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 2009  febbraio 11 Mercoledì calendario

Obama spinge l’acceleratore della propaganda, parlando all’America attraverso comizi e riprese tv, perché il Palazzo capisca e faccia in fretta a votare l’ennesimo stimolo all’economia in recessione

Obama spinge l’acceleratore della propaganda, parlando all’America attraverso comizi e riprese tv, perché il Palazzo capisca e faccia in fretta a votare l’ennesimo stimolo all’economia in recessione. Ieri è arrivato il sì del Senato. L’obiettivo, ha detto Obama, è quello di varare una legge entro una settimana. Intanto il ministro del Tesoro presenta la parte del piano dedicata alla cura intensiva delle banche, dei titoli tossici, dei mutui non pagati che generano case da vendere e prezzi in calo. Per il governo è un momento di massima spinta sulle tematiche domestiche, e non potrebbe essere altrimenti in un Paese che ha perso 3,6 milioni di posti di lavoro nei 14 mesi, finora, di recessione ufficiale. In totale, il conto che Obama presenterà ai contribuenti una volta ottenuto il sì definitivo dei due rami del Congresso supererà abbondantemente il trilione (mille miliardi) di dollari, un numero che si è ormai conquistato il suo spazio nel linguaggio dell’economia del terzo millennio. Agli 827 miliardi che costituiscono, alla fine, quanto il Senato ha approvato per interventi vari e disparati di sostegno, vanno aggiunti come minimo i 350 miliardi della seconda tranche del TARP (Troubled Asset Relief Program), il piano voluto da Bush nell’ottobre scorso e bene accettato dai democratici che avevano già la maggioranza in Congresso. Anzi, Obama ha detto che non si sa ancora di quanti fondi potranno avere bisogno davvero le banche per ripulire definitivamente i bilanci da quelle obbligazioni tossiche dal valore tutto da decifrare, ma che il mercato valuta non lontano da zero. Il presidente ha finora vinto la battaglia del Senato, con i 61 voti contro 36 che consentono il passaggio della legge senza ostruzionismi: ma non può certo vantare il fatto che il sì sia stato bipartisan, avendo votato con il partito del presidente solo due senatori del Maine e uno della Pennsylvania, repubblicani moderati in due Stati di orientamento liberal. Ora tocca alla Camera, che ha già passato una legge di finanziamento in vari punti diversa da quella del Senato (molte più spese, e meno tagli delle tasse), tale da non aver avuto neppure un voto repubblicano. Saranno i mercanteggiamenti tra i capogruppo dei due rami a dover trovare la quadra, e non sarà semplicissimo: la previsione è che il sogno di Barack della misura condivisa è svanito sotto la volontà dei democratici di far passare un’agenda fiscalmente non rigorosa a beneficio di riforme stataliste (sanità e scuola) che non sarebbero passate in condizioni normali. E che ci vorrà ancora qualche giorno, forse qualche settimana. Intanto, i mercati guardano con maggiore interesse al piano del ministro del Tesoro Geithner per ricapitalizzare le banche, eliminare i titoli travagliati, far riprendere i prestiti al consumo, far pagare le rate ai proprietari e non far perdere loro le case. Sono i quattro pilastri da ricostruire, crollati sotto lo tsunami dei subprime. Bond tossici da curare. Il governo punta a raccogliere 500 miliardi di dollari da investitori privati, e dallo Stato in quantità sperabilmente minoritaria, per dar vita a una entità nuova, una banca aggregatrice, che avrebbe il compito di comprare e tenere congelati i titoli travagliati fino a che non recupereranno valore a recessione finita. «Il capitale pubblico è una risorsa da usare solo se non ce ne sono altre, e noi vogliamo che il settore privato assuma le sue responsabilità. Del resto, per molti aspetti questa situazione è stata creata nel comparto privato», ha detto Larry Summers, presidente del Consiglio Economico Nazionale della Casa Bianca. Consumi da incoraggiare. Sarà esteso un programma della Federal Reserve, fino a un trilione dai 200 mila dollari attuali, di sostegno alle imprese che fanno prestiti, basati su asset collaterali come i finanziamenti alle concessionarie d’automobili, a chi presta soldi agli studenti, a chi finanzia i piccoli imprenditori. Mutui da tenere in vita Il Tesoro intende portare a 50 miliardi, e probabilmente oltre, la somma destinata ad aiutare le famiglie proprietarie di case che sono a rischio di sequestro perché non riescono a rispettare le scadenze delle rate dei mutui. Allo studio del governo c’è un piano specifico di Fannie Mae e Freddie Mac, i colossi ora nazionalizzati, per facilitare ai mutuatari il mantenimento degli impegni. L’idea è di creare uno standard che potrà essere di esempio per gli erogatori privati. Banche da rafforzare Il Tesoro continuerà a dare soldi agli istituti che ne hanno bisogno, ma alla condizione che ci sia assoluta trasparenza sul fatto che i finanziamenti si traducano subito in prestiti reali a privati e imprese.