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 2009  febbraio 10 Martedì calendario

OBAMA SUL FILO DEL RASOIO


«Come fa John Thain a bere un buon bicchiere? Compera la vigna, e paga lo Zio Sam». Questa battuta su l’ex ceo di Merrill Lynch che, salvato da Washington, ha speso alla grande e chiesto lauti bonus, è una delle tante. Sono il termometro di una rivolta populista contro i banchieri, i politici, la classe dirigente. Barack Obama, con un capitale di popolarità grandissimo, sta camminando sul filo del rasoio. O governa la costernazione degli americani che si sono visti decurtare i fondi pensione del 27% e vengono chiamati oggi da un ministro azzoppato a salvare le banche – che equivale per l’americano medio a salvare i banchieri – o l’avvio della presidenza sarà più che difficile. La rabbia populista, la dignità offesa del common man, è terribile come il vento della prateria. Anche contro il ritorno o l’arrivo sulla scena di chi, a fianco del Presidente, non ha l’autorevolezza necessaria.
«I screwed up», ho fatto casino, ha detto con candore Obama. Questo per la scelta dell’ex senatore Tom Daschle come ministro della Sanità, e il suo forzato ritiro, per un’evasione fiscale. Ma si va oltre. Come ha scritto domenica il New York Times, «ci sono alla fine troppi major players nel team Obama che sono o diplomati dell’insider club della bolla finanziaria o sonnambuli dell’establishment di governo che ha firmato la catastrofe». Le volpi a guardia del pollaio. E questo dopo la promessa solenne di bloccare la revolving door, la porta girevole dove si entra lobbisti e si esce ministri, o vice.
Non è l’evasione fiscale ad aver affondato Daschle. Sono i due anni da lobbista, guadagnando più di due milioni, più altri tre in consulenze e discorsi alla stessa industria sanitaria che avrebbe dovuto ora dirigere, aggregato a uno studio legale, lobbismo in realtà, senza laurea in legge.
Per Geithner («che avrebbe dovuto andarsene prima di Daschle», scrive il Times), non è quello che ha fatto, ma quello che non ha fatto, per cinque anni a capo della Fed di New York. Quali allarmi ha lanciato? Oggi dovrebbe indicare agli americani nuove spese, in parte notevole per i salvataggi bancari. Un ruolo delicato, da personaggi autorevoli. Ma, sempre per il Times, lucky Geithner è ministro semplicemente perché con le sue dimenticanze fiscali è venuto prima di Daschle. Dopo, ne avrebbe seguito la sorte.
Continua a pagina 12


Primo sì del Senato al piano pagina 8
La lista continua. William Lynn, lobbista di Raytheon, 18 miliardi di forniture militari, numero due al Pentagono. Mark Patterson, lobbista per Goldman Sachs, capo di gabinetto di Geithner, al Tesoro. E soprattutto Gary Gensler, candidato alla guida della Commodity Futures Trading Commission (Cftc). Nel ’98, mentre Gensler era sottosegretario al Tesoro con Robert Rubin ministro e poi fino al gennaio 2001 con Lawrence Summers ministro, Brooksley Born, allora alla guida del Cftc, cercò di estendere ai derivati le regole dei futures. Fu bloccata da Rubin, da Summers allora viceministro, e da Gensler, e costretta a dimettersi. Una legge del 2000, pilotata Gensler, esonerava i credit default swaps e altri derivati da ogni vero controllo. Gensler ha fatto ammenda. Ma è giusto correre il rischio, con personaggi compromessi, di gettare alla fine un’ombra su chiunque abbia lavorato a Wall Street (Gensler ha 18 anni di Goldman Sachs), sulla finanza intera, su tutto un mondo dal quale occorrerebbe invece trarre energie vere?
Paul Volcker, l’ex presidente della Fed, è così. Saprebbe chiedere agli americani un grande sacrificio. anziano, 81 anni, e per lui è stato ritagliato un ruolo da consulente. Ma Summers, fra i maggiori responsabili a suo tempo del disastro, convinto difensore allora della nuova finanza, ora capo del National economic council, consigliere-principe e vero ras dell’economia, non vuole Volcker, diceva giovedì l’agenzia Bloomberg. Rubin, oggi senza incarichi formali, e Summers, sono i due riferimenti, e Geithner è un loro allievo.
Tocca a lucky Geithner, è annunciato per oggi, chiedere agli americani di mettere di nuovo mano al portafoglio. Mille miliardi in gran parte per le banche. Sommato a quanto già impegnato e al piano di stimolo per l’economia, fanno 6.500 miliardi, quasi il doppio di quanto speso dagli Usa in dollari attuali per la seconda guerra mondiale. Intanto gli americani, tra minusvalenze immobiliari, dei piani pensione, dei risparmi, ne hanno già persi 13mila. Come reagiranno?