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 2009  febbraio 11 Mercoledì calendario

PECHINO

Gli ultimi a vedere intatto il Palazzo d’estate dell’imperatore Qianlong furono i militari britannici e francesi agli ordini di Lord Elgin, seconda guerra dell’oppio. Era il 18 ottobre 1860 e i soldati rasero al suolo palazzo e giardini, c’era sangue europeo da vendicare. Furono saccheggiati molti dei tesori del complesso che Qianlong, sul trono fra il 1736 e il 1796, aveva fatto progettare e costruire al gesuita Giuseppe Castiglioni. Yuanming Yuan, la «Versailles d’Oriente ». Anche l’orgoglio della Cina ne uscì devastato. I capolavori svanirono. Qualcosa, poi, faticosamente è tornato a casa. E due dei pezzi mancanti sono ricomparsi a Parigi, dove Christie’s li metterà all’asta fra il 23 e il 25 prossimi.
Non un’asta qualunque. Sarà battuta infatti la strepitosa collezione d’arte che apparteneva a Yves Saint Laurent e al suo compagno Pierre Bergé, il quale – alla morte dello stilista – ha deciso di disfarsene, perché «senza di lui non ha più significato». Con il ricavato Bergé conta di finanziare la ricerca e la lotta all’Aids.
Ecco: i lotti 677 e 678 è come se fossero caldi del fuoco che cancellò lo Yuangming Yuan. In Cina gli umori nazionalisti ribollono. Si tratta di una testa di ratto e di una testa di coniglio, bronzi che con altre dieci figure di animali andavano a comporre la Fontana dello Zodiaco. La quotazione non è pubblica, si fa «su richiesta ». Dalla Cina si guarda a Parigi, l’asta è una chance per riprenderseli ma soprattutto uno schiaffo, e infatti c’è chi reagisce di conseguenza. L’orgoglio della patria non ha base d’asta. Tocca a Liu Yang. un avvocato secondo il quale, evidentemente, all’oltraggio di un esercito straniero si può rispondere solo con un esercito.
Un esercito – appunto – di avvocati. Si è messo alla testa di una falange di 85 legali pronti a fare causa a chi possiede «patrimoni dello Stato ottenuti illegalmente». L’armata si è ingrossata con il tempo, il 17 gennaio erano 67: ma non sarà una battaglia facile, ha confidato Liu al Beijing Morning Post. Non lo preoccupano i presupposti della causa, «perché Cina e Francia hanno firmato la convenzione Onu sulla restituzione delle opere d’arte trafugate». un problema il valore dei pezzi, che l’avvocato stima possa aggirarsi intorno agli 8-10 milioni di euro l’uno. molto peggio il labirinto procedurale: a nome di chi fare causa? L’ideale sarebbe stata l’Amministrazione dello Yuanming Yuan, che oggi tutela il parco fuori Pechino, ma – riportava ieri il Beijing News – «non se la sente», benché un suo responsabile l’anno scorso sostenesse scandalizzato che era indegno mettere all’incanto «il bottino di una rapina».
Liu e i colleghi hanno allora pensato di chiamare in causa l’associazione di Hong Kong che riunisce i familiari e gli eredi di Pu Yi, l’ultimo imperatore, estremo rappresentante (fino al 1911) della dinastia Qing, insediatasi nel 1644. Finora, comunque, l’unica solida convinzione è che «quei pezzi non possono essere battuti, è una vergogna».
La pressione dalla Cina sull’asta alimenta voci e speculazioni. Un giornale cinese pubblicato in Francia ha sostenuto che i due lotti fossero stati ritirati, ma ieri pomeriggio una portavoce di Christie’s confermava al Corriere da Parigi che i pezzi saranno regolarmente battuti. Alla fine quella potrebbe essere la via più percorribile per far tornare il ratto e il coniglio a casa, mettendo da parte le manifestazioni più muscolari contro i colonialisti razziatori.
Ratto e coniglio a parte, di 5 degli altri 10 animali della fontana non si ha alcuna notizia, mentre altrettanti sono rientrati in Cina: il gruppo cinese Poly ha acquisito bue, scimmia e tigre. Il fondo per le antichità ha comprato da un collezionista americano il cinghiale nel 2003 per un milione di dollari. E nel 2007 un imprenditore di Hong Kong ha acquistato il cavallo come dono per la Cina. un precedente, in fondo. Se invece di 85 avvocati si consorziassero 85 capitalisti patriottici forse davvero ratto e coniglio potrebbero tornare a casa. Anche l’orgoglio ha un prezzo.