del denaro, in questo caso quello di una banca, possa diventare motore di una guerra internazionale o del terrorismo. Calvini attraversa tutto questo, fra le angherie delle banche che gli controllano la vita, come un eroe. In fondo è un personaggio positivo.
E com’è finito in un film dal cast così hollywoodiano?
Diciamo che ho aggirato le solite mafie italiane. Del resto non siamo in molti davvero internazionali in un cinema così provinciale: se non fosse stato per gli impegni della politica avrei potuto girare anche Angeli e Demoni. E Nine…
Pentito?
Qualche rimpianto, ma nessun rimorso. Se tornassi indietro rifarei tutto quello che ho fatto.
Teatro, tv, cinema, anche come produttore, poi la politica, le dichiarazioni shock... E le donne?
Non sono uno facile: sono stato sposato, ho tre figlie, alcune ex. Ecco, come ex sono stato a volte meglio di quanto sia stato come marito: il rapporto migliore è con Lucrezia Lante della Rovere. Ma, lo ammetto, spesso ho rovinato tutto.
Tradisce?
Mi definirei un inquieto. Anche se sono leale, stare con me non è facile.
Che rapporto ha con le sue tre figlie?
Sono un padre tradizionale, magari anche noioso. No, non uno di quelli che vuole fare l’amico o il confidente. Ho insistito per un’educazione certamente privilegiata: studi all’estero, lingue… Sono ragazze molto libere, credo. E aperte: è nel rapporto con loro che ho trovato la forza di raccontare le molestie subite da ragazzino. A loro ho sempre detto: quando scegliete un uomo, guardate suo padre. Finirà sempre per assomigliargli.
E lei quanto assomiglia a suo padre?
Da lui viene la mia voglia di fare. Era un autentico fuoriclasse, anticonformista, parlava quattro lingue. Ma un suo no era no. Quando è morto avevo trent’anni e mi è mancato molto.
Ha imparato da lui a essere salutista e metodico? Si dice che lei vada a letto presto e che faccia stretching e aerobica tutte le mattine.
Ho preso certe abitudini in America. Se non faccio teatro, spengo la luce difficilmente dopo le 22. La mia giornata tipo è sveglia alle 5.30, 40 minuti di palestra e aerobica tutti i giorni. Alle 7 in punto, la doccia, 7.15 colazione. Poi, se giro come in questo periodo a Torino, sul set fino alle 5 del pomeriggio. Mi bastano 45 minuti di sonno e sono pronto a ricominciare. Ora finisco la giornata facendo le prove dello spettacolo che debutta a marzo a Milano e che poi porterò in scena anche a New York: Il caso di Alessandro e Maria, di Giorgio Gaber, con Chiara Noschese. Quando giro, niente mondanità e molte letture. Da quando nella mia vita c’è la politica, poi, sono un orologio. E ottimizzo ogni attimo. Sto lavorando a una sceneggiatura e intanto controllo i progetti che manda avanti il mio staff parlamentare, come Figli di un male minore, un progetto sui bambini e le malattie rare, o Wikipolice, sulla politica condivisa, e la Giornata antipedofilia da organizzare il 5 maggio.
Una proposta di legge per ogni iniziativa?
Più o meno. Mi piacerebbe cambiare un po’ le regole: politica condivisa significa alleanza sui progetti. In aula si perde troppo tempo, bisogna lavorare sempre di più in commissione.
Quando pensa al futuro come si vede?
Non in Parlamento ma, magari, come ora con la barba di Soneri, il commissario un po’ orso di Nebbie e delitti. O a teatro, all’estero. Dove siamo davvero in pochi a poter immaginare di tenere cartellone. Io sto per mesi a Londra e a Broadway e non c’è un critico italiano a cui venga in mente di ficcare il naso una sera a teatro. Mi sono preso il lusso lo scorso anno di invitarne uno, a spese mie. A tavola, dopo lo spettacolo, si è avvicinato a salutarci Jeremy Irons: ha fatto un salto sulla sedia. Oddio come siamo provinciali…
Le è piaciuto «Gomorra»?
Un gran film. Ma non è cinema in senso tradizionale, questo spiega la mancata candidatura all’Oscar. Per fortuna l’America ha capito Gabriele Muccino. Un bel talento che non ha etichette.
Pochi giorni fa ha detto che la Rai è allo sbando. Una dichiarazione da politico o da produttore?
Da telespettatore e cittadino. Non solo per lo spettacolo incredibile che ha offerto anche il Parlamento con la vicenda della commissione di vigilanza. Mi indigno quando vedo Michele Santoro, che non mi piace perché è fazioso, non perché è di sinistra. E Gianni Riotta è stato una delusione: mi aspettavo un Tg1 capace di raccontare cosa cambia nel mondo. Invece non ci ha fatto mancare nulla sui dettagli del reggiseno di Meredith, ci ha raccontato tutto di Patrick Lumumba o di Alberto Stasi a Garlasco. fiction al sangue o informazione? Ma alla Rai si sono accorti che l’arrivo di Barack Obama sta cambiando il mondo?
Vive in un paese cattolico, ma le sue radici sono nella cultura ebraica. Come giudica quel che accade in Medio Oriente?
Inquietante quell’immagine di piazza del Duomo coperta da un tappeto di musulmani. O l’Occidente riprende ad avere un’etica autentica, o rilancia la forza della sua tradizione, o sarà sempre più difficile fermare il conflitto. Lo dico da laico e da italiano. Che s’indigna per il pensiero debole di Gianni Vattimo. E che ha fatto della sua coerenza, anche sulle posizioni più scomode, una scelta di vita.
A proposito di posizioni scomode: fare il produttore di fiction le è costato un compenso proprio con la Rai.
Per Nebbie e delitti che andrà in onda su Raidue sto lavorando gratis. Hanno tentato di far saltare il contratto con una produzione che era stata regolarmente messa in pista con l’ok della Raifiction perché sono un politico. Non lo sapevano? Da imprenditore, quando sono sceso in politica, ho costituito immediatamente un «blind trust». E comunque, alla fine, come attore sto lavorando gratis.
Meglio la politica o lo spettacolo?
Il set cinematografico è un mondo in cui c’è una gerarchia militare assoluta, gestita però da un gruppo di anarchici. Il cinema è un’industria che, con un prodotto di qualità, è in grado di fatturare molti milioni in due mesi grazie a un gruppo di lavoro di appena 70 persone. E dà un margine di guadagno anche del 10 per cento senza un minuto di straordinario in un clima che fa bene alla salute.