Flavio Pompetti, Il Messaggero 11/2/2009, 11 febbraio 2009
di FLAVIO POMPETTI NEW YORK - Nuova offerta di un’apertura diplomatica nei confronti dell’Iran, questa volta accompagnata da una richiesta di risposta
di FLAVIO POMPETTI NEW YORK - Nuova offerta di un’apertura diplomatica nei confronti dell’Iran, questa volta accompagnata da una richiesta di risposta. Il presidente americano Barack Obama è tornato a parlare del regime di Teheran lunedì sera nel corso della prima conferenza stampa dopo l’insediamento alla Casa Bianca, e ha proposto di ”trovare punti di discussione sui quali sia possibile trovare consenso” tra i due paesi, a dispetto di ”tanta sfiducia che si è accumulata nel corso degli anni”. Sono per l’esattezza 30 anni, dai tempi della presa di potere degli Ayatollah, che le diplomazie americana e iraniana non riuscivano ad esprimere una tale livello di cordialità, per quanto precario e tentativo il contatto sia ancora oggi, dopo le dichiarazioni incrociate che si sono registrate nelle ultime ore. Obama ha chiarito le sue intenzioni nei confronti dei governanti iraniani più di un anno fa in piena fase delle primarie democratiche della campagna elettorale, quando la sua proposta di sedersi al tavolo con ognuno dei responsabili degli ”stati canaglia” individuati dall’amministrazione Bush, gli attirò immediate accuse di inesperienza internazionale da parte della sua avversaria Hillary Clinton. Il concetto è stato poi precisato nel corso dei mesi successivi: incontri di basso livello diplomatico, accompagnati da un impegno alla denuclearizzazione da parte di Ahmadinejad e l’abbandono delle minacce ad Israele. Lunedì sera gli accenni alle condizioni di Washington erano addirittura scomparsi dal lessico di Obama, anche se in sua vece il vice presidente Joe Biden aveva ripetuto solo due giorni prima a Monaco che se l’Iran continua la sua corsa all’armamento nucleare, le sanzioni saranno irrigidite in futuro. La politica del bastone e della carota che Obama aveva promesso sembra per il momento dare dei frutti, anche se un apertura tra i due paesi, come faceva notare ieri il New York Times, ha l’immediato effetto di innervosire lo stato di Israele, che riguardo al regime di Tehran non ha mai nutrito ambizioni di dialogo. Lo scorso mese il quotidiano newyorkese aveva rivelato come il primo ministro israeliano Ehud Olmert si fosse rivolto alla Casa Bianca meno di un anno fa per chiedere bombe anti bunker, rifornimenti di carburante in volo e il permesso di attraversare lo spazio aereo iracheno per una missione contro l’impianto nucleare di Natanz dove gli iraniani sanno arricchendo l’uranio. Sono stati le richieste di rinvio di Bush a impedire l’attacco.